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Chi ha ucciso Chiara: capitolo 1 – Il Delitto di Garlasco

Wonder Channel Redazione di Wonder Channel Redazione
5 Giugno 2025
in Film & Serie TV, Serie Tv
Tempo di lettura 23 minuti
Chi ha ucciso Chiara?

Da oggi vi accompagneremo, giorno dopo giorno, nella lettura a puntate di “Chi ha ucciso Chiara?“, la nostra nuova storia‑sceneggiatura ispirata al celebre delitto di Garlasco del 2007.

L’opera non è un saggio né un’inchiesta giudiziaria: è un thriller di fantasia che rielabora liberamente fatti di cronaca, cambiando nomi, legami familiari per rispetto delle persone coinvolte. Prendete quindi ogni episodio come un racconto di finzione, seppur ancorato all’atmosfera, ai luoghi e al periodo storico reali.

Alla fine scoprirete chi ha ucciso Chiara.

Pubblicazione a seriale: ogni giorno uscirà un nuovo capitolo, così potrete seguirci come in una miniserie televisiva – ma da leggere.

Ambientazione: tutta la vicenda si svolge fra le risaie della Lomellina, con Garlasco come epicentro narrativo.

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Personaggi: tutti i protagonisti sono frutto di invenzione; le somiglianze con persone esistenti o esistite sono puramente casuali.

Interazione: nei commenti sotto ogni puntata potrete discutere teorie, sospetti e dettagli; le ipotesi migliori potranno influenzare i capitoli successivi.

La serie durerà 9 episodi:

  • Episodio 1 – Il Delitto di Garlasco
  • Episodio 2 – Luca
  • Episodio 3 – Giorgio (Il padre di Chiara)
  • Episodio 4 – Lucia (La madre di Chiara)
  • Episodio 5 – Matteo (il fratello di Chiara)
  • Episodio 6 – I Ragazzi di Valverde (la comitiva di amici di Matteo)
  • Episodio 7 – Elena & Elisa (Le gemelle cugine di Chiara)
  • Episodio 8 – Enrico (Lo zio di Chiara)
  • Episodio 9 – Chiara

Capitolo 1 – Il Delitto di Garlasco

12 agosto 2007, ore 22:30 – La sera prima

Il caldo di agosto aveva trasformato la villetta di via Pascoli in una piccola fornace. Chiara si sventolava con una rivista mentre guardava Luca tagliare la pizza che avevano ordinato da “Da Mario”, la pizzeria del centro.

“Non ce la faccio più con questa afa,” sospirò, raccogliendo i capelli castani in una coda. “Almeno i miei in montagna stanno al fresco.”

Luca la guardò sorridendo. Anche con quel caldo che li stava cuocendo, Chiara rimaneva bellissima. Ventisei anni, laurea in economia con 110 e lode, un lavoro promettente a Milano. E soprattutto, era sua da quattro anni.

“Potevi andare anche tu in Trentino,” disse passandole una fetta di margherita. “Tuo fratello Marco continua a mandare foto sui monti.”

“E lasciare il mio fidanzato? Mai nella vita,” rispose lei con quella risata che lo faceva innamorare ogni volta. “Poi ho delle cose da sbrigare prima di riprendere con lo stage.”

Si sedettero sul divano del salotto, davanti alla televisione che trasmetteva un film americano che nessuno dei due stava davvero guardando. Era uno di quei momenti perfetti, banali e perfetti insieme.

“A proposito,” disse Chiara dopo un morso di pizza, “ieri ho chiamato Stefania e Paola. Le gemelle vogliono organizzare qualcosa per il weekend prossimo.”

Luca fece una smorfia quasi impercettibile. Le cugine. Quelle due erano sempre attaccate a Chiara come cozze allo scoglio.

“Ah, le inseparabili,” commentò con un tono neutro. “Che hanno in mente stavolta?”

“Niente di che. Forse una gita al mare, oppure una serata in centro a Pavia. Tanto per uscire un po’.”

“Mmh.”

Chiara lo guardò di sottecchi. Conosceva quel “mmh” di Luca. Significava che non gli andava per niente, ma che non voleva litigare.

“Che c’è? Non ti vanno bene le mie cugine?”

