Cari cinefili di Wonder Channel, tenetevi forte alla poltrona perché gli Oscar stanno finalmente evolvendo! Dopo decenni di immobilismo, l’Academy ha annunciato l’aggiunta di due nuove categorie che faranno la gioia di fan e addetti ai lavori: il Premio per il Miglior Casting (che arriverà già alla 98ª edizione nel 2026) e quello per il Miglior Stunt Design (che debutterà in occasione del centenario della cerimonia, alla 100ª edizione del 2028). Una rivoluzione che arriva dopo anni di campagne, petizioni e pressioni da parte di artisti, filmmaker, star e persino noi poveri mortali del pubblico. Per capirci, l’ultima volta che l’Academy aveva aggiunto una nuova categoria era stato nel lontanissimo 2001, con l’introduzione del premio per il Miglior Film d’Animazione. Una vera e propria era glaciale premiativa finalmente terminata!
Ma perché fermarsi qui? Se l’Academy sta finalmente ascoltando le richieste di chi il cinema lo fa e lo ama, perché non spingersi oltre? Questo è esattamente ciò che si sono chiesti i nostri colleghi di IndieWire, che hanno stilato una lista di potenziali nuove categorie che la cerimonia più importante del cinema mondiale potrebbe (e dovrebbe) aggiungere in futuro. Ed è una raccolta di proposte così sensata che ci chiediamo come mai nessuno le abbia implementate prima!
Dal recupero di vecchie glorie come il premio per i giovani attori, a riconoscimenti tecnologici ormai imprescindibili come il motion capture, passando per categorie che riconoscano finalmente arti troppo spesso ignorate come la supervisione musicale e le performance vocali, l’elenco tocca praticamente ogni aspetto dell’arte cinematografica che l’Academy ha colpevolmente ignorato per decenni. E, sorprendentemente, include anche un premio che nessuno aveva mai considerato seriamente, ma che potrebbe rivoluzionare il modo stesso in cui pensiamo alla settima arte nel mondo moderno.
Ti sembra esagerato? Forse, ma quando scoprirai di cosa stiamo parlando, potresti trovarti d’accordo con noi. E comunque, se l’Academy è pronta a premiare finalmente i casting director dopo decenni di richieste, forse non è così folle pensare che queste altre categorie possano un giorno varcare la soglia del Dolby Theatre. Ecco le sette proposte più intriganti per il futuro degli Academy Awards.
Miglior cast d’ensemble: la soluzione al problema “Parasite”
Quante volte ti è capitato di vedere un film in cui ogni singolo attore brilla, ma nessuno viene nominato agli Oscar? Il caso più eclatante è stato sicuramente quello di “Parasite” di Bong Joon Ho, film che nel 2020 ha letteralmente dominato la cerimonia portandosi a casa i premi per Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura Originale e Miglior Film Internazionale. Eppure, nonostante questi trionfi, nemmeno un singolo membro del suo eccezionale cast ricevette una nomination nelle categorie attoriali. Un’anomalia che fece discutere e che evidenziò un vuoto evidente nel sistema di premiazione.
La soluzione? Semplice: “rubare” ai SAG Awards la loro categoria più iconica, il premio per il Miglior Cast d’Ensemble. I SAG, molto più saggiamente, premiarono l’intero gruppo di interpreti di “Parasite” (Cho Yeo-jeong, Choi Woo-shik, Jang Hye-jin, Jung Hyun-joon, Jung Ziso, Lee Jung-eun, Lee Sun-kyun, Park Myung-hoon, Park So-dam e Song Kang-ho), riconoscendo la sinergia collettiva che aveva reso quella pellicola un capolavoro.
Questa categoria permetterebbe di celebrare quei film in cui la magia nasce proprio dalla chimica tra interpreti e dall’equilibrio perfetto tra diversi personaggi, senza dover necessariamente identificare una singola performance come superiore alle altre. Pensate a film come “The Grand Budapest Hotel”, “Everything Everywhere All at Once” o “Oppenheimer”, in cui la forza dell’opera risiede proprio nella coralità e nell’armonia tra diverse interpretazioni.
