Una dichiarazione di indipendenza emotiva che suona come una rivoluzione personale. Alessandra Amoroso chiude un cerchio importante con “Io non sarei”, quarta traccia dell’omonimo album in uscita il 13 giugno 2025. Prodotto da Zef e scritto insieme ad Alessandro La Cava e Jacopo Èt, questo brano rappresenta forse il momento più maturo e consapevole nella discografia dell’artista salentina.
Il titolo stesso racchiude un manifesto: “Io non sarei” come negazione di tutte le versioni inautentiche di sé che gli altri si aspettano, le maschere sociali che la società impone, i ruoli che non ci appartengono. È un inno alla ricerca dell’identità autentica, un rifiuto delle aspettative altrui in favore di una verità personale faticosamente conquistata. Alessandra non canta solo per sé, ma per chiunque abbia mai sentito la pressione di essere qualcuno che non è davvero.
Il peso della solitudine consapevole
“Non sarei, non sarei da sola / Con tutto quello che sento ora / Che mi tiene sveglia la notte” – l’apertura del brano stabilisce immediatamente una contraddizione apparente: negare la solitudine pur riconoscendo l’intensità dei sentimenti che caratterizzano questo momento. È la solitudine di chi ha scelto l’autenticità, anche quando costa.
“No, non sarei, non mi sarei pentita / Sì, ma poi capita la vita / Che toglie la saliva / E il cielo dalle dita” – questi versi introducono il tema del rimpianto mancato: non si sarebbe pentita delle sue scelte, ma poi “capita la vita” che ti toglie le certezze. L’immagine del cielo che scivola dalle dita è potentissima: rappresenta i sogni che si dissolvono, le sicurezze che si perdono.
Le case che si accendono: il calore della normalità
“Case / Si accendono come quando gioca la nazionale” – questa immagine domestica è straordinariamente evocativa: le finestre illuminate durante una partita della nazionale rappresentano il calore della condivisione collettiva, del sentirsi parte di qualcosa di più grande.
“E tra una cosa e l’altra dici che ti amo male / Ma io non lo so fare / Imparo piano, piano un po’ come a suonare” – qui emerge la vulnerabilità dell’apprendimento emotivo. Amare è una competenza che si acquisisce gradualmente, come imparare uno strumento musicale. Non c’è vergogna nell’ammettere di non saper amare perfettamente: c’è solo la volontà di imparare.
La città dell’inesistenza
“C’è una città dove tu non esisti / Ti vedo là con gli occhi sempre zitti” – il ritornello introduce una dimensione parallela dove l’altro è assente. È il mondo dell’indipendenza emotiva, dove si può esistere senza la necessità dell’approvazione o della presenza altrui.
“Dove sono io e poi non io, cambio col sole / Esco ma sbaglio persone” – questa confessione rivela la fluidità dell’identità: siamo diversi in momenti diversi, cambiamo “col sole”, e a volte scegliamo le persone sbagliate proprio perché non siamo sicuri di chi siamo.
“Ora sono come sono e mi piace / Senza trucco, quattro amici e risate” – questa è forse la dichiarazione più potente del brano: l’accettazione di sé senza fronzoli, la gioia delle cose semplici, l’autenticità delle relazioni genuine.
Scrivere il proprio finale
“Resto qui con te a scrivere un nuovo finale / Non c’è niente da dimostrare / Non devo essere chi io non sarei” – il concetto di “scrivere un nuovo finale” è rivoluzionario: implica la possibilità di riscrivere la propria storia, di non essere prigionieri del passato o delle aspettative altrui.
La ricerca impossibile
“Io ti avrei cercato dappertutto nei locali e nei musei / Non avrei mai pensato fossi qui negli occhi miei” – la seconda strofa introduce una ricerca paradossale: cercare qualcuno ovunque tranne nel posto più ovvio, dentro di sé. È la metafora di come spesso cerchiamo fuori quello che già abbiamo dentro.
“Hai capovolto la salita / Sei entrato dalla via di uscita” – queste immagini suggeriscono che l’amore autentico arriva quando meno te lo aspetti, ribaltando le nostre certezze e le nostre direzioni.
