Ehi tu, fan delle distopie tecnologiche e delle paranoia digitali! Cosa sta succedendo a Black Mirror? La serie che un tempo ci terrorizzava con visioni inquietantemente profetiche sembra aver perso il suo tocco magico. La settima stagione è appena approdata su Netflix e, diciamocelo, sembra proprio che Charlie Brooker abbia esaurito le cartucce migliori. Ma attenzione: in questo mare di mediocrità narrativa, c’è un episodio che brilla… almeno fino agli ultimi cinque minuti! Sto parlando di “Bête Noire”, diretto da Toby Haynes, un episodio che costruisce magistralmente un castello di tensione paranoica per poi demolirlo con un finale talmente assurdo da farti rimpiangere il tempo investito nella visione.
La struttura narrativa dell’episodio parte con una premessa intrigante: Maria (interpretata da Siena Kelly) è un’executive di sviluppo in un’azienda di cioccolato, famosa per le sue creazioni audaci (miso jam chocolate? Sul serio?). La sua vita apparentemente perfetta viene stravolta quando Verity (Rosy McEwen), una vecchia compagna di scuola nerd bullizzata proprio da Maria, riappare misteriosamente durante un panel di degustazione. Da qui, l’episodio imbastisce una progressione drammatica degna delle migliori stagioni di Black Mirror: piccoli dettagli del mondo iniziano a cambiare, negozi cambiano nome, ingredienti si trasformano nelle email, e la percezione della realtà di Maria inizia a sgretolarsi, creando quella sensazione di straniamento cognitivo che è sempre stata il marchio di fabbrica della serie.
L’arco narrativo di “Bête Noire” esplora brillantemente il tema della crudeltà adolescenziale e delle sue conseguenze a lungo termine, mescolando elementi di realismo psicologico con la tipica speculazione tecnologica della serie. Tutto funziona alla perfezione, con una tensione crescente che ti tiene incollato allo schermo mentre cerchi di capire se Maria è pazza o se Verity è realmente la manipolatrice malvagia che sembra essere. E poi… arriva quel finale. Quel maledetto finale che distrugge tutto.
Il finale che rovina tutto: un’analisi critica
Il climax dell’episodio rivela che Verity ha effettivamente imparato a manipolare la realtà (ovviamente!) e sta usando questo potere per vendicarsi dei suoi bulli del liceo. Fin qui, tutto coerente con il DNA narrativo di Black Mirror. Ma ecco il colpo di scena: Maria spara a Verity e usa il dispositivo di manipolazione della realtà per diventare… “l’imperatrice dell’universo”. Non sto scherzando! Vediamo Maria seduta su un trono cosmico, con migliaia di adoratori inginocchiati ai suoi piedi, il tutto realizzato con effetti speciali che sembrano usciti da un videogioco del 2005.
Questo epilogo non solo è tonalmente dissonante rispetto al resto dell’episodio, ma annulla completamente il potenziale tematico che la storia aveva costruito fino a quel momento. La narrazione abbandona ogni pretesa di esplorazione della responsabilità personale o delle conseguenze del bullismo per abbracciare un finale assurdamente megalomane che non offre alcuno spunto di riflessione.
Gli elementi tecnici: un’opportunità sprecata
Dal punto di vista della messa in scena, “Bête Noire” utilizza brillantemente l’effetto Mandela (quella sensazione inquietante di ricordare eventi o dettagli che in realtà non sono mai esistiti) come dispositivo narrativo per far dubitare lo spettatore della sanità mentale della protagonista. La fotografia dell’episodio gioca sapientemente con le tonalità, diventando progressivamente più fredda e sterile man mano che la realtà di Maria viene alterata.
Anche il sound design contribuisce efficacemente alla creazione dell’atmosfera paranoica, con suoni di ambiente che cambiano sottilmente nelle scene in cui la realtà viene manipolata. Questi elementi tecnici costruiscono un’esperienza visiva e sonora coinvolgente che rende ancora più frustrante il finale deludente.
La crisi creativa di Black Mirror: un’analisi più ampia
“Bête Noire” è emblematico di un problema più ampio che affligge la settima stagione di Black Mirror: la stanchezza creativa. La serie che un tempo era all’avanguardia nella narrazione speculativa sembra ora inseguire formule già viste, incapace di reinventare il suo approccio al genere. Le prime stagioni di Black Mirror offrivano spunti di riflessione profondamente inquietanti che rimanevano con lo spettatore ben oltre i titoli di coda. Gli episodi più recenti, invece, sembrano accontentarsi di premesse intriganti senza lo sviluppo concettuale necessario per renderle memorabili.
Ciò che rende particolarmente deludente “Bête Noire” è che possiede tutti gli ingredienti per essere un grande episodio: una premessa solida, personaggi ben caratterizzati, temi profondi sulla natura della percezione e della memoria. Ma la scelta narrativa di concludere con un colpo di scena così banale e fuori luogo tradisce non solo le aspettative del pubblico, ma anche il potenziale dell’episodio stesso.
E tu, hai già visto la settima stagione di Black Mirror? Cosa ne pensi di “Bête Noire” e del suo controverso finale? Credi che la serie abbia ancora la capacità di sorprenderci o ha definitivamente perso la sua magia? Condividi le tue opinioni nei commenti, siamo curiosissimi di sapere se la tua reazione è stata simile alla nostra o se hai trovato qualcosa di redimente in quel finale che a noi è sembrato così fuori luogo!