Aileen: storia di una serial killer è arrivato ieri su Netflix ed è diverso da tutto quello che hai visto finora su Aileen Wuornos. Non è il solito documentario che cerca solo lo scandalo o che ti presenta i serial killer come mostri incomprensibili. Questo lavoro della regista Emily Turner va molto più a fondo e prova davvero a farti capire chi era questa donna. Ti avverto subito: non è un documentario che cerca di giustificarla o di farla passare per innocente. Però ti mostra il quadro completo della sua vita, dalla sua infanzia difficile fino all’esecuzione capitale.
Aileen Wuornos è stata la prima donna serial killer negli Stati Uniti. Ha ucciso sette uomini tra il 1989 e il 1990. È stata arrestata nel 1991 e giustiziata nel 2002. La sua storia è stata raccontata mille volte in film, documentari e libri. Ma questo nuovo lavoro di Netflix riesce a dire qualcosa di nuovo grazie soprattutto al materiale d’archivio mai visto prima. Ci sono interviste fatte ad Aileen mentre era nel braccio della morte che non erano mai state mostrate al pubblico. E queste interviste cambiano completamente la prospettiva su tutta la sua vicenda.
Michele Gillen è l’eroina non celebrata di questa storia
La vera scoperta di questo documentario è Michele Gillen, una giornalista che lavorava per Dateline. Lei ha intervistato Aileen diverse volte nel corso degli anni. Ma non si è fermata lì. Ha anche parlato con il pubblico ministero John Tanner, un uomo che pregava ossessivamente e che aveva pregato cinquanta volte con Ted Bundy prima della sua esecuzione. Tanner era ossessionato dall’idea di mandare Aileen sulla sedia elettrica, non tanto per giustizia ma per farsi rieleggere.
Michele Gillen non andava mai leggera con Aileen durante le interviste. Le faceva domande difficili e dirette. Però la ascoltava davvero, cosa che pochissime altre persone hanno fatto nella vita di Aileen. Attraverso il materiale d’archivio delle interviste di Gillen vediamo che Tanner non ha mai avuto a cuore la giustizia vera. Voleva solo la sua vittoria personale e la sua carriera politica. Vediamo anche Gillen visitare le scene del crimine e commentare l’assurdità di molte cose che sono successe durante il processo. Spesso lo fa in momenti dietro le quinte che rendono tutto ancora più autentico.
Un’infanzia distrutta e un sistema che non ha aiutato
Il documentario ci racconta l’infanzia di Aileen attraverso le sue stesse parole e quelle di chi è cresciuto con lei. Era una bambina che aveva bisogno disperato di aiuto ma non l’ha mai ricevuto. Quando è arrivata davanti al tribunale per il primo processo, era evidente a tutti che aveva problemi mentali seri. Quel processo non avrebbe mai dovuto finire con una condanna a morte. Ma è andata così. E una volta che ha ricevuto la prima sentenza di morte, Aileen ha voluto che tutto finisse in fretta. Ha confessato gli altri omicidi dicendo che era stata legittima difesa in alcuni casi, ma anche dichiarando chiaramente che voleva solo che tutto finisse.
La maggior parte del documentario si concentra su come il sistema giudiziario e i media l’hanno trattata. È stato un circo mediatico vergognoso. I giornali la chiamavano “la prostituta lesbica assassina” come se la sua sessualità e il suo lavoro fossero più importanti dei fatti. Aileen controllava tutti i requisiti per creare uno scandalo perfetto: era donna, era lesbica, era una sex worker e aveva ucciso sette uomini. I media si sono buttati sulla storia come avvoltoi affamati.