L’impossibilità del cambiamento esterno
“E non vale / Convincersi che tanto il mondo resta tale e quale” – questa osservazione tocca un nervo scoperto: è inutile aspettare che il mondo cambi; l’unico cambiamento possibile inizia da noi stessi.
“Imparo piano, piano come a camminare” – l’evoluzione dalla metafora del suonare a quella del camminare suggerisce una progressione verso competenze ancora più basilari: prima si impara ad amare, poi si impara letteralmente a muoversi nel mondo con consapevolezza.
L’outro: liberarsi dal giudizio
“Chi vede in uno sguardo solamente un altro giudice / Risponde tutto ok per abitudine” – l’outro finale introduce il tema del giudizio sociale: chi è abituato a essere giudicato finisce per vedere giudici ovunque e per rispondere automaticamente “tutto ok” anche quando non è vero.
La ripetizione finale “Non devo essere chi io non sarei” diventa un mantra liberatorio: il rifiuto di interpretare ruoli che non ci appartengono, la rivendicazione del diritto all’autenticità.
Un inno all’autenticità conquistata
Dal punto di vista produttivo, il lavoro di Zef supporta perfettamente questo viaggio verso l’autenticità, creando un sound che bilancia intimità e apertura, sostenendo il messaggio senza sovrastarlo.
“Io non sarei” si configura come il manifesto di una donna che ha imparato a dire no alle versioni di sé che non le appartengono. È un brano che parla a chiunque si sia mai sentito sotto pressione per essere qualcun altro, a chi ha scoperto che la felicità vera si trova nella semplicità di “quattro amici e risate”, a chi ha capito che scrivere il proprio finale è un diritto, non un privilegio.
È l’evoluzione di un’artista che, dopo anni di carriera, ha trovato il coraggio di rivendicare la propria autenticità senza compromessi, trasformando questa conquista personale in una canzone che può diventare anthem per chiunque stia combattendo la stessa battaglia.
E tu, hai mai sentito la pressione di essere qualcuno che “non saresti”? Ti sei mai trovato a dover scegliere tra autenticità e aspettative altrui? Condividi nei commenti qual è il tuo “nuovo finale” e racconta se anche tu hai scoperto la gioia di essere te stesso “senza trucco” – siamo curiosi di sapere come hai imparato a dire “io non sarei” alle versioni inautentiche di te!
Il testo di Io non sarei
[Strofa 1]
Non sarei, non sarei da sola
Con tutto quello che sento ora
Che mi tiene sveglia la notte
No, non sarei, non mi serei pentita
Sì, ma poi capita la vita
Che toglie la saliva
E il cielo dalle dita
[Pre-Ritornello]
Case
Si accendono come quando gioca la nazionale
E tra una cosa e l’altra dici che ti amo male
Ma io non lo so fare
Imparo piano, piano un po’ come a suonare
[Ritornello]
C’è una città dove tu non esisti
Ti vedo là con gli occhi sempre zitti
Dove sono io e poi non io, cambio col sole
Esco ma sbaglio persone
Ora sono come sono e mi piace
Senza trucco, quattro amici е risate
Resto qui con te a scrivеre un nuovo finale
Non c’è niente da dimostrare
Non devo essere chi io non sarei
Io non sarei
[Strofa 2]
Io ti avrei cercato dappertutto nei locali e nei musei
Non avrei mai pensato fossi qui negli occhi miei
Hai capovolto la salita
Sei entrato dalla via di uscita
[Pre-Ritornello]
E non vale
Convincersi che tanto il mondo resta tale e quale
E tra una cosa e l’altra dici che ti amo male
Ma che ci posso fare?
Imparo piano, piano come a camminare
[Ritornello]
C’è una città dove tu non esisti
Ti vedo là con gli occhi sempre zitti
Dove sono io e poi non io, cambio col sole
Esco ma sbaglio persone
Ora sono come sono e mi piace
Senza trucco, quattro amici e risate
Resto qui con te a scrivere un nuovo finale
Non c’è niente da dimostrare
Non devo essere chi
[Outro]
Chi vede in uno sguardo solamente un altro giudice
Risponde tutto ok per abitudine
Sono qui a scrivere un nuovo finale
Non c’è niente da dimostrare
Non devo essere chi io non sarei
Io non sarei
Non devo essere chi io non sarei
Io non sarei




