Mi dispiace deluderti, ma questo film mi ha lasciato con la sensazione di aver assistito a un lungo monologo di stand-up comedy che si è dimenticato di avere una sceneggiatura. “Io sono la fine del mondo” è uno di quei film che vogliono essere provocatori a tutti i costi, ma finiscono per essere come quel compagno di classe che diceva parolacce solo perché non sapeva come altro attirare l’attenzione.
La provocazione senza profondità: il peccato originale
La comicità provocatoria, quando è fatta bene, dovrebbe basarsi su uno studio approfondito del periodo storico, del contesto sociale e della sensibilità contemporanea. Solo così può riuscire a contrapporsi efficacemente alle convenzioni morali dominanti, sfidandone l’essenza. In “Io sono la fine del mondo”, tutto questo studio sembra essere stato saltato a piè pari, optando invece per una cattiveria generica e gratuita che non lascia nulla se non un vago senso di fastidio.
Angelo Duro interpreta Angelo, un autista romano specializzato nel riportare a casa adolescenti ubriachi dopo le loro serate in città. Quando la sorella decide di andare in vacanza con il marito, tocca a lui prendersi cura degli anziani genitori a Palermo. Anziché essere un figlio premuroso, Angelo coglie l’occasione per vendicarsi dei “soprusi” subiti durante l’infanzia – che in realtà sono normali punizioni che ogni bambino può ricevere.
Un distacco emotivo che contagia tutto il film
Il problema principale di “Io sono la fine del mondo” è che il distacco emotivo del protagonista sembra aver contagiato l’intera pellicola. È come se il film stesso fosse anaffettivo, incapace di stabilire una connessione con lo spettatore o di sviluppare le sue premesse oltre la battuta facile e il momento provocatorio.
La scrittura di Nunziante appare disimpegnata e sottile, completamente asservita alla personalità di Angelo Duro. Il film diventa così un veicolo per la sua comicità senza filtri, perdendo l’opportunità di trasformarsi in qualcosa di più significativo. È come se ti servissero un piatto gourmet con solo il condimento ma senza il cibo principale.
Un protagonista antipatico non basta a fare un buon film
La chiave comica di “Io sono la fine del mondo” risiede nell’esasperazione della realtà, spingendo verso un’esagerazione dai tratti meschini. Il problema è che questa esasperazione resta sempre in superficie, senza mai scavare nei potenziali spunti di riflessione che occasionalmente affiorano nella narrazione.
La costante antipatia del protagonista è l’unico elemento veramente coerente in un film che altrimenti si muove in modo casuale, saltando da un’idea all’altra senza mai svilupparle appieno. È come guardare qualcuno che continua a lanciare palline colorate in aria senza mai imparare a fare il giocoliere.
Occasioni mancate a ogni angolo
Ci sono momenti in cui sembra che il film stia per smascherare qualche ipocrisia della nostra società, ma poi si ritrae, preferendo restare sulla superficie anziché affondare il colpo. È frustrante vedere quante opportunità vengano sprecate a favore della semplice battuta cattiva.
In un certo senso, “Io sono la fine del mondo” è come quel amico che inizia una frase interessante ma poi si distrae e cambia argomento prima di arrivare al punto. Il potenziale c’è, ma è disperso in una struttura narrativa inconsistente e in una caratterizzazione dei personaggi superficiale.
La comicità di Angelo Duro: è davvero così trasgressiva?
Angelo Duro ha costruito la sua carriera sull’essere “politically incorrect”, ma nel 2025 questo approccio inizia a sembrare un po’ datato, soprattutto se non è accompagnato da una reale profondità di pensiero. È come se qualcuno ti vendesse un vinile dicendo che è all’ultima moda.
La sua comicità in “Io sono la fine del mondo” consiste principalmente nel dire cose cattive su tutto e tutti, ma senza un vero punto di vista o una visione del mondo coerente. È facile essere trasgressivi quando si attacca tutto indiscriminatamente; è molto più difficile (e interessante) avere qualcosa di significativo da dire mentre lo si fa.
Il cinema come afterthought
Forse il problema più grande del film è che sembra aver dimenticato di essere un film. La dimensione cinematografica è quasi assente, con una regia funzionale ma anonima e una struttura narrativa che sembra più adatta a uno spettacolo di stand-up comedy che a un lungometraggio.
È come se qualcuno avesse filmato un monologo e poi avesse aggiunto qualche scena di contorno per raggiungere la durata di un film. Manca quella magia che trasforma un’idea in un’esperienza cinematografica completa.
Il verdetto finale: un’occasione sprecata
“Io sono la fine del mondo” è una commedia che punta tutto sulla provocazione ma finisce per provocare solo indifferenza. Tra battute corrosive e situazioni sopra le righe, il film fatica a trovare una sua dimensione, restando in superficie quando avrebbe potuto scavare più a fondo.
Non è un film terribile, ma è decisamente mediocre, soprattutto considerando il potenziale inespresso. Con un po’ più di coraggio e profondità, avrebbe potuto trasformarsi in una satira pungente della società contemporanea, invece di limitarsi a essere un veicolo per la comicità monocorde di Angelo Duro.
Nonostante qualche spunto interessante e l’apparente intenzione di smascherare le ipocrisie della società, il risultato è un’esperienza distaccata e anaffettiva, che provoca senza lasciare un segno duraturo. Ed è un peccato, perché nel panorama della commedia italiana c’è veramente bisogno di voci autenticamente provocatorie, non solo superficialmente cattive.
E tu, hai visto “Io sono la fine del mondo”? Pensi che la comicità di Angelo Duro funzioni meglio sul grande schermo o preferisci i suoi spettacoli dal vivo? Condividi la tua opinione nei commenti e fammi sapere se secondo te c’è ancora spazio per la comicità politicamente scorretta nel cinema italiano!
La Recensione
Io sono la fine del mondo
"Io sono la fine del mondo", il nuovo film diretto da Gennaro Nunziante con protagonista il comico Angelo Duro, è una commedia che punta tutto sulla scorrettezza e sulla provocazione, ma senza mai andare oltre la superficie. Nonostante qualche spunto interessante e battute taglienti, il film non riesce a trovare una vera dimensione cinematografica, restando ancorato alla personalità del suo protagonista senza offrire una riflessione sociale degna di questo nome. Una pellicola che vuole essere cattiva ma resta solo superficialmente antipatica, mancando l'occasione di trasformare la provocazione in un'efficace critica alla società contemporanea.
PRO
- Guardalo solo se sei un fan sfegatato di Angelo Duro e lo trovi divertente comunque
CONTRO
- Comicità superficiale che resta in superficie anche quando potrebbe affondare il colpo
- Personaggio principale antipatico ma non abbastanza complesso
- Nessuna riflessione sociale di spessore nonostante le premesse