Ho visto Delicious, l’ennesima proposta “eat the rich” di Netflix, e devo dirti subito che è stata una vera delusione. Mi aspettavo un film che scavasse a fondo nelle disuguaglianze sociali, come ha fatto Parasite, ma qui il risultato è un miscuglio confusionario di elementi che non si amalgamano.
La pellicola ci propone la storia di una famiglia tedesca benestante in vacanza in Provenza. John e Esther, insieme ai loro due figli, vivono in una villa da favola, lontani dalle preoccupazioni quotidiane. Tutto va bene fino a quando, una notte, John colpisce accidentalmente una giovane donna mentre guida in stato di ebbrezza. Invece di affrontare le conseguenze, Esther convince la vittima, Teodora, di accompagnarli a casa per evitare guai con la legge. Da qui parte un turbinio di eventi che si propone di trasformare Teodora nella chiave per svelare le debolezze di una famiglia apparentemente perfetta.
La trama e l’intento narrativo
La storia parte con un premessa che promette molto: una critica sociale “a tavola”, una sorta di rivincita contro una classe dominante che si vanta di lusso e ipocrisia. Ma, ahimè, il film non riesce a dare coerenza a questo spunto. La narrazione si perde tra situazioni forzate e dialoghi insipidi, senza mai approfondire il vero nocciolo della questione.
Delicious si propone come una rivisitazione moderna del genere “eat the rich”, ma in realtà il film si limita a mostrare una famiglia ricca che vive nel proprio mondo, ignara e, in qualche modo, troppo gentile, nonostante tutte le loro contraddizioni. La tensione, quella vera, non si crea. Non c’è una critica sociale tagliente, ma solo una serie di situazioni costruite a metà, che non lasciano l’osservatore con un senso di soddisfazione o di rabbia contro l’ingiustizia.
La regia e la sceneggiatura
Un mix forzato e confusionario
La regia di Nele Mueller-Stöfen tenta di dare un tocco di originalità al tema, mescolando elementi di suspense, dramma e, perché no, anche un pizzico di horror grazie all’uso del cannibalismo. Sì, hai capito bene: il film tocca anche l’argomento in maniera letterale, con dei cannibali che si aggirano come ombre minacciose, lasciando la carne a marcire nei frigoriferi e simbolizzando il sovraccarico del consumismo. Però, il tutto è così poco sviluppato che sembra una trovata pubblicitaria più che un vero e proprio spunto narrativo.
La sceneggiatura si perde in dettagli inutili, come la curiosità su quanto costino le biciclette in fibra di carbonio – un “gadget” che dovrebbe simboleggiare l’eccesso della ricchezza, ma che finisce per essere un espediente di poco conto. Il mix di elementi, invece di arricchire la trama, la rende confusa e dispersiva. Le motivazioni dei personaggi si appiattiscono e, anziché suscitare empatia o indignazione, inducono a uno spettatore annoiato e stanco di cliché.
Le performance degli attori
Un’eccezione in mezzo alla mediocrità
Nonostante tutto, c’è una luce in questo scenario poco invitante: Carla Díaz nei panni di Teodora. La sua interpretazione è elettrizzante e riesce a infondere un’energia inquietante nel personaggio. Teodora si trasforma, sotto i suoi occhi, da vittima a forza distruttiva, camminando sul filo tra l’innocenza e la minaccia. È un piacere vederla, perché riesce a dare quella sfumatura di ambiguità che il film tanto brama ma non sa ottenere.
Gli altri attori, invece, restano in secondo piano. John e Esther sono caratterizzati in maniera piatta, quasi come dei burattini recitati senza alcuna passione. I loro gesti e i loro dialoghi non trasmettono quella tensione emotiva che ci si aspetterebbe da una storia in cui il destino dei potenti è in bilico. Anche i figli, Phillipp e Alba, non riescono a lasciare il segno, contribuendo solo a rafforzare l’idea di una famiglia che, pur avendo tutti i comfort, manca di personalità e di quella spinta critica che avrebbe potuto rendere il racconto interessante.
