Ho appena finito di vedere Due emisferi su Netflix e, credimi, questo film ti prende per mano e ti porta in un mondo fatto di sfide, colpi di scena e una dose enorme di determinazione. È una storia basata su fatti reali, cioè quella di una madre che, praticamente, non si arrende davanti alle avversità per dare al figlio con paralisi cerebrale una possibilità di vita migliore. E questo, amico mio, è qualcosa che non puoi non apprezzare.
Una nascita difficile e il peso della colpa
Il film si apre in modo quasi surreale: Barbara (interpretata da Barbara Mori) è in travaglio. Dieci minuti. Sì, dieci minuti sono l’intervallo tra le sue contrazioni, tipo un metronomo che scandisce l’ansia e la tensione di quel momento. Lei e il suo compagno Andres (interpretato da Juan Pablo Medina) si dirigono all’ER, dove vengono trattati con quella burocrazia tipica degli ospedali. Ti immagini la scena? Gli dicono: “Tornate a casa e fate ritorno quando i minuti saranno diminuiti”, e poi, bam! Le acque si rompono. La scena del parto è quella classica sequenza “push-breathe-PUSH”, ma subito dopo scende l’oscurità.
Barbara si risveglia e apprende una notizia straziante: il neonato, Lucca, è in incubatore, in coma indotto e con un gonfiore cerebrale terribile. Con una voce fuori campo in stile diario, Barbara rivela che il piccolo ha subito danni cerebrali irreversibili e che, in teoria, potrebbe non essere mai in grado di riconoscere la madre. Wow! Un inizio davvero tosto, che ti colpisce subito al cuore.
Un percorso fatto di sacrifici e scelte impossibili
Dopo alcuni anni, la situazione familiare si complica ulteriormente. Lucca, il figlio che ha dato il via a tutta questa odissea, ora ha un fratellino, Bruno (interpretato da Samuel Perez). Barbara scrive per una rivista, mentre Andres è a corto di lavoro e passa le giornate a cercare qualcosa, tipo un lavoro che lo renda meno frustrato. La famiglia è immersa in una routine che, praticamente, è una corsa continua: terapie, drop-off dei bambini alla scuola, e persino i momenti più intimi, come il bagno, diventano eventi organizzati alla perfezione. Barbara si ritrova a dover indossare il costume da bagno e tuffarsi insieme a Lucca, mentre la famiglia finisce per addormentarsi stancata, tutti insieme, a crearsi un angolo di conforto tra le coperte. È una scena che ti fa riflettere: la madre non dimentica mai quel momento in cui, durante il parto, non riuscì a spingere ancora una volta, e si sente responsabile, come se il destino l’avesse tradita. E ti dico: questo senso di colpa è palpabile, ma è anche una dimostrazione della forza di una madre che lotta contro ogni probabilità.
Lucca, purtroppo, ha frequenti crisi epilettiche, e la famiglia si ritrova costantemente a fare visite in ospedale. Barbara passa notti intere in una sedia accanto al letto di Lucca, e il peso della responsabilità e della disperazione è quasi tangibile. Ma poi, come se il destino volesse farti capire che non tutto è perduto, durante un’intervista per un articolo, Barbara incontra qualcuno che le parla di un medico in India. Questo dottore sta sviluppando un trattamento sperimentale, progettato per stimolare le cellule cerebrali – un trattamento che ha già dimostrato di ridurre tumori e ristabilire connessioni tra cellule danneggiate, ma che non ha ancora ottenuto l’approvazione delle autorità. Barbara si aggrappa a questa notizia come a un’ancora di salvezza, anche se Andres resta scettico. Ti dico, è una situazione quasi surreale: affidarsi a degli sconosciuti, volare a migliaia di chilometri per una sperimentazione, e mettere in gioco tutto il patrimonio familiare, cioè la casa, per poter accedere a questo trattamento. Ma quando sei disperato, ogni speranza, per quanto remota, diventa una via d’uscita.
Un’esperienza visiva che scuote e commuove
Dal punto di vista tecnico, Due emisferi non è una produzione impeccabile, ma ha dei tratti che la rendono notevole. La regia di questo film è decisa, con inquadrature studiate che catturano la cruda realtà di una famiglia lacerata dalla sofferenza e dalla speranza. Il montaggio è dinamico, alternando scene lente e cariche di emozione a momenti di azione quasi documentaristici, tipo quelle in cui vedi Barbara correre contro il tempo per organizzare ogni dettaglio della vita quotidiana. E poi c’è la fotografia: ogni inquadratura, dalla luce soffusa degli ospedali alle tonalità più vivide dei momenti in famiglia, ti trasporta in un mondo fatto di contrasti forti.
