Ehi tu! Sì, proprio tu che stai scrollando disperatamente Netflix in cerca di qualcosa che non sia il solito thriller mediocre. Fermati immediatamente, perché “Glaskupan – La cupola di vetro” è esattamente ciò che stai cercando. E se hai apprezzato “True Detective”, “Dark” o qualsiasi altra serie dove i traumi del passato tornano a tormentare il presente, allora preparati a cancellare tutti i tuoi impegni per le prossime sei ore.
Un incubo in una scatola di vetro
La serie ci presenta Lejla Ness (Léonie Vincent), una criminologa che vive in stretto contatto con il padre adottivo Valter (Johan Hedenberg) in un remoto villaggio svedese chiamato Granås. Ma Lejla non è una criminologa qualunque: da bambina è stata rapita e rinchiusa in una gabbia di vetro per settimane, con il suo unico contatto rappresentato da una figura misteriosa di cui non ha mai visto il volto.
Fortunatamente, la piccola Lejla è riuscita a fuggire, ma i dettagli dell’orrore vissuto rimangono frammentati sia per lei che per noi spettatori. Anni dopo, la donna ha trasformato questa esperienza traumatica e i suoi istinti quasi “lupeschi” nella sua vocazione professionale.
Un presente che riecheggia il passato
La narrazione di “Glaskupan” si muove con maestria tra presente e passato, con flashback intensi e rivelatori che costruiscono gradualmente il puzzle. Gli eventi attuali iniziano poco dopo un lutto nella famiglia di Lejla e, in seguito a un servizio commemorativo carico di dettagli sospetti, una bambina scompare in circostanze inquietantemente simili a quelle che Lejla ha vissuto anni prima.
Si tratta dello stesso rapitore che ritorna dopo tanto tempo? È un imitatore? O sono eventi completamente scollegati? L’ultima opzione sembra altamente improbabile in un mondo di serie TV, ma ehi, non ti spoilerò nulla!
La bambina scomparsa è Alicia (Minoo Andacheh), figlia dell’amica di Lejla, Louise (Gina-Lee Fahlén Ronander). Con l’aiuto di Valter e delle forze dell’ordine locali, Lejla è costretta a confrontarsi con il trauma che minaccia di definire completamente la sua vita (alcuni abitanti la chiamano ancora “la ragazza nella scatola” nonostante sia ormai adulta), poiché certamente ha le migliori possibilità di risolvere questa nuova sparizione.
Un villaggio di sospetti e segreti
Uno degli aspetti più riusciti della serie è la creazione di un senso del luogo incredibilmente vivido. Grazie a una fotografia fredda e minacciosa ma anche dinamica, veniamo catapultati in una rete di relazioni di paese intrecciate, tutte incredibilmente credibili nei loro bagagli emotivi.
Tra i volti più affascinanti (e, data la natura di questo genere, tra i sospettati) ci sono gli agenti di polizia locali, guidati dall’intenso e spesso ostile Tomas (Johan Rheborg). Ne risulta un procedurale strettamente connesso con una buona dose di false piste e colpi di scena che ti faranno gridare “LO SAPEVO!” e poi “ASPETTA, NON ERA COME PENSAVO!” nel giro di pochi minuti.
Il trauma come protagonista invisibile
“Glaskupan” funziona tanto come thriller quanto come dramma psicologico. Molti dei momenti più avvincenti riguardano le lotte della protagonista con il suo passato irrisolto e un presente pieno di perdite e manipolazioni psicologiche.
Lejla è tormentata dall’impatto psicologico del passato e dalla natura irrisolta del suo calvario. Sposta il cibo nel piatto ad ogni pasto, è in costante movimento. L’attrice, che abbiamo visto in serie come “Faithless” e “Springfloden”, offre un’interpretazione sobria ma completamente magnetica, che ti dà l’impressione di una persona con fuochi d’artificio che esplodono costantemente nella sua testa.
Un whodunit che non delude
Senza fare spoiler, la trama funziona e scorre piuttosto bene dall’inizio alla fine. Le fasi finali, tuttavia, chiedono forse un po’ troppo al pubblico. Non sarebbe preciso definire qualcosa di palesemente artificioso qui, ma vale la pena notare che la serie inizia più forte di come finisce.
È tuttavia ben recitata in tutto il cast; ogni personaggio principale qui è sviluppato in modo soddisfacente entro la fine del finale. Ma è Vincent a brillare veramente, in un ruolo da protagonista sobrio ma completamente avvincente. La serie è sicuramente un thriller, ma è altrettanto facilmente classificabile come un dramma psicologico.
Perché merita il tuo tempo
“Glaskupan – La cupola di vetro” è efficace in ciò che si prefigge di fare: tiene incollato lo spettatore per tutti i sei episodi, offre colpi di scena genuini e personaggi ben sviluppati. È come se “Il silenzio degli innocenti” incontrasse “Dark”, con un tocco nordico inconfondibile che aggiunge profondità all’atmosfera già inquietante.
La serie potrebbe essere stata ancora più memorabile se avessimo avuto più tempo con Lejla. Questo progetto porta certamente a termine il suo compito come whodunit, ma è più accattivante come studio di un personaggio; è più avvincente quando siamo nella testa di Lejla.
Il verdetto finale
“Glaskupan – La cupola di vetro” è un thriller teso e altamente “binge-watchabile” sui rapimenti, con un’interpretazione che fa girare la testa da parte di Léonie Vincent. Se ami i thriller psicologici con una forte componente di dramma personale, questa serie fa assolutamente per te.
Con la sua ambientazione nordica gelida, i suoi personaggi tormentati e un mistero che si dipana come un gomitolo di lana in mano a un gatto dispettoso, “Glaskupan” merita sicuramente le sei ore che impiegherai a divorarla avidamente.
E tu, hai già visto questa nuova gemma Netflix? Pensi che i thriller nordici abbiano quel qualcosa in più rispetto ai loro cugini americani? Condividi le tue opinioni nei commenti e raccontaci quale colpo di scena ti ha sorpreso di più (ma attenzione agli spoiler per chi non l’ha ancora vista)!
La Recensione
Glaskupan - La cupola di vetro
La nuova miniserie svedese Netflix "Glaskupan - La cupola di vetro", creata dalla scrittrice di crime Camilla Läckberg, è un avvincente thriller psicologico in sei episodi che ti catturerà dal primo all'ultimo minuto. Con una protagonista tormentata, un'ambientazione gelida e inquietante, e un mistero che si intreccia tra passato e presente, questa serie offre sia un enigma intricato che un potente studio sul trauma e i suoi effetti intergenerazionali. Una visione coinvolgente che merita il tuo tempo, soprattutto se ami i thriller come "Il silenzio degli innocenti" e "Prisoners".
PRO
- L'interpretazione magnetica di Léonie Vincent
- Colpi di scena imprevedibili e red herrings ben posizionati
- Un'immersione in un villaggio svedese pieno di segreti e tensioni
CONTRO
- Potresti trovare alcune svolte narrative un po' forzate