Il titolo del documentario viene dai giornali dell’epoca
Quando ho visto il titolo Aileen: storia di una serial killer all’inizio ho storto un po’ il naso. Mi sembrava sensazionalistico e poco rispettoso. Però guardando il documentario capisci che quel “regina” nei titoli originali viene direttamente dai titoli di giornale dell’epoca. È uno dei tanti modi in cui i media hanno trasformato una donna con gravi problemi in un fenomeno da baraccone. E in realtà tra tutti i titoli che le hanno dato, quello era uno dei più gentili. Gli altri erano molto peggio e si concentravano solo sulla sua sessualità e sul suo lavoro.
Aileen stessa non si è mai tirata indietro davanti ai media. Guardando questo documentario nella sua interezza capisci il perché: era l’unico modo che aveva per far conoscere la sua versione dei fatti. Quando parlava in tribunale durante i processi, la sua verità veniva largamente ignorata da tutti. I media erano l’unica finestra che aveva verso il mondo esterno. L’unica possibilità di essere ascoltata anche se poi veniva comunque distorta e manipolata.
Un ritratto che colpisce duro
La regista Emily Turner ha costruito un ritratto devastante non solo di Aileen Wuornos ma anche del cosiddetto sistema di giustizia della Florida. È lo stesso sistema che abbiamo imparato a conoscere attraverso tanti altri documentari true crime negli anni. Un sistema che spesso sembra più interessato agli show mediatici che alla vera giustizia. Il metodo usato da Turner è simile a quello di American Murder e The Perfect Neighbor. Prende materiale d’archivio e lo combina per raccontare una storia completa, non solo spezzoni sensazionalistici. Il risultato colpisce duro e ti lascia con tante domande.
Nel documentario Aileen ammette cose che l’avrebbero comunque fatta finire in prigione a vita anche senza la condanna a morte. Ma è anche ovvio che è finita su quella strada per motivi precisi. Questo giustifica le sue azioni? Assolutamente no. Però offre una spiegazione che spesso è stata la parte più piccola nel descriverla. Di solito ci si è concentrati solo sullo scandalo e sul sensazionalismo senza mai davvero cercare di capire.
Il verdetto finale
Aileen: storia di una serial killer è un documentario necessario che riesamina una vita finita con l’esecuzione capitale attraverso una lente moderna. Aileen Wuornos è nata nel 1956 e ha ucciso sette uomini tra il 1989 e il 1990. Almeno uno di questi omicidi è stato sicuramente legittima difesa, ma lei stessa alla fine ha confessato che non tutti lo erano. È stata arrestata nel 1991 ed è morta nel 2002, come era suo desiderio.
Il documentario è prodotto dalla BBC Studios Documentary Unit e dalla NBC News Studios. È disponibile su Netflix dal 30 ottobre 2025. Se ti interessano i documentari true crime fatti bene, questo è assolutamente da vedere. Non è facile da guardare perché ti mette davanti a verità scomode sul sistema giudiziario americano e su come trattiamo le persone più fragili della società.
La Recensione
Aileen: storia di una serial killer
Aileen: storia di una serial killer è un documentario Netflix diretto da Emily Turner che racconta la vita di Aileen Wuornos, la prima donna serial killer negli Stati Uniti. Il documentario usa materiale d'archivio mai visto prima con interviste dal braccio della morte e il lavoro investigativo della giornalista Michele Gillen. Non cerca di giustificare i suoi crimini ma mostra il quadro completo della sua vita dall'infanzia difficile fino all'esecuzione. Si concentra su come il sistema giudiziario della Florida e i media l'hanno trattata come un fenomeno da baraccone invece di darle l'aiuto di cui aveva bisogno. È un ritratto devastante e necessario che riesamina questa storia con una lente moderna.
PRO
- Usa materiale d'archivio mai visto prima con interviste dal braccio della morte che cambiano la prospettiva su tutta la vicenda
- Il lavoro investigativo di Michele Gillen mostra quanto il sistema giudiziario fosse interessato alla carriera politica più che alla giustizia
CONTRO
- Non è facile da guardare perché ti mette davanti a verità molto scomode sul sistema giudiziario americano