Barbara Mori è, senza dubbio, il fulcro emotivo del film. La sua performance è intensa, riuscendo a trasmettere la disperazione, la determinazione e, soprattutto, la speranza di una madre che non molla mai. La regia si appoggia molto su di lei per dare senso a una sceneggiatura che a tratti sembra troppo “scaletta TV”, cioè, pratica e senza troppi giri di parole, ma che comunque riesce a coinvolgerti. Juan Pablo Medina nei panni di Andres offre un’interpretazione più contenuta, quasi surreale, che ti fa capire quanto il peso di questa situazione possa schiacciare anche chi cerca di mantenere la calma.
Un momento che mi ha colpito particolarmente è quello in India, quando Lucca, dopo una crisi epilettica, viene ricoverato nuovamente. In quella scena, Barbara e Andres si confrontano in un dialogo che ti trapassa:
Barbara: “Cosa succede se muore, Andres?”
Andres: “È un pensiero che ci accompagna da quando è nato, eppure eccoci qui.”
È una battuta che, pur nella sua semplicità, cattura tutta la disperazione e la rassegnazione che permeano il film.
Due emisferi: tra speranze, contraddizioni e un finale che ti fa riflettere
Il film si inserisce in quella categoria di storie ispirazionali che, pur non essendo opere d’arte provocatorie o intrattenimenti totalmente scanzonati, riescono a toccare il cuore grazie alla loro autenticità. Due emisferi mostra il percorso di una famiglia che affronta le difficoltà con una forza incredibile, ma allo stesso tempo lascia intravedere le fragilità e le debolezze di un sistema sanitario che spesso non risponde alle necessità dei più vulnerabili.
Cioè, ti dico, è un film che strappa un sorriso, una lacrima, e forse anche un po’ di rabbia, perché ti fa vedere quanto sia difficile fare il possibile quando tutto sembra contro di te. La sceneggiatura non è sempre al massimo, e in certi punti il ritmo cala, lasciandoti con la sensazione che certi passaggi siano stati trattati in maniera troppo superficiale. Però, alla fine, il film ti insegna che non si tratta solo di cercare un trattamento miracoloso, ma di credere nella possibilità che, con determinazione e innovazione, si possano superare anche le sfide più ardue.
Il film fa anche un piccolo riferimento a come il mondo della medicina e della ricerca scientifica sia fatto di speranze e compromessi, dove i progressi vengono spesso ostacolati da burocrazie e da politiche che non sono all’altezza delle necessità umane. Cioè, ti rimane in mente quella scena in cui il dottore discute, quasi come in un corso introduttivo di filosofia, di come Dio e la scienza si intersechino, e tu pensi: “Ma dai, la vita è fatta anche di questi contrasti, e questo è ciò che rende il tutto così umano”.
Conclusioni: un film che tocca il cuore, nonostante tutto
Due emisferi è un film che, in modo diretto e senza troppi fronzoli, ti porta dentro una storia di dolore, speranza e riscatto. Non è un capolavoro perfetto – ci sono momenti in cui la sceneggiatura sembra una scaletta TV e il ritmo ne risente – ma la forza della narrazione risiede nella performance di Barbara Mori e nella sua capacità di farti sentire ogni emozione, ogni lacrima, ogni sorriso. È una storia che ti ricorda quanto la vita sia fragile e, allo stesso tempo, incredibilmente potente quando si tratta di combattere per ciò in cui credi.
Se ti piacciono i film che, pur raccontando storie difficili, lasciano una luce di speranza e un messaggio di resilienza, Due emisferi è un titolo che non puoi lasciarti sfuggire. È un inno alla determinazione, un invito a non arrendersi mai, anche quando tutto sembra perduto. E, soprattutto, è una testimonianza di quanto il coraggio e la passione possano fare la differenza, anche nelle situazioni più disperate.
E tu, cosa ne pensi di Due emisferi? Riesci a lasciarti coinvolgere dalla storia e a coglierne il messaggio, oppure le parti tecniche e la sceneggiatura ti sembrano troppo superficiali? Scrivimi un commento qui sotto e condividi le tue impressioni: il confronto è sempre un’ottima occasione per arricchire il dibattito e scoprire nuovi punti di vista su una storia che, nonostante tutto, ti tocca nel profondo.
La Recensione
Due Emisferi
Due Emisferi è un film struggente e ispiratore, che narra la lotta di una madre per dare speranza al figlio con paralisi cerebrale, sfidando burocrazia, debiti e un destino crudele.
PRO
- Storia commovente e ispiratrice
- Performance emotive potenti
- Fotografia e regia coinvolgenti
CONTRO
- Sceneggiatura a tratti superficiale