Quando ho deciso di andare a vedere A Complete Unknown, il nuovo biopic su Bob Dylan, non sapevo cosa aspettarmi. La mia compagna, con quel solito tono pratico, mi ha subito ricordato che non sopporto quei film “che ripercorrono la mia stessa storia”, dove ogni minimo particolare viene criticato perché non combacia con i ricordi personali. E, ammettiamolo, chi di noi non ha vissuto quegli anni indimenticabili? Però, anche se conosciamo ogni aneddoto e ogni nota del grande Dylan, c’è qualcosa in questo film che sa sorprenderti, anche se a tratti si inciampa nei propri passi.
Il contesto: tra memoria e realtà
Sai, quando hai vissuto davvero la storia che un film vuole raccontare, ogni dettaglio ti colpisce con una forza particolare. Io, che ero un ragazzino quando ho assistito a un concerto di Bob Dylan con i The Hawks, porto in tasca un bagaglio di ricordi che a volte pesa più del previsto. E allora, eccomi lì, a sedermi in sala con la consapevolezza di conoscere troppo bene quegli anni (1961-1965), eppure pronto a lasciarmi travolgere da un racconto che, pur avendo qualche difetto, è un vero tuffo nel passato.
Parliamoci chiaro: non tutti i biopic rock & roll sono all’altezza della sfida. Quanti film abbiamo visto che, per quanto pomposi, finiscono per sembrare delle mere imitazioni di se stessi? Eppure, A Complete Unknown si distingue, riuscendo a portare in vita quell’epoca magica, nonostante qualche passo falso qui e là.
I punti di forza: quando il film ti prende per mano
Timothee Chalamet: l’essenza di Dylan in un attimo
La prima, e senza dubbio la più evidente, dritta è data da Timothee Chalamet. L’attore ha fatto centro, regalando una performance che, onestamente, mi ha fatto dimenticare ogni mio pregiudizio. Ricordo ancora quando lo ho visto su Stephen Colbert: il modo in cui ha risposto alle domande, quasi come se parlasse davvero nel 1964, mi ha convinto a mettere da parte i miei dubbi e a investire quei pochi spicci risparmiati. Chalamet incarna il ribelle, il poeta, l’icona senza tempo – e lo fa con una naturalezza disarmante.
L’atmosfera degli anni ’60: Un salto indietro nel tempo
Il film riesce a catturare l’anima degli anni ’60. Anche se le riprese si sono svolte principalmente in New Jersey, l’ambientazione trasuda quel fascino intramontabile di New York e Newport. C’è un momento – durante una delle canzoni eseguite da Chalamet – in cui mi sono sentito letteralmente trasportato in un tempo più semplice, quasi a percepire l’aria frizzante di quegli anni. Quella sensazione di speranza e innocenza, prima che eventi tragici come l’assassinio di Kennedy o le guerre del Vietnam cambiassero il mondo, è ricreata con cura e passione.
Le performance musicali: un’armonia che colpisce
Non posso non citare le note giuste che scandiscono l’intero film. Oltre a Chalamet, ci sono interpretazioni sorprendenti di Edward Norton nei panni di Pete Seeger e di Monica Barbaro come Joan Baez. Le esibizioni sono “on the money”, capaci di restituire quell’energia elettrizzante che solo la musica può donare. Anche la partecipazione di Elle Fanning, nel ruolo di Suze Rotolo, ha aggiunto quel tocco di sincerità e delicatezza che ha reso omaggio a una figura altrettanto importante della vita di Dylan. Insomma, se sei un amante della buona musica, preparati a lasciarti rapire da una colonna sonora che ti farà vibrare il cuore.
Le criticità: dove il film inciampa
Casting e scelte discutibili: il rovescio della medaglia
Nonostante i tanti pregi, non tutto fila liscio come l’olio. Una delle scelte più discutibili riguarda il casting di Monica Barbaro nei panni di Joan Baez. Onestamente, trovo che la sua bellezza eccessiva, tipica delle produzioni hollywoodiane, non renda giustizia a un personaggio che, nella realtà, era ben diverso da un’icona da copertina patinata. E, come se non bastasse, la scelta di un attore poco ispirato per interpretare Johnny Cash – un ruolo che, a mio avviso, avrebbe meritato qualcuno con la stessa intensità e grinta – lascia un sapore amaro.
Errori storici e libertà narrative: un salto nel vuoto
Poi c’è la questione degli errori cronologici e delle scelte narrative che, a tratti, sembrano sfidare la logica. Mi ha fatto arrabbiare non sentire nemmeno un cenno ai Beatles, nonostante il loro ruolo fondamentale nel trasformare la musica di quel tempo. Come se Bob Dylan avesse deciso di “elettrificarsi” da solo, ignorando del tutto l’influenza della band inglese! E non dimentichiamo la famosa scena “Judas/Play loud”: spostata dal Manchester Free Trade Hall del 1966 al Newport Folk Festival del 1965, una libertà creativa che, pur essendo accettabile in un film che non si propone come documentario, resta un punto debole nell’insieme.