Miglior giovane attore o attrice: riportare in vita una tradizione dimenticata
Quanti bambini e adolescenti straordinari abbiamo visto sul grande schermo negli ultimi anni? Da Brooklynn Prince in “The Florida Project” a Jacob Tremblay in “Room”, da Abraham Attah in “Beasts of No Nation” a Elsie Fisher in “Eighth Grade”, fino a Frankie Corio in “Aftersun” ed Elliot Heffernan in “Blitz”. Interpreti giovanissimi capaci di performance che lasciano senza fiato, ma che raramente riescono a farsi strada nelle nomination degli Oscar.
Eppure, l’Academy in passato aveva una soluzione a questo problema: l’Academy Juvenile Award, un Oscar speciale che tra il 1935 e il 1961 venne assegnato 12 volte a giovani interpreti come Shirley Temple, Mickey Rooney e persino Judy Garland (che ricevette questo premio onorario per “Babes in Arms” e “Il mago di Oz” – l’unico Oscar della sua straordinaria carriera). Successivamente, due attori under 18 riuscirono comunque a conquistare statuette “regolari”: Tatum O’Neal nel 1973 per “Paper Moon” e Anna Paquin nel 1993 per “Lezioni di piano”.
Ripristinare una categoria dedicata ai giovani talenti permetterebbe di valorizzare interpretazioni eccezionali senza costringere ragazzi e bambini a competere con attori adulti dalla carriera consolidata. Sarebbe anche un modo per rendere la cerimonia più inclusiva e meno ingessata, celebrando il talento in tutte le sue forme e a tutte le età.
Miglior interpretazione vocale: quando la voce vale più di mille immagini
Ti ricordi di Scarlett Johansson in “Her” di Spike Jonze? Una delle interpretazioni più toccanti e complesse del 2013, in cui l’attrice dà vita a un’intelligenza artificiale capace di emozioni profondamente umane, il tutto senza mai apparire fisicamente sullo schermo. Nonostante la straordinarietà di questa performance, Johansson fu quasi completamente ignorata durante la stagione dei premi, ottenendo solamente una nomination come Miglior Attrice Non Protagonista ai Critics’ Choice Awards.
Il motivo? Un pregiudizio ancora radicato contro le performance vocali, considerate in qualche modo “inferiori” rispetto a quelle fisiche. Eppure, dare vita a un personaggio utilizzando esclusivamente la voce richiede una maestria e una sensibilità spesso superiori a quelle necessarie per un’interpretazione tradizionale. Pensate a Robert Pattinson nel doppiaggio inglese de “Il ragazzo e l’airone”, dove ha trasformato la sua voce in uno stridio irriconoscibile per interpretare lo spirito aviario, o ai lavori indimenticabili di Robin Williams come il Genio in “Aladdin” e di Eartha Kitt come Yzma ne “Le follie dell’imperatore”.
Una categoria dedicata alle interpretazioni vocali non sarebbe un “premio di consolazione”, ma il riconoscimento di una forma d’arte distinta e altrettanto impegnativa, che richiede capacità uniche e una comprensione profonda di come trasmettere emozioni complesse senza l’ausilio della gestualità o dell’espressività facciale.
Miglior coreografia: quando i corpi raccontano storie
Con il ritorno in auge dei film musicali, è arrivato il momento di riconoscere ufficialmente il lavoro fondamentale dei coreografi. Del resto, non è forse vero che il premio per i Migliori Effetti Visivi va principalmente ai film d’azione, o quello per i Migliori Costumi ai period piece? La divisione per generi è già parte integrante degli Oscar, quindi perché non estenderla anche alla danza?
