Cari cinefili di Wonder Channel, preparatevi a un dietro le quinte più intricato di un film dei fratelli Coen. Emilia Pérez, il musical transnazionale di Jacques Audiard che ha stravinto ai Golden Globe e fatto incetta di nomination Oscar (ben 13, record per un film non in inglese), è oggi al centro di una tempesta perfetta: Karla Sofía Gascón, la prima attrice transgender nominata come Miglior Protagonista, è accusata di tweet razzisti e islamofobici. E Netflix, che sognava di portare a casa la statuetta per il Miglior Film, ora gioca in difesa. Ma cosa resta del kolossal che ha incantato Cannes? Scopriamolo, tra colpi di scena e pop-corn.
Emilia Pérez: da capolavoro progressista a caso studio del caos
Partiamo dai numeri: 13 nomination Oscar, 4 Golden Globe, 12 César e una standing ovation al festival di Cannes. Emilia Pérez — storia di un narcotrafficante messicano che finge la morte per vivere come donna — sembrava il manifesto del cinema inclusivo. Con Zoe Saldaña nel ruolo della moglie tradita e Selena Gomez in quello dell’avvocatessa spietata, il film mescola musical, crime drama e tematiche LGBTQ+ in un cocktail che ha conquistato critica e premi.
Ma il vero colpo di genio è stato il casting di Karla Sofía Gascón, attrice transgender spagnola che interpreta sia il boss Manitas sia Emilia, la donna che emerge dopo la transizione. Audiard l’ha scelta per la sua capacità di ibridare mascolinità e femminilità, con un’interpretazione che ha richiesto mesi di studio dello spagnolo messicano e lezioni di canto. Peccato che, come dice il proverbio, “il diavolo si nasconde nei tweet”.
La bomba social: i tweet che hanno fatto saltare il banco
Tutto inizia il 30 gennaio 2025, quando la giornalista Sarah Hagi svela su X una serie di post datati 2016-2021 in cui Gascón definisce l’Islam “un’infezione per l’umanità”, deride le donne in burqa e sminuisce la morte di George Floyd, definendolo “un tossicodipendente”. Il web esplode: come può un’icona transgender, simbolo di una pellicola “progressista”, aver scritto quelle parole?
La risposta di Gascón è un apologo tra il pentito e il vittimista: “Quei tweet erano un diario personale, non mi rappresentano più”, dichiara a CNN Español, aggiungendo di sentirsi “crocifissa senza processo”. Intanto, Netflix corre ai ripari: cancella la sua immagine dalle campagne FYC, annulla i suoi voli per Los Angeles e punta tutto su Zoe Saldaña, candidata come Miglior Attrice Non Protagonista.
Netflix vs Cancel Culture: la strategia del salvataggio
Qui entra in gioco il manualaccio del damage control hollywoodiano:
- Silenzio stampa: Netflix blocca ogni comunicazione diretta con Gascón, lasciandola sola nella sua “apologia fai-da-te” su Instagram.
- Pivot sulle co-star: Selena Gomez e Zoe Saldaña diventano le nuove ambasciatrici del film. Quest’ultima, durante un Q&A a Londra, condanna i tweet con un “mi rattrista, non tollero discorsi d’odio”.
- Focus sulle categorie tecniche: Il team di campagne spinge su Miglior Canzone Originale (El Mal) e Miglior Film Internazionale, sperando che i votanti separino l’opera dall’artista.
Ma non basta. Perché il film ha un altro tallone d’Achille: Jacques Audiard. Il regista francese, già criticato per la rappresentazione “eurocentrica” del Messico, finisce sui trend per una dichiarazione infelice: “Lo spagnolo è una lingua di paesi poveri”. Ouch.
Oscar 2025: quali statuette può ancora vincere Emilia Pérez?
Fino a due settimane fa, Emilia Pérez era il frontrunner per Miglior Film e Miglior Attrice. Oggi, le previsioni sono ribaltate. Ecco le categorie ancora in gioco:
- Miglior Attrice Non Protagonista (Zoe Saldaña) : La performance della Saldaña come moglie vendicativa è l’unica ancora al sicuro, grazie al suo status di star rispettata e al mea culpa pubblico sui tweet.
- Miglior Canzone Originale (El Mal) : Il brano è un banger latino che mixa mariachi e synth-pop, perfetto per una serata Oscar che cerca emozioni viral.
- Miglior Film Internazionale : Qui la concorrenza si fa agguerrita. Je suis toujours là, dramma brasiliano sulla dittatura militare, sta crescendo nei sondaggi come alternativa “politicamente corretta”.
Tutte le altre nomination — dalla Fotografia al Montaggio — rischiano di essere travolte dallo scandalo. Persino la Miglior Colonna Sonora, inizialmente data per favorita, vacilla dopo le critiche all’“inautenticità culturale” della musica.
Il paradosso dell’Oscar progressista: quando l’inclusività si autodivora
La vicenda di Emilia Pérez solleva una domanda scomoda: può un film celebrare le minoranze se il suo creatore le ha insultate? La risposta di Hollywood, finora, è stata un ambiguo “dipende”. Nel 2019, Green Book vinse nonostante le polemiche sul white savior complex 8. Ma qui il caso è diverso: Gascón non è un regista overrated, ma una pioniera transgender il cui successo avrebbe segnato un passo storico.
Eppure, come nota il critico di Vox, “il progressismo di Emilia Pérez è una finzione: il film è diretto da un francese, interpretato da una spagnola e ambientato in un Messico da cartolina”. Una operazione di pinkwashing che il pubblico ha smascherato, preferendo storie autentiche come Je suis toujours là, dove Fernanda Torres (in lizza per la Miglior Attrice) interpreta una dissidente brasiliana.
E tu, cosa ne pensi? Il dibattito è aperto!
La domanda ora è: voteresti per un film ostaggio delle polemiche? E soprattutto: è giusto cancelare un’artista per errori passati, anche se ha fatto storia? Scrivilo nei commenti e tagga chi vuoi coinvolgere nel dibattito.