Ritmo e durata: troppi minuti e pochi brividi
Infine, va detto che il film, con le sue 2 ore e 20 minuti, a tratti si dilunga troppo, rischiando di far perdere al pubblico quell’impulso emotivo che dovrebbe mantenere alta l’attenzione. Il ritmo, seppur vario, ha dei momenti in cui sembra rallentare e perdere quella tensione che, in un buon film, ti tiene incollato allo schermo.
Confronto con altri biopic rock & roll
Sai com’è, nel panorama cinematografico non mancano le pellicole che raccontano le vite degli eroi del rock. Tuttavia, molti di questi titoli finiscono per assomigliare a ricette già viste, con troppe solite note stonate e cliché ripetuti. In questo contesto, A Complete Unknown si distingue per il suo approccio audace e sincero, capace di bilanciare perfettamente omaggio e critica. Nonostante le piccole pecche, il film riesce a dare nuova linfa a un genere che spesso fatica a sorprendere, regalando una visione fresca e appassionata del mondo di Bob Dylan.
Il giudizio finale: un’esperienza imperdibile
Alla fine della fiera, devo ammettere che A Complete Unknown mi ha conquistato. Sì, ci sono state delle scelte discutibili – dal casting alle libertà narrative – ma, nel complesso, il film sa trasmettere quella carica emotiva e quella passione che hanno reso gli anni ’60 un’epoca unica. Timothee Chalamet è il vero protagonista, un interprete che riesce a catturare non solo l’immagine di Dylan, ma anche il suo spirito ribelle e indomito.
Avrebbe meritato l’Oscar, che però è andato a Brody.
E poi, diciamocelo, ogni tanto ci vuole un po’ di nostalgia, una serata in cui lasciarsi andare e riscoprire quel fascino che solo la musica e il cinema sanno dare. Anche se, come sempre, ci saranno sempre critiche e dettagli da rimproverare (e magari discuterne a lungo con gli amici), il film si impone come un’esperienza da non perdere per chi ha un cuore che batte al ritmo del rock & roll.
Insomma, se ami Bob Dylan o semplicemente vuoi fare un tuffo in un’epoca che ha segnato la storia della musica, questo film è quello che fa per te. È un invito a lasciarsi trasportare, a dimenticare per un attimo le polemiche e a godersi una serata all’insegna della passione, della storia e, soprattutto, della buona musica.
Conclusione: e adesso tocca a te!
Nonostante qualche piccolo intoppo, A Complete Unknown si conferma un film capace di emozionare, sorprendere e far rivivere quella magia degli anni ’60. Mi sono ritrovato a sorridere, a riflettere e persino a commuovermi davanti a una pellicola che, pur avendo preso qualche libertà creativa, rimane un omaggio sincero a un’epoca indimenticabile.
E tu? Hai già visto il film? Qual è la tua impressione su questa rivisitazione della leggenda di Bob Dylan? Lascia un commento qui sotto e raccontaci la tua esperienza! Condividi le tue opinioni, le tue critiche – o anche le tue lodi – perché, in fin dei conti, ogni punto di vista arricchisce la discussione.
Non vedo l’ora di leggere i tuoi pensieri e di scambiare due chiacchiere su questo viaggio nel tempo, fatto di note, emozioni e—perché no—qualche imperfezione che rende tutto più umano. Facci sapere cosa ne pensi, e… se ti va, facciamo due risate insieme ricordando i bei tempi andati!
La Recensione
A Complete Unknown
Un viaggio esplosivo negli anni '60, con un'interpretazione indimenticabile di Dylan. Una pellicola che, nonostante errori storici e casting discutibile, sprigiona nostalgia e ribellione, imperdibile per ogni amante del rock.
PRO
- Interpretazione magistrale di Timothee Chalamet.
- Il film cattura in modo efficace l’atmosfera e il fascino di un’epoca storica unica, permettendo agli spettatori di rivivere momenti carichi di significato e nostalgia.
- Le esibizioni musicali, con contributi di attori come Edward Norton e la partecipazione di altri talenti, riescono a coinvolgere e a far vibrare il cuore degli appassionati di musica.
CONTRO
- Il film si prolunga per 2 ore e 20 minuti, e a tratti il ritmo rallenta, rischiando di annoiare il pubblico.
- Alcuni passaggi, come la mancanza di riferimenti ai Beatles e altre discrepanze cronologiche, un po' mi hanno infastidito.