“No, no,” disse lui velocemente. “È solo che… passate sempre tanto tempo insieme. A volte mi sembra di condividerti con mezza Garlasco.”

“Esagerato,” ridacchiò lei, dandogli una gomitata giocosa. “Sei geloso delle mie cugine?”

“Io geloso? Ma quando mai.”

Ma nel dirlo, Luca distolse lo sguardo. E Chiara, che lo conosceva bene, capì che stava mentendo.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, ascoltando il rumore della televisione e il ronzio insistente delle zanzare che entravano dalla finestra aperta.

“Domani cosa fai?” chiese lei verso l’una di notte, quando Luca iniziò a raccogliere le chiavi per andarsene.

“Tesi. Sempre tesi. Il professor Martinelli vuole le correzioni entro la fine del mese.”

“Povero amore mio,” disse lei abbracciandolo sulla soglia. “Ma poi sarai dottore anche tu.”

“Già. Dottore in economia, come la mia fidanzata.”

“La tua fidanzata laureata,” lo corresse con orgoglio.

Si baciarono dolcemente sotto la luce gialla del lampione di via Pascoli. Uno di quei baci da fidanzati di lunga data, rassicuranti e familiari.

“Ci sentiamo domani mattina,” disse lui salendo in macchina. “Ti faccio lo squillo del buongiorno.”

“Ti aspetto,” rispose lei dalla soglia, agitando la mano mentre la Peugeot 206 di Luca spariva nella notte.

Chiara rientrò in casa e chiuse la porta a chiave. Poi attivò l’allarme: 9-1-2, il codice che conoscevano solo i familiari e… Luca, naturalmente.

Non sapeva che quello sarebbe stato l’ultimo bacio della sua vita.

13 agosto 2007, ore 7:30 – La mattina del delitto

Il telefono squillò una volta sola, poi si interruppe. Chiara aprì gli occhi nel letto, ancora intontita dal sonno. Luca. Il suo squillo del buongiorno, puntuale come sempre.

Si girò dall’altra parte e chiuse di nuovo gli occhi. Erano appena le sette e mezza, troppo presto per alzarsi. Fuori dalle persiane filtrava già una luce accecante che prometteva un’altra giornata di fuoco.

Luca, nella sua casa a qualche chilometro di distanza, aveva posato il telefono e si era seduto davanti al computer portatile. La tesi lo aspettava: “Strategie di ottimizzazione dei processi aziendali nel settore manifatturiero”. Un titolo che faceva sbadigliare, ma che doveva portargli la laurea entro l’autunno.

Iniziò a battere sui tasti, concentrato sui grafici e le tabelle che doveva rivedere. La casa era silenziosa, i suoi genitori erano usciti presto per commissioni.

Perfetto, pensò. Nessuno che lo disturbava.

Le ore passarono veloci mentre si perdeva tra formule e analisi statistiche. Ogni tanto alzava lo sguardo dall’schermo per riposare gli occhi, ma poi tornava subito al lavoro.

Verso le undici iniziò a sentire i morsi della fame. E anche una certa curiosità di sapere cosa stesse facendo Chiara.

Prese il telefono e compose il numero del suo cellulare.

Libero. Squillava, squillava, ma nessuno rispondeva.

“Sarà sotto la doccia,” pensò.

Riprovò dopo un quarto d’ora. Ancora libero.

“O sta ancora dormendo.”

Ma Chiara non era il tipo da dormire fino a tardi. Mai, in quattro anni di fidanzamento, l’aveva vista a letto oltre le nove.

Alle 12:15 iniziò davvero a preoccuparsi. Chiamò il telefono fisso di casa. Squillava a vuoto nell’abitazione vuota.

“Dai, Chiara, rispondi,” mormorò mentre riattaccava.

Riprovò alle 12:30. Niente.

Alle 12:45. Ancora niente.

All’una e mezza aveva chiamato quattro volte in tutto. Il panico iniziava a salirgli nella gola come bile amara.

Ore 13:00 – La decisione

“Cazzo,” disse ad alta voce, guardando il telefono che teneva in mano. “Dove sei finita?”

Luca non riusciva più a concentrarsi sulla tesi. Sullo schermo del computer le parole si confondevano in una massa informe di lettere senza senso.

Chiara non rispondeva mai al telefono. Mai. Era una di quelle persone che aveva sempre il cellulare a portata di mano, che richiamava immediatamente se perdeva una chiamata.

E se si fosse sentita male? E se fosse svenuta per il caldo? Era sola in quella casa, se le fosse successo qualcosa nessuno se ne sarebbe accorto per giorni.

“Basta,” si disse alzandosi di scatto dalla sedia. “Vado a vedere cosa succede.”

Prese le chiavi della macchina e uscì di corsa dalla sua camera. La madre era rientrata e stava preparando il pranzo in cucina.

“Luca? Dove vai? Ho fatto la pasta…”

“Vado da Chiara. Torno subito.”

“Ma non hai nemmeno mangiato!”

“Dopo, mamma. Dopo.”

Salì in macchina e accese il motore. Il tragitto da casa sua a via Pascoli durava normalmente una ventina di minuti, ma quel giorno gli sembrò eterno. A ogni semaforo rosso sentiva crescere l’ansia.

“Vedrai che è tutto normale,” si ripeteva guidando. “Vedrai che ti prenderà in giro per esserti preoccupato.”

Ma nel fondo del cuore sapeva che qualcosa non andava.

Ore 13:45 – Via Pascoli

Quando Luca arrivò nella strada dove abitava Chiara, notò subito che tutto sembrava normale. Troppo normale. Le villette allineate sonnecchiavano sotto il sole di mezzogiorno, con le persiane socchiuse e i giardini deserti.

La villa sembrava addormentata come tutte le altre. Nessun segno di vita, nessun movimento.

Luca parcheggiò davanti al cancelletto e suonò il campanello. Il suono echeggiò all’interno della casa, ma nessuno rispose.

Suonò di nuovo, più a lungo. Niente.

“Chiara!” chiamò ad alta voce. “Chiara, sono io!”

Il silenzio che seguì era assordante. Solo il ronzio delle cicale e il rumore lontano di una motosega.

Spinse il cancelletto pedonale. Non era chiuso a chiave. Percorse il vialetto e arrivò alla porta d’ingresso. Bussò forte con le nocche.

“Chiara! Dai, rispondi!”

Nulla.

Fece il giro della villetta, controllando le finestre. La maggior parte erano chiuse, ma quella della cucina era socchiusa. Normale, con quel caldo.

Ma perché Chiara non rispondeva?

Tornò sulla porta principale e provò a girare la maniglia. Chiusa. Ovviamente chiusa.

Fu allora che decise di entrare dalla finestra della cucina. Non era la prima volta che lo faceva – quando Chiara dimenticava le chiavi, lui passava sempre di lì.

Spinse la finestra e si arrampicò all’interno. Il primo pensiero fu che faceva un caldo bestiale dentro casa. L’aria era ferma, soffocante.

“Chiara?” chiamò una volta dentro. “Dove sei?”

La sua voce risuonò vuota nelle stanze.

L’orrore

Luca attraversò la cucina e si diresse verso il salotto. Tutto sembrava in ordine, anche se c’era qualcosa che non quadrava. Una sedia spostata, alcuni oggetti sul tavolino che non erano al loro posto.

“Chiara?”

Fu quando si avvicinò alle scale che conducevano alla cantina che sentì un odore strano. Dolciastro, nauseabondo. Un odore che non riusciva a identificare ma che gli faceva venire la nausea.

Fece qualche passo verso le scale e quello che vide lo paralizzò.

In fondo ai gradini, contro la parete, c’era qualcosa di scuro. Qualcosa che assomigliava a…

“No,” sussurrò. “No, no, no.”

Si avvicinò tremando. I suoi occhi si abituarono alla penombra della scala e vide chiaramente.

Chiara era riversa sui gradini, con il viso rivolto verso il basso. I suoi capelli castani, quelli che lui accarezzava ogni sera, erano incollati alla testa da qualcosa di scuro e viscoso.

Sangue. Tanto sangue.

“CHIARA!”

Luca urlò il suo nome e si precipitò verso di lei. Ma quando fu a pochi metri dal corpo, si fermò di colpo.

La testa di Chiara era… distrutta. Fracassata da colpi violenti e ripetuti. Il sangue aveva formato una pozza che si era rappreso sui gradini di cemento.

Luca iniziò a iperventilare. Il mondo gli girava intorno, le gambe non lo reggevano più.

“Oh Dio, oh Dio, oh Dio…”

Si mise le mani tra i capelli e iniziò a camminare avanti e indietro come un pazzo. Non riusciva a pensare, non riusciva a ragionare.

Chiara era morta. La sua Chiara era morta.

Ma chi? Chi poteva aver fatto una cosa del genere?

La telefonata

Non sapeva quanto tempo fosse passato quando finalmente riuscì a muoversi. Potevano essere stati secondi o minuti, non ne aveva idea.

Con le mani che tremavano violentemente, riuscì a estrarre il telefono dalla tasca. Il primo numero che compose fu quello del 118.

Mentre componeva, corse verso l’uscita. Non riusciva a rimanere in quella casa, non con Chiara ridotta così.

Salì in macchina e mise in moto, dirigendosi istintivamente verso la caserma dei carabinieri.

Il telefono continuava a squillare.

“Pronto, 118.”

“Un’ambulanza!” gridò Luca. “Mandatemi un’ambulanza in via Giovanni Pascoli a Garlasco!”

“Che tipo di emergenza?”

“Credo… credo abbiano ucciso una persona. Ma forse è viva… non lo so!”

La voce dell’operatore si fece più professionale: “Mi dica il numero civico esatto.”

“Non lo so! È la villetta con il cancello verde! Fate presto!”

“Signore, mi dica il suo nome e—”

Luca riattaccò. Aveva già visto la caserma dei carabinieri in fondo alla strada.

Erano le 13:50 quando parcheggiò davanti all’edificio e corse verso l’ingresso, urlando: “Aiuto! Aiutatemi! Hanno ucciso la mia fidanzata!”

In caserma

Il maresciallo Francesco Torretti stava compilando un rapporto quando vide questo ragazzo irromper dentro l’ufficio in preda al panico.

“Hanno ucciso Chiara!” continuava a ripetere Luca. “L’hanno ammazzata! C’è sangue dappertutto!”

“Calmati, ragazzo. Dimmi cosa è successo.”

Torretti era un veterano. Aveva visto tante cose nella sua carriera, ma quel ragazzo sembrava davvero sconvolto. Tremava come una foglia e aveva gli occhi fuori dalle orbite.

“Sono andato a casa della mia fidanzata perché non rispondeva al telefono,” disse Luca parlando velocissimo. “Sono entrato e l’ho trovata… l’ho trovata sulle scale. Morta. Con la testa… la testa…”

Non riuscì a finire la frase. Si mise a piangere come un bambino.

“Come ti chiami?”

“Luca Santini. Lei è Chiara. Abita in via Pascoli.”

Il maresciallo prese il telefono e chiamò immediatamente la centrale operativa. Nel giro di dieci minuti, tre volanti dei carabinieri si sarebbero dirette verso via Pascoli.

Ma mentre aspettavano, Torretti osservò attentamente quel ragazzo che continuava a singhiozzare. C’era qualcosa che non lo convinceva del tutto.

Le scarpe. Le scarpe di Luca erano perfettamente pulite.

“Dimmi una cosa,” gli chiese dopo un po’. “Hai toccato il corpo?”

“No! Non… non ce l’ho fatta. Era troppo…”

“E hai camminato nel sangue?”

“Non lo so. Forse. Non me lo ricordo.”

Torretti guardò di nuovo le scarpe. Bianche, immacolate. Come se fossero appena uscite dal negozio.

Come diavolo aveva fatto a non sporcarsi i piedi?

Sulla scena del crimine

Alle 14:05 la prima volante arrivò in via Pascoli. Il brigadiere Morelli e l’appuntato Rossi trovarono la finestra della cucina ancora aperta, esattamente come l’aveva lasciata Luca.

Entrarono e quello che videro li lasciò senza fiato.

Il corpo di Chiara giaceva sui gradini che portavano alla cantina, in una pozza di sangue rappreso. Il cranio era stato fracassato da almeno dieci-quindici colpi inferti con estrema violenza.

“Madonna santa,” sussurrò Rossi, che aveva appena vent’anni e non aveva mai visto una scena simile.

“Non toccare niente,” disse Morelli chiamando immediatamente il magistrato. “E tieni lontani i curiosi.”

Nel giro di un’ora, la villetta di via Pascoli si trasformò in un formicaio. Carabinieri, medico legale, procuratore, tecnici del laboratorio scientifico. Tutti che andavano e venivano senza troppo coordinamento.

Fu subito evidente che si trattava di un omicidio efferato. Chiara era stata aggredita con una violenza inaudita da qualcuno che la conosceva bene. Non c’erano segni di effrazione, nessun tentativo di rapina.

L’assassino era entrato, aveva ucciso e se n’era andato.

Ma chi era? E perché?

I primi dubbi

Nel pomeriggio, mentre la scena del crimine veniva analizzata centimetro per centimetro, il maresciallo Torretti interrogava di nuovo Luca nella caserma di Garlasco.

“Ripetimi esattamente quello che hai fatto quando sei entrato in casa.”

Luca si asciugò gli occhi rossi con un fazzoletto di carta. Aveva pianto per ore, ma ora sembrava più calmo.

“Sono entrato dalla finestra della cucina. Ho chiamato Chiara. Sono andato in salotto, poi verso le scale…”

“E poi?”

“L’ho vista. E sono scappato.”

“Senza avvicinarti?”

“Non… non ce l’ho fatta. Era troppo orribile.”

Torretti prese appunti su un block notes. Poi chiese: “Che scarpe avevi?”

“Queste,” disse Luca indicando le Nike bianche che aveva ai piedi.

“Le stesse di stamattina?”

“Sì.”

“E non ti sei sporcato?”

Luca esitò per un attimo. “No, non credo. Sono stato attento.”

“Attento come?”

“Non lo so. Istintivamente, suppongo.”

Il maresciallo lo guardò dritto negli occhi. Qualcosa in quella storia non tornava, ma non riusciva a capire cosa.

“Dimmi una cosa, Luca. Tu e Chiara andavate d’accordo?”

“Certo! La amavo. Stavamo insieme da quattro anni.”

“Mai litigato?”

“Come tutte le coppie, ma niente di serio.”

“Di cosa litigavate?”

Luca si morse il labbro. “Sciocchezze. Lei passava molto tempo con le cugine, a volte ero geloso. Ma erano cose da ragazzini.”

Torretti annotò tutto. Poi disse: “Per oggi può bastare. Ma non ti allontanare da Garlasco. Avremo bisogno di sentirti ancora.”

Quando Luca uscì dalla caserma, il sole stava tramontando dietro le colline. Era libero, ma sentiva già il peso degli sguardi della gente che si voltava a guardarlo per strada.

Il fidanzato. Sempre il fidanzato è il primo sospettato.

Tre giorni dopo – L’autopsia

Il dottor Calabresi, medico legale dell’ospedale di Pavia, terminò l’autopsia sul corpo di Chiara il 16 agosto, tre giorni dopo l’omicidio.

I risultati erano agghiaccianti.

La ragazza era stata colpita alla testa da almeno dodici-quindici volte con un oggetto contundente pesante. Probabilmente un martello o un attizzatoio da camino. L’assassino aveva continuato a colpire anche quando era già morta, in preda a una furia omicida difficile da spiegare.

L’orario della morte era stato stabilito tra le 10:30 e le 13:00 del 13 agosto, con maggiore probabilità tra le 11:00 e le 11:30.

Ma il particolare più inquietante era un altro: Chiara non presentava segni di difesa sulle mani o sulle braccia. Come se non avesse nemmeno tentato di proteggersi.

“O è stata aggredita alle spalle,” spiegò Calabresi al procuratore, “oppure si fidava del suo assassino al punto da non aspettarsi l’aggressione.”

“Una persona che conosceva bene, quindi.”

“Direi di sì. E che lei ha fatto entrare volontariamente in casa.”

Il procuratore annuì pensieroso. I sospetti su Luca Santini si stavano facendo sempre più concreti.

Una settimana dopo – L’avviso di garanzia

Il 20 agosto 2007, esattamente una settimana dopo l’omicidio, Luca stava cercando di riprendere a studiare nella sua camera quando suonarono alla porta.

Sua madre andò ad aprire e tornò dopo qualche minuto con un’espressione preoccupata.

“Luca, ci sono i carabinieri. Ti vogliono parlare.”

Il cuore di Luca iniziò a battere all’impazzata. Si alzò dalla scrivania e andò verso l’ingresso, dove due carabinieri in borghese lo aspettavano con espressioni serie.

“Luca Santini?”

“Sì.”

“Deve venire con noi. Le dobbiamo notificare un atto.”

Durante il tragitto verso la caserma, nessuno parlò. Luca guardava fuori dal finestrino le strade di Garlasco che conosceva a memoria, chiedendosi cosa diavolo stesse succedendo.

In caserma, il brigadiere Morelli gli mise davanti un foglio e disse: “Luca Santini, lei è indagato per l’omicidio volontario di Chiara, avvenuto il 13 agosto 2007.”

Le parole risuonarono nella stanza come un tuono. Luca divenne bianco come un cencio.

“Ma… ma cosa significa? Io non ho ucciso nessuno!”

“Significa che lei è sospettato di aver commesso questo crimine. Ha diritto a un avvocato.”

“Ma è assurdo! Io amavo Chiara! Perché dovrei averla uccisa?”

Nessuno rispose. I carabinieri lo guardavano con espressioni impassibili, come se stessero osservando un animale in gabbia.

“Voglio chiamare i miei genitori,” disse Luca con la voce che tremava.

“Può farlo. Ma prima dobbiamo perquisire la sua casa.”

La perquisizione

Quando i carabinieri arrivarono a casa Santini con il mandato di perquisizione, la famiglia era riunita al completo. Il padre di Luca, un impiegato comunale, e la madre, insegnante elementare, non riuscivano a credere a quello che stava succedendo.

“Nostro figlio non è un assassino,” continuava a ripetere la signora Santini mentre i carabinieri rovistivano nella camera di Luca.

“Signora, stiamo solo facendo il nostro dovere,” rispose educatamente il brigadiere.

Sequestrarono il computer portatile di Luca, quello su cui sosteneva di aver lavorato la mattina dell’omicidio. Sequestrarono anche le sue tre biciclette, compresa quella nera da donna che aveva comprato l’anno prima per Chiara.

“Quella bicicletta…” disse Luca quando la vide caricare sul furgone dei carabinieri. “L’avevo presa per Chiara. Gliela avevo regalata per il compleanno.”

“Quando l’ha usata l’ultima volta?” chiese Morelli.

“Non lo so. Mesi fa. Lei preferiva la sua.”

Ma i carabinieri avevano già in mente un’altra ipotesi. Una bicicletta nera da donna vista davanti casa la mattina dell’omicidio. Una bicicletta che poteva essere proprio quella.

Tre settimane dopo – Il computer

I tecnici del RIS di Parma impiegarono tre settimane per analizzare il computer di Luca. Quello che trovarono all’interno superava le aspettative più pessimistiche degli investigatori.

Oltre 7000 immagini pornografiche. 542 video pornografici. E, soprattutto, 21 immagini e 7 video di materiale pedopornografico.

Ma c’era dell’altro. Centinaia di foto scattate di nascosto a ragazze per strada. Immagini di piedi, gambe, biancheria intima. Un vero e proprio archivio dell’ossessione.

Quando i carabinieri gliene parlarono, Luca negò tutto: “Non so come sia finito lì quel materiale. Forse l’ho scaricato per sbaglio, o forse c’era già quando ho comprato il computer.”

Ma nessuno gli credette.

“Secondo lei,” chiese il procuratore, “Chiara sapeva di queste sue… inclinazioni?”

“Non c’è nessuna inclinazione!” esplose Luca. “Io non sono un pervertito!”

“Allora come spiega tutto questo materiale?”

“Non lo so! Non lo so!”

Ma nei giorni seguenti, mentre gli investigatori continuavano a scavare, emerse un’ipotesi agghiacciante: e se Chiara avesse scoperto il lato oscuro del suo fidanzato? E se quella mattina del 13 agosto fosse scoppiata una discussione violenta che era finita nel sangue?

