Preparati perché Netflix ha appena sfornato il documentario più assurdo dell’anno, e quando dico assurdo intendo dire che sembra il crossover impossibile tra “Narcos” e una commedia dei fratelli Coen. “Il caso Air Cocaine” (titolo originale “Cocaine Air: Smugglers”) è entrato direttamente al secondo posto della top 10 globale di Netflix per i contenuti non anglofoni, subito dopo il revenge drama sudcoreano “Mercy for None”. E se ti stai chiedendo cosa ci faccia un documentario francese su due ex piloti dell’aeronautica militare in vetta alle classifiche mondiali, beh, è proprio questa la bellezza di questa storia incredibile.
Nel 2013, Pascal Fauret e Bruno Odos, due rispettabili piloti dell’ex aeronautica francese, vengono arrestati a Punta Cana, Repubblica Dominicana, con oltre 700 chili di cocaina a bordo del jet privato che stavano pilotando. Ma la vera follia inizia dopo: una fuga epica in barca che coinvolge un deputato di estrema destra (Aymeric Chauprade), un ex assistente del Parlamento Europeo (Pierre Malinowski) e un esperto di sicurezza aeroportuale (Christophe Naudin). È come se Breaking Bad avesse fatto un figlio con Ocean’s Eleven e l’avesse cresciuto in Francia.
I registi Olivier Bouchara (direttore di Vanity Fair Francia) e Jerome Pierrat (giornalista investigativo specializzato in criminalità organizzata) hanno creato una docu-series che è viral content allo stato puro. Dal 11 giugno sta macinando milioni di visualizzazioni e ha già superato il successo di “Lords of Scam”, il precedente documentario della coppia che nel 2021 aveva raccontato la truffa del sistema europeo delle quote carbonio.
La strategia narrativa: archetipi colorati e dissonanza cognitiva
Il genius move di Bouchara e Pierrat è stato applicare una narrative structure classica a una storia completamente surreale. Come ha spiegato Bouchara a Variety: “Eravamo affascinati fin dall’inizio da quanto irreale fosse la scena dell’arresto. Quattro francesi arrestati sulla pista di Punta Cana con 700 chili di cocaina in un jet privato. È come uno spin-off di ‘Narcos’, tranne che nessuno dei quattro corrisponde al profilo“.
La character gallery è degna di un thriller politico: i due piloti che ancora sostengono di non aver mai saputo cosa contenessero le 26 valigie a bordo; la giudice francese Christine Saunier-Ruellan che ha condotto l’inchiesta da Marsiglia con determinazione feroce; l’ex presidente Nicolas Sarkozy (attualmente ai domiciliari con braccialetto elettronico per corruzione) che a un certo punto è stato sospettato di coinvolgimento; e persino Laurent Fiocconi, alias “El Mago”, l’ex chimico di Pablo Escobar.
L’analisi del fenomeno mediatico
Dal punto di vista della documentary filmmaking, “Il caso Air Cocaine” rappresenta un case study perfetto di come mixare investigative journalism e entertainment value. Pierrat, che ha lavorato anche su “Panthers” di Jack Thorne e ha scritto diversi libri sulla criminalità organizzata, porta la credibilità giornalistica, mentre Bouchara aggiunge il flair cinematografico tipico di Vanity Fair.
La production strategy è stata brillante: utilizzare fonti sia ufficiali (sistema giudiziario e polizia) che “ambienti più ombrosi”, come li definisce Bouchara. Questo dual sourcing approach ha permesso di accedere a personaggi che “sembrano usciti da un film di Soderbergh“.
Il coinvolgimento di Sarkozy: coup de théâtre documentaristico
Il momento clou della serie è l’intervista con Sarkozy, ottenuta promettendo di non caricaturarlo. L’ex presidente appare nei titoli di testa con una citazione perfetta: “Siamo diventati pazzi? Questa è la domanda che dobbiamo porci“. Il suo coinvolgimento nella vicenda deriva dal fatto che aveva utilizzato lo stesso Falcon 50 (il jet privato di Alain Afflelou che trasportava la droga) per un viaggio con Stephane Courbit, boss di Banijay.
Bouchara ha spiegato che Sarkozy sostiene di essere “vittima di una campagna giudiziaria implacabile da anni” e considera questo caso “un esempio perfetto” di quella persecuzione. È character development puro: anche i politici controversi diventano personaggi tridimensionali nel contesto narrativo giusto.
Il successo globale e l’impatto culturale
Il fatto che “Il caso Air Cocaine” stia dominando le classifiche Netflix mondiali dimostra quanto il pubblico globale sia affamato di true crime content originale e ben confezionato. La serie ha superato persino “Lords of Scam”, che già aveva stabilito Bouchara e Pierrat come maestri del documentary storytelling francese.
La key del successo è la perfect storm di elementi: crime story incredibile, cast di personaggi surreali, production value alta e timing perfetto in un momento in cui Netflix sta puntando forte sui contenuti internazionali.
Secondo te “Il caso Air Cocaine” riuscirà a mantenere la posizione in top 10 nelle prossime settimane? E cosa ne pensi del trend Netflix di puntare sempre di più sui documentari true crime internazionali? Credi che questa storia assurda meriti davvero tutto questo hype globale? Scrivimi nei commenti se hai già guardato la serie e cosa ne pensi di questo mix esplosivo tra giornalismo investigativo e intrattenimento!