Quando pensi a un dramma d’epoca su Netflix, probabilmente ti vengono in mente le solite ambientazioni britanniche o americane. Invece The New Force (titolo originale Skiftet, che significa “Il Cambiamento”) ti porta nella Svezia del 1958, raccontando una storia che meritava di essere raccontata da tempo. Disponibile su Netflix dal 3 ottobre 2025, questa serie svedese in sei episodi è il primo dramma d’epoca prodotto dalla piattaforma in Svezia.
Creata da Rojda Sekersöz e Julia Lindström, la serie si basa su eventi reali: nel 1958, il capo del distretto di Klara, Gunnar Svard, decise di condurre un esperimento assumendo per la prima volta agenti di polizia donne. Il lavoro mal pagato non attirava più candidati maschi, così decisero di rivolgersi a una forza lavoro fino ad allora ignorata. Fu un momento storico, ma all’epoca quasi nessuno prese sul serio quelle donne in uniforme.
La storia: tre donne contro un sistema
La serie si concentra su tre agenti donne: Carin (Josefin Asplund), Siv (Agnes Rase) e Ingrid (Malin Persson). Avevano temperamenti e modi diversi di affrontare i problemi, ma condividevano un forte senso di solidarietà perché sapevano bene quanto fosse difficile lavorare in un ambiente così fortemente maschilista.
Carin è ossessionata dall’idea di scoprire la verità dietro la morte misteriosa di una prostituta. Anche se le viene ordinato esplicitamente di limitarsi ai normali compiti di pattugliamento, non riesce a resistere e continua a indagare sul caso. Nel frattempo, Siv è furiosa quando scopre che i colleghi l’hanno soprannominata “Miss Svezia”. Teme di non essere presa sul serio a causa dei suoi capelli biondi e del suo aspetto attraente. Cerca in tutti i modi di far capire che il suo vero obiettivo è diventare detective, e per questo stringe amicizia con il detective Oscar Thornberg, sperando di imparare il mestiere.
Ingrid si sente completamente fuori posto durante i suoi primi giorni alla stazione di polizia. Il suo partner di pattuglia, Wallin, si rifiuta persino di rivolgerle la parola. Lei capisce che lui la considera inferiore e per questo preferisce ignorarla. Tuttavia, le cose cambiano quando Ingrid dimostra coraggio durante un’operazione di polizia. Wallin diventa una sorta di mentore per lei, ma presto scoprirà che quest’uomo nasconde un lato oscuro e pericoloso.
Il problema principale: il mistero non convince
Nei sei episodi, il mistero che Carin cerca di risolvere diventa il filo conduttore principale. All’inizio il modo in cui si sviluppa la storia sembra interessante, ma poi le troppe coincidenze rendono il caso poco credibile. Dal modo troppo facile in cui Carin riesce a entrare nel bordello agli indizi che raccoglie senza particolare difficoltà, tutto appare eccessivamente semplice. Anche se questo mistero diventa il fulcro narrativo della serie, alla fine non convince del tutto. Perfino la rivelazione finale non è abbastanza sorprendente da giustificare l’attesa.
Probabilmente, se ogni episodio si fosse concentrato su un caso diverso, la serie avrebbe mantenuto meglio il ritmo. Oppure, se l’intenzione era davvero costruire la trama principale attorno a un unico caso, allora questo doveva essere molto più avvincente e solido.
Quello che funziona davvero: i piccoli dettagli
Anche se la trama principale non lascia il segno, ciò che funziona davvero nella serie sono i piccoli dettagli concreti. Il disagio di pattugliare indossando gonne che provocavano dolorosi sfregamenti alle cosce, i tacchi alti obbligatori anche durante gli inseguimenti per le strade: ogni elemento evidenzia come le aspettative legate al genere fossero letteralmente cucite addosso alle divise.
Nonostante tutto questo, le agenti donne facevano del loro meglio per essere all’altezza dei colleghi maschi. Ma non era facile: non potevano sedersi allo stesso tavolo dei colleghi al bar, venivano sempre incolpate per ogni problema. Gli uomini della stazione si assicuravano continuamente che si sentissero ospiti indesiderate nel loro ambiente di lavoro.
La serie affronta anche questioni cruciali che hanno segnato la vita delle donne svedesi negli anni Cinquanta, come il tema dell’aborto in una società dove la procedura non era ancora legale, e il dilemma delle donne lavoratrici che troppo spesso si trovavano costrette a scegliere tra carriera e famiglia.
Il messaggio profondo
Anche se il mistero sulla morte della prostituta non è particolarmente coinvolgente, il messaggio a cui arriva la serie nel finale rende comunque la visione meritevole. La serie chiarisce che per le agenti donne il lavoro non consisteva solo nell’arrestare i colpevoli: stavano affrontando un sistema profondamente patriarcale, e ogni piccolo cambiamento che tentavano di ottenere aveva sempre un costo personale altissimo.