24 settembre 2007 – L’arresto

Erano passate sei settimane dall’omicidio quando Luca fu arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà.

I carabinieri arrivarono a casa sua all’alba, quando tutta la famiglia stava ancora dormendo. Luca fu svegliato dal rumore delle manette che si chiudevano ai suoi polsi.

“Luca Santini, lei è in arresto per l’omicidio di Chiara.”

Sua madre iniziò a urlare. Suo padre rimase in pigiama sulla soglia di casa, guardando il figlio che veniva portato via come un criminale comune.

“Non sono stato io!” gridava Luca mentre lo spingevano nella volante. “Io non ho ucciso nessuno! Aiutatemi!”

Ma nessuno degli abitanti di via dei Tigli uscì di casa per aiutarlo. Si limitarono a sbirciare dalle finestre, scuotendo la testa con aria di sufficienza.

“L’avevo sempre detto che quel ragazzo aveva qualcosa di strano,” commentò la vicina di casa mentre la volante si allontanava nella mattina grigia di settembre.

Una settimana dopo – La scarcerazione

Il GIP di Vigevano, dopo aver esaminato gli atti dell’inchiesta, decise che le prove contro Luca non erano sufficienti per mantenerlo in carcere.

Il 1° ottobre 2007, dopo una settimana dietro le sbarre, Luca fu scarcerato.

Quando uscì dal carcere di Pavia, i giornalisti lo aspettavano con telecamere e microfoni.

“Ha ucciso lei Chiara?” gli gridarono.

“Cosa prova per la famiglia della vittima?”

“È pentito?”

Luca si fece largo a spintoni, senza rispondere a nessuna domanda. Salì sull’auto del padre e sparì nella nebbia autunnale della pianura padana.

Ma anche se era libero, la sua vita era rovinata per sempre. Ovunque andasse, la gente lo riconosceva e mormorava alle sue spalle.

L’assassino di Chiara. Il mostro di Garlasco.

Anche se non era ancora stato processato, agli occhi di tutti era già colpevole.

Epilogo – Il mistero rimane

Mentre Luca cercava di ricostruirsi una vita normale, sapendo che forse non ci sarebbe mai riuscito, gli investigatori continuavano a lavorare sul caso.

Chi aveva davvero ucciso Chiara quella mattina di agosto? Perché una ragazza piena di vita, con tutto da vivere, era stata massacrata in quel modo orrendo?

Le prove contro Luca erano tutte circostanziali. Nessuno l’aveva visto entrare o uscire da casa di Chiara. L’arma del delitto non era mai stata trovata. Il movente rimaneva incerto.

Eppure qualcosa aveva spinto un assassino a entrare nella villetta di via Pascoli e a uccidere Chiara con una ferocia inaudita.

Gli abitanti di Garlasco iniziarono a chiudere le porte a chiave anche di giorno. Le madri tenevano i figli più vicini. La paura si diffuse come un virus in quel piccolo paese che aveva sempre creduto di essere al sicuro dal male.

Perché se non era stato Luca, significava che l’assassino era ancora libero. Magari era uno di loro. Magari era il vicino di casa, il commerciante, l’impiegato comunale.

Magari era chiunque.

E questa era la paura più grande di tutte: non sapere chi, tra le persone che incontravano ogni giorno, nascondesse l’istinto di uccidere.

La verità su quel 13 agosto 2007 sembrava destinata a rimanere un mistero. Ma Chiara meritava giustizia. E prima o poi, qualcuno avrebbe dovuto pagarla.

La sua storia era appena iniziata.


Fine del primo capitolo

Il delitto di Garlasco aveva sconvolto l’Italia intera. Ma dietro i titoli dei giornali e le speculazioni televisive, c’erano delle persone vere. Con le loro storie, i loro segreti, le loro verità nascoste.

Nelle prossime pagine, conosceremo una per una tutte le persone che gravitavano intorno a Chiara. E scopriremo che, a volte, la realtà è molto più complessa di quello che appare.

Tags: Chi ha ucciso Chiara
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Siamo la redazione del magazine Wonder Channel, stacanovisti per passione. Siamo gli editori del magazine.

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