Dai numeri musicali di “La La Land” alle sequenze di ballo di “West Side Story”, fino all’ormai leggendaria “Naatu Naatu” di “RRR” (che ha vinto l’Oscar per la Miglior Canzone Originale tanto per la melodia quanto per la sua incredibile coreografia), il cinema contemporaneo è pieno di sequenze di danza che meriterebbero un riconoscimento specifico. E non mancano i precedenti: tra il 1935 e il 1937 esisteva un Oscar per la Miglior Direzione della Danza, e nel corso degli anni sono stati assegnati diversi Oscar onorari per contributi alla coreografia cinematografica. Persino gli Emmy Awards hanno una categoria dedicata!
Miglior interpretazione in motion capture: da Jar Jar Binks a Caesar
La storia del motion capture iniziò nel modo più infelice possibile: con il personaggio di Jar Jar Binks in “Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma”, interpretato da Ahmed Best e ingiustamente ridicolizzato. Ma appena tre anni dopo, la percezione di questa tecnologia cambiò radicalmente grazie alla straordinaria interpretazione di Andy Serkis nei panni di Gollum/Smeagol ne “Il Signore degli Anelli: Le due torri”. Una performance talmente ricca di profondità psicologica da scatenare già allora discussioni sull’opportunità di una nomination all’Oscar.
Da allora, Serkis ha continuato a perfezionare l’arte del motion capture con interpretazioni memorabili come quella di King Kong nell’omonimo film e di Caesar nella trilogia de “Il pianeta delle scimmie”, estraendo gradi sempre maggiori di emotività e sentimento da personaggi creati attraverso una collaborazione simbiotica tra attore e animatori digitali. Ed è proprio per questo che un eventuale Oscar per la Miglior Interpretazione in Motion Capture dovrebbe essere assegnato congiuntamente all’attore e all’artista digitale principale che insieme danno vita al personaggio.
Con l’evoluzione della tecnologia e l’aumento di produzioni che utilizzano queste tecniche, dalle ultime iterazioni de “Il pianeta delle scimmie” a film come “Avatar”, è ormai chiaro che queste interpretazioni ibride meritano una categoria propria che ne celebri la complessità tecnica e artistica.
Miglior supervisione musicale: l’arte del needle drop perfetto
Se i Grammy hanno evoluto il loro sistema per riconoscere i musicisti specializzati nel sampling, perché gli Oscar non dovrebbero fare lo stesso con i film che brillano non per la colonna sonora originale, ma per la selezione musicale che li caratterizza? Creare il needle drop perfetto (quel momento in cui una canzone preesistente viene inserita in una scena) è un’arte delicata che richiede una profonda comprensione sia della narrazione cinematografica che della storia musicale.
I supervisori musicali sono professionisti altamente specializzati che si occupano di selezionare e ottenere le licenze per i brani, agendo come veri e propri curatori sonori che plasmano l’identità acustica di un film. Non a caso, molti dei migliori sono DJ nel tempo libero. Anche in questo caso, esiste già un precedente: l’Academy of Television Arts & Sciences ha istituito un Emmy per la Supervisione Musicale nel 2017, e il responsabile del ritorno di “Running Up That Hill” di Kate Bush nelle classifiche grazie a “Stranger Things” ha vinto il premio nel 2022.
Film come “Baby Driver” di Edgar Wright, le cui sequenze d’azione sono coreografate al ritmo di canzoni meticolosamente selezionate, o “A Complete Unknown” con la sua accurata raccolta di classici di Bob Dylan e Joan Baez, dimostrano quanto sia fondamentale questa figura professionale nel plasmare l’esperienza cinematografica.
Miglior marketing: quando la promozione diventa arte
E qui arriviamo alla proposta più sorprendente e innovativa: un Oscar per il Miglior Marketing Cinematografico. In un’epoca in cui il successo culturale e finanziario di un film dipende tanto dalla qualità della sua promozione quanto da quella della storia, è forse giunto il momento di riconoscere ufficialmente questo aspetto dell’industria.
Prendiamo “Barbie” (2023) di Greta Gerwig: con un budget di produzione di 145 milioni di dollari e ben 150 milioni investiti in marketing, l’incasso globale di 1,44 miliardi è stato alimentