La serie è un’opera di fantasia. Eventuali nomi, personaggi, luoghi o eventi richiamati, anche in parte, a persone o fatti reali sono puramente frutto di invenzione e non intendono in alcun modo rappresentare o descrivere persone esistenti o avvenimenti realmente accaduti. Qualsiasi somiglianza con persone, viventi o decedute, o con fatti storici, è da ritenersi del tutto casuale e priva di finalità di riferimento.
Carcere di Bollate, aprile 2025
La sveglia suonò alle sei e trenta, come ogni mattina degli ultimi otto anni. Luca aprì gli occhi nella sua cella di tre metri per due e mezzo, lo stesso rituale che si ripeteva da quando era entrato a Bollate nel dicembre del 2015. Ma quella mattina era diversa. Quella mattina aveva ottenuto la semilibertà.
Si alzò dal letto a castello – il compagno di cella se n’era andato due mesi prima dopo una rissa che aveva coinvolto anche Luca – e guardò attraverso le sbarre verso il cortile interno. Il livido sulla costola sinistra gli faceva ancora male quando si muoveva troppo velocemente.
“Merda di pervertito,” aveva sibilato Torrisi prima di colpirlo con un pugno. “Tutti sanno cosa facevi con quella ragazza.”
Luca non aveva risposto. Non rispondeva mai. Aveva imparato che in carcere la verità non contava. Contava solo la reputazione. E la sua reputazione era quella di un killer di fidanzate con problemi sessuali.
Otto anni. Otto anni da quando aveva sentito quella porta di ferro chiudersi alle sue spalle la prima volta. Otto anni in cui aveva sempre ripetuto la stessa frase: “Io non ho ucciso nessuno.”
Ma c’erano cose che non diceva. Cose che forse solo Chiara aveva saputo.
Flashback – Marzo 2007, appartamento di Luca
Il computer era acceso da ore. Luca scorreva i siti di annunci, cercando qualcosa di specifico. Non era pornografia normale. Era… altro.
“Cerco ragazza per giochi particolari. Pagamento generoso per sessioni fotografiche piedi e calze. Massima discrezione.”
Aveva pubblicato l’annuncio su tre siti diversi. Le risposte non tardarono ad arrivare.
Elena, 19 anni: “Quanto paghi?”
Francesca, 22 anni: “Che tipo di foto?”
Luca sentiva l’eccitazione crescere mentre leggeva i messaggi. Era iniziato tutto per caso, fotografando i piedi di una ragazza incontrata in discoteca. Poi era diventato… di più.
Il telefono squillò.
“Pronto?”
“Luca, sono Chiara. Posso venire da te stasera?”
Panico. Il computer era ancora acceso, gli annunci visibili.
“Ehm… sì, certo. Tra un’ora va bene?”
Chiuse tutto velocemente, ma dimenticò di cancellare la cronologia.
Quella sera Chiara arrivò con la cena cinese e una bottiglia di vino. Stavano guardando un film quando lei si alzò per andare in bagno.
“Posso usare il tuo computer? Voglio controllare le mail.”
“No!” disse Luca troppo in fretta. “Cioè… è lento. Usa il mio telefono.”
Ma Chiara aveva già acceso il computer. E la cronologia di navigazione era tutta lì.
“Luca,” disse dopo qualche minuto, con una voce che non aveva mai sentito prima. “Cosa sono questi siti?”
Lui andò da lei. Sullo schermo c’erano tutti i siti di annunci che aveva visitato. I messaggi con le ragazze. Le richieste.
“Chiara, io posso spiegare…”
“Tu paghi delle ragazze per fare foto ai loro piedi?”
Il silenzio riempì la stanza.
“Non è quello che pensi.”
“E cosa dovrei pensare, Luca? Che tipo di ragazzo ho accanto?”
Non litigarono quella sera. Ma qualcosa si ruppe. Chiara non lo guardava più allo stesso modo.
Bollate, ufficio amministrativo – mattina
Luca digitava numeri sul computer dell’ufficio contabilità dove lavorava da due anni. Mille euro al mese di stipendio, metà dei quali finivano alla famiglia Rossi come risarcimento. Settecento mila euro concordati dal tribunale. Ne aveva già versati la metà.
Il lavoro lo teneva occupato, ma oggi faticava a concentrarsi. Il suo avvocato gli aveva telefonato la sera prima con notizie che non si aspettava.
“Luca, stanno riaprendo alcune indagini. Ci sono nuovi elementi. Non posso dirti molto, ma… qualcosa si sta muovendo.”
Il commissario Martinelli aveva ripreso in mano il caso dopo diciotto anni. Quello stesso commissario che allora era solo un giovane ispettore e che aveva sempre avuto dubbi sulla colpevolezza di Luca.
“Santini!”
La voce del responsabile dell’ufficio lo fece sobbalzare.
“Sì?”
“C’è un problema con questi conti. Ricontrollali.”
Luca tornò ai numeri, ma la mente era altrove.
Flashback – Maggio 2007, casa delle gemelle
“Luca, vieni a conoscere le mie cugine.”
Chiara lo trascinò verso la villa dei Costa, dove vivevano Elena ed Elisa. Due gemelle identiche di vent’anni, bionde, sempre vestite uguali. Un po’ strane, a dire il vero.
“Ciao Luca,” disse Elena con un sorriso che non arrivava agli occhi. “Chiara ci ha parlato tanto di te.”
“Anch’io di voi.”
Elisa non disse nulla, si limitò a fissarlo con uno sguardo penetrante.
“Papà non c’è,” disse Elena. “È dal nonno a sistemare alcune pratiche legali.”
Il loro padre, l’avvocato Enrico Costa, era una figura rispettata in città. Chiara lo adorava letteralmente.
“Zio Enrico è l’uomo più intelligente che conosco,” diceva sempre. “Ha studiato nelle migliori università, ha clienti importanti. Un giorno mi farà lavorare nel suo studio.”
Quella sera, mentre tornavano a casa, Chiara era particolarmente euforica.
“Le mie cugine ti sono piaciute?”
“Sembrano… interessanti.”
“Elena mi ha detto una cosa curiosa mentre eri in bagno.”
“Cosa?”
“Che ci sono dei segreti in famiglia. Cose che solo gli adulti sanno.”
“Che tipo di segreti?”
“Non lo so. Ma dice che il santuario della Madonna della Bozzola non è quello che sembra.”
Flashback – Giugno 2007, santuario della Madonna della Bozzola
Chiara era cambiata negli ultimi mesi. Più silenziosa, più pensierosa. E soprattutto, più interessata alla religione. O almeno, così sembrava.
“Vieni con me al santuario oggi,” gli aveva chiesto una domenica mattina.
“Da quando sei diventata così devota?”
“Non è questione di devozione. È questione di… curiosità.”
Il santuario era affollato come sempre. Don Paolo celebrava la messa domenicale, la sua voce risuonava potente nella navata. Un uomo carismatico sulla cinquantina, rispettato da tutti. Luca lo conosceva di vista, come tutti a Valverde.
Durante la funzione, Chiara sembrava osservare tutto con attenzione. Non le persone che pregavano, ma quelle che andavano e venivano. Gli uomini che sparivano nei corridoi laterali. Le donne che uscivano dalla sagrestia con espressioni strane.
“Cosa stai guardando?” le sussurrò.
“Guarda lì,” disse Chiara indicando discretamente un angolo della chiesa. “Vedi quell’uomo con il vestito scuro?”
Luca guardò. Un signore sulla sessantina, elegante.
“E allora?”
“È la quarta volta che lo vedo qui questa settimana.”
“Magari è molto devoto.”
“Luca, non viene qui a pregare. Viene qui per altro.”
Dopo la messa, mentre uscivano, Chiara si fermò a parlare con una delle volontarie del santuario. Una donna sui quaranta, nervosa.
“Signora, volevo chiederle una cosa…”
“Dimmi, cara.”
“Elena mi ha detto che organizzate degli… incontri speciali. Per i giovani della parrocchia.”
La donna si irrigidì. “Non so di cosa parli.”
“Incontri serali. Con Don Paolo.”
“Tua cugina si sbaglia. Non organizziamo nulla del genere.”
Ma il tono della donna suggeriva il contrario.
Bollate, mensa – pranzo
Luca mangiava da solo, come sempre. Non aveva mai fatto amicizie in carcere. Era troppo rischioso. Soprattutto per uno con la sua reputazione.
“Santini.”
Si voltò. Cascone, cinquant’anni, dentro per traffico di droga. Uno dei pochi che ogni tanto gli rivolgeva la parola.
“Dimmi.”
“Ho sentito che domani esci in semilibertà.”
“Sì.”
“E ho sentito anche del tuo caso. Mia sorella legge i giornali. Dice che stanno guardando altre piste.”
Luca posò la forchetta. “Non so niente.”
“Ma tu lo sapevi, vero? Che c’erano cose strane intorno a quella ragazza?”
“Sì. Chiara aveva iniziato a farsi domande.”
“Che tipo di domande?”
“Quelle sbagliate. Su persone sbagliate.”
Flashback – Luglio 2007, studio dell’avvocato Costa
“Chiara, che piacere vederti!”
L’avvocato Enrico Costa abbracciò sua nipote con affetto. Un uomo distinto sui cinquanta, elegante, con quell’aria di successo che caratterizza gli avvocati di provincia che ce l’hanno fatta.
“Zio, volevo chiederti un consiglio legale.”
“Dimmi tutto, cara.”
Luca era rimasto nel salotto d’attesa, ma riusciva a sentire parte della conversazione attraverso la porta socchiusa.
“Se una persona scoprisse delle… irregolarità in un’istituzione religiosa, cosa dovrebbe fare?”
“Dipende dal tipo di irregolarità.”
“Cose che coinvolgono minori.”
Un lungo silenzio.
“Chiara, questa è una domanda molto seria. Stai parlando di qualcosa di specifico?”
“Forse.”
“Ascoltami bene. Se hai dei sospetti su qualcosa del genere, devi essere molto, molto cauta. Certe accuse possono rovinare vite innocenti.”
“E se non fossero innocenti?”
“Allora serve prove concrete. Non voci. Non impressioni. Prove.”
Quando uscirono dallo studio, Chiara era silenziosa.
“Di cosa avete parlato?” chiese Luca.
“Di giustizia,” rispose lei. “E di quanto sia complicata.”
Quella sera, però, Chiara ricevette una telefonata da suo zio.
“Pronto, zio.”
“Chiara, riguardo alla nostra conversazione di oggi… volevo aggiungere una cosa.”
“Dimmi.”
“Se dovessi mai trovarti in una situazione delicata, ricordati che puoi sempre contare su di me. Per qualsiasi cosa.”
“Cosa intendi?”
“Intendo che a volte, nella vita, bisogna fare delle scelte difficili. E che io ci sarò sempre per te.”
Dopo quella telefonata, Chiara sembrava ancora più confusa.
Valverde, casa famiglia Santini – prima notte di semilibertà
Luca era seduto sul letto della sua vecchia stanza. Sua madre aveva preparato la cena, suo padre aveva fatto finta che fosse una serata normale. Ma nessuno riusciva a ignorare l’elefante nella stanza: loro figlio era un condannato per omicidio in semilibertà.
Quando i suoi genitori andarono a letto, Luca rimase sveglio al buio. Pensava alle telefonate che aveva ricevuto in carcere negli ultimi anni. Chiamate anonime, sempre di notte, sempre minacciose.
“Se parli di quello che sapevi sul santuario, anche fuori non sarai al sicuro.”
“Tua fidanzata ha fatto l’errore di ficcare il naso dove non doveva. Non fare lo stesso errore.”
“Quello che Chiara ti aveva detto quella sera deve rimanere un segreto. Per sempre.”
All’inizio pensava fossero scherzi crudeli di qualche mitomane. Poi si era reso conto che quelle persone sapevano cose. Sapevano che Chiara gli aveva parlato del santuario. Sapevano che lei aveva scoperto qualcosa.
E sapevano che anche lui sapeva.
Flashback – 10 agosto 2007, casa di Chiara
“Luca, devo dirti una cosa importante.”
Era venerdì sera. I genitori di Chiara sarebbero tornati dalle vacanze il lunedì. Avevano la casa per loro, ma Chiara sembrava agitata.
“Cosa succede?”
“Ho parlato di nuovo con Elena. Mi ha detto cose… cose che non riesco a togliermi dalla testa.”
“Di che tipo?”
“Del santuario. Degli incontri che si tengono lì.”
Chiara si sedette accanto a lui sul divano.
“Elena mi ha detto che ci sono persone importanti coinvolte. Persone che non ti aspetteresti mai.”
“Che tipo di persone?”
“Non posso dirlo. È troppo pericoloso.”
Luca notò come gli occhi di Chiara brillassero quando parlava di certi argomenti. Come se fosse attratta dal pericolo, dal proibito.
“Ma domenica notte entrerò nel santuario. Elena mi ha dato le chiavi. Voglio vedere con i miei occhi.”
“Chiara, è pazzesco. E se ti scoprono?”
“Non mi scoprono. E poi… forse è ora che qualcuno sappia la verità.”
Quella sera, mentre facevano l’amore, Luca sentì che c’era qualcosa di diverso in Chiara. Come se fosse eccitata da qualcosa che non aveva a che fare con lui. Come se i suoi pensieri fossero altrove.
“A cosa pensi?” le chiese.
“A niente di importante,” rispose lei. Ma Luca vide che stava mentendo.
Il mistero che si infittisce
Il giorno dopo la semilibertà, mentre Luca era al lavoro, il telefono di casa squillò. Sua madre andò a rispondere.
“Pronto?”
“Signora Santini, sono il commissario Martinelli. Vorremmo incontrare suo figlio per alcune domande.”
“Riguardo a cosa?”
“Stanno emergendo nuovi elementi sul caso. Elementi che potrebbero cambiare tutto.”
Quella sera, quando Luca tornò a casa, sua madre gli riferì della telefonata.
“Cosa vuole sapere?” chiese Luca.
“Non lo so. Ma ha detto che ci sono stati sviluppi importanti.”
Luca pensò alle telefonate minacciose ricevute in carcere. Alle voci che circolavano sui corridoi. A quello che Chiara gli aveva detto quella sera del santuario.
Forse, dopo diciotto anni, qualcuno aveva finalmente il coraggio di parlare.
O forse, qualcuno aveva finalmente paura che la verità venisse fuori.
In entrambi i casi, la sua vita stava per cambiare di nuovo.
Flashback – 11 agosto 2007, ultima telefonata
Il telefono di Luca squillò alle 23:45. Era Chiara.
“Luca, sono nel santuario.”
“Cosa? Pensavo dovessi andarci domenica!”
“Ho cambiato idea. Elena mi ha detto che stasera c’è un incontro importante. Persone che non ci saranno domenica.”
“Chiara, esci di lì immediatamente.”
“Non posso. Ho visto cose, Luca. Cose che devo documentare.”
“Che tipo di cose?”
“Non posso dirtelo al telefono. Ma quello che succede qui… è molto peggio di quello che pensavo.”
Luca sentì dei rumori in sottofondo. Voci, passi.
“Qualcuno sta arrivando. Devo chiudere.”
“Chiara, aspetta!”
Ma la linea era già muta.
Quando i segreti di famiglia diventano più importanti della famiglia stessa, è allora che la famiglia muore davvero.