L’aspetto visivo e la colonna sonora
Belle immagini, ma poca sostanza
Sul fronte visivo, Delicious fa un lavoro decente. Le riprese in Provenza sono, a tratti, davvero belle: la luce calda, i paesaggi curati, la villa che sembra uscita da un catalogo di lusso. L’eccesso cromatico, però, si trasforma in un’arma a doppio taglio. L’uso dell’over-saturation (saturazione eccessiva) rende ogni scena quasi surreale, ma finisce per distogliere l’attenzione dalla storia vera e propria.
La colonna sonora cerca di accompagnare questo senso di decadenza, ma il mix di toni epici e melodie forzate non basta a salvare una trama che si perde nel suo stesso tentativo di essere provocatoria. In definitiva, le immagini rimangono uno degli unici punti di forza del film, mentre il resto si aggrappa a spunti che non si sviluppano mai in qualcosa di coerente.
Il giudizio finale
Non ho trovato in Delicious quel gusto di originalità e di critica sociale che speravo di assaporare. La pellicola tenta un connubio tra il pungente “eat the rich” e la satira sociale, ma finisce per cadere nella banalità. Il messaggio si perde tra scene costruite a tavolino e una narrazione che fatica a mantenere coerenza e intensità.
Io non mi sono divertito. La regia e la sceneggiatura non riescono a dare il giusto peso ai temi proposti, e il mix di elementi, invece di arricchire la trama, la appiattisce. Se cerchi un film che scuota le coscienze e offra uno spaccato tagliente della società odierna, Delicious non fa per te.
Certo, se ti piacciono le immagini di lusso e un po’ di caos simbolico, potresti trovare qualche spunto visivo interessante, ma da un punto di vista narrativo rimane un tentativo fallito di un genere che, se fatto bene, ha tutto il potenziale per essere memorabile.
Insomma, Delicious è una ricetta che promette un mix di sapori intriganti ma, alla fine, risulta un pasto insipido e mal cucinato. La performance di Carla Díaz è l’unico ingrediente che, seppur brillante, non basta a salvare un piatto troppo amaro e privo di sostanza.
Conclusioni
La mia esperienza con Delicious è stata deludente. Netflix ha speso risorse e talento per creare un film che, in teoria, avrebbe potuto essere una critica sociale acuta e provocatoria, ma che invece si perde in una narrazione confusa e in una regia che non riesce a mantenere il ritmo.
La pellicola tenta di essere una satira della classe dominante, ma cade nella trappola dei cliché e di una superficialità che ti lascia con il gusto di un pasto mal preparato. Nonostante le immagini affascinanti e la straordinaria interpretazione di Carla Díaz, il resto del cast e della sceneggiatura non riescono a reggere il confronto.
Io non consiglio Delicious a chi cerca una riflessione profonda sulle disuguaglianze sociali. Se invece il tuo interesse è solo per un’esperienza visiva e un po’ di intrattenimento leggero, potresti trovare qualche spunto, ma aspettati poco in termini di sostanza narrativa.
Lascia un commento qui sotto e raccontami la tua esperienza. Hai visto il film? Che impressione ti ha lasciato? Sono curioso di leggere il tuo parere e di confrontarmi con te su questo “pasto” cinematografico che, pur avendo un bel piatto da presentare, alla fine non soddisfa il palato.
La Recensione
Delicious
Delicious sfuma come un pasto appariscente ma vuoto, dove il lusso visivo maschera una narrazione banale. Una satira sociale che lascia il gusto amaro e insoddisfacente.
PRO
- Immagini di lusso e ambientazioni curatissime che colpiscono al primo sguardo
CONTRO
- Trama confusa e narrazione superficiale che non sviluppa i temi proposti
- Regia e sceneggiatura che cadono in cliché e mancano di coerenza narrativa
Film deludente, non penso di aver visto film peggiore
Effettivamente è davvero brutto Delicious
Carino al inizio crea quella curiosità che ti attira ma poi verso la metà sale la rabbia per qualcosa che nn puoi cambiare e il finale molto deludente il cannibalismo nn c’entra nulla e non sembra nemmeno ci sia un finale …non mi è piaciuto
Si vero Daniela… il finale è davvero stranissimo. Ma poi non approfondisce nulla rispetto alla setta: com’è nata, perché fanno così, risiede solo in quella zona o è presente ovunque… cioè ci sono troppe domande senza risposta in questo film. La premessa però era carina… poi si sono persi. Forse non avevano più idee. Peccato