Visivamente sperimentale
Dal punto di vista visivo, The New Force dimostra una vena sperimentale. I brevi segmenti di filmati d’epoca aggiungono una texture interessante; la giustapposizione di musica contemporanea con montaggi veloci è anche un modo divertente e originale per passare da una scena all’altra.
Le performance: un cast all’altezza
La performance complessiva del cast è impressionante. Josefin Asplund, nei panni dell’agente dagli occhi azzurri Carin Eriksson, porta una grande profondità al personaggio. Interpreta perfettamente l’impulsività di Carin, le sue forti emozioni e la passione per il lavoro.
Siv Morell è un personaggio complesso, e Agnes Rase la interpreta in modo davvero convincente. Ci sono momenti in cui vorresti fare il tifo per Siv, specialmente quando cerchi di capire la sua urgenza nel dimostrare ai genitori e alla famiglia che sta facendo bene nella vita. Ma poi emerge il suo lato geloso e ambizioso, che ti fa chiedere fino a che punto sarebbe disposta ad arrivare pur di raggiungere i suoi obiettivi.
Malin Persson, nei panni della razionale e riflessiva Ingrid Gustafsson, offre una performance molto convincente. Il suo personaggio è diviso tra la voglia di fare la cosa giusta e la paura di esprimere apertamente la propria opinione. È confortante vedere come Ingrid riesca a superare le sue paure e ad affrontare con intelligenza le situazioni difficili in cui si trova.
La promessa di una seconda stagione
The New Force lascia aperte molte possibilità per una seconda stagione, che probabilmente sarà anche migliore della prima. I sei episodi possono essere considerati una buona introduzione al mondo di Carin, Siv e Ingrid, ma la serie ha bisogno di trovare un caso più solido e coinvolgente per mantenere vivo l’interesse del pubblico.
In alternativa, se l’intenzione è concentrarsi principalmente sul dramma personale delle protagoniste, allora questo aspetto dovrebbe essere abbastanza forte da tenere gli spettatori incollati allo schermo, senza dover ricorrere a un caso investigativo per creare suspense artificiale. I personaggi sono già abbastanza interessanti da poter portare avanti la storia da soli, e concentrarsi esclusivamente sulle loro vite e sulle loro scelte potrebbe funzionare anche meglio.
Il verdetto: imperfetto ma importante
The New Force non è perfetto. Il mistero centrale è debole, le coincidenze sono troppe e la risoluzione finale delude. Ma è una serie che merita di essere vista per i suoi piccoli dettagli carichi di significato: le gonne che provocano sfregamenti dolorosi, i tacchi alti obbligatori durante gli inseguimenti, gli sguardi sprezzanti dei colleghi maschi, le battaglie quotidiane per essere prese sul serio.
È una serie che ti ricorda come il progresso non sia mai un percorso lineare, che ogni piccolo passo avanti costa fatica e sacrificio. E che dietro ogni diritto che oggi diamo per scontato, ci sono state donne che hanno dovuto lottare duramente per ottenerlo, spesso pagando un prezzo personale molto alto.
Se apprezzi i drammi d’epoca che raccontano storie dimenticate, se ti interessano le lotte per l’uguaglianza di genere, e se riesci a perdonare una trama investigativa non proprio brillante in favore di un ritratto storico importante, allora The New Force merita la tua attenzione.
La Recensione
The New Force
The New Force (Skiftet) è il primo dramma d'epoca svedese prodotto da Netflix, disponibile dal 3 ottobre 2025 in sei episodi. Creata da Rojda Sekersöz e Julia Lindström, la serie è ambientata nel 1958 e segue le prime tre agenti di polizia donne della Svezia - Carin (Josefin Asplund), Siv (Agnes Rase) e Ingrid (Malin Persson) - assegnate al distretto di Klara a Stoccolma. Basata su eventi reali, esplora le sfide quotidiane affrontate dalle donne in un ambiente di lavoro estremamente sessista. Il punto debole principale è il mistero centrale poco convincente sulla morte di una prostituta, ma i punti di forza sono i dettagli significativi che mostrano le difficoltà concrete (gonne scomode, tacchi alti, pregiudizi dei colleghi) e il messaggio sul sistema patriarcale che le donne dovevano affrontare.
PRO
- Le performance del cast sono buone con Josefin Asplund Agnes Rase e Malin Persson che portano profondità ai loro personaggi
- I piccoli dettagli significativi come le gonne che causano sfregamenti e i tacchi alti mostrano concretamente le difficoltà delle donne
- Il messaggio sul sistema patriarcale e sul prezzo del progresso è potente e ancora attuale
CONTRO
- Il mistero centrale sulla morte della prostituta è poco convincente con troppe coincidenze che lo rendono difficile da credere
- La risoluzione finale del caso non è abbastanza scioccante da valere l'attesa di sei episodi
- La trama investigativa prende il sopravvento quando invece, la serie, dovrebbe concentrarsi maggiormente sul dramma delle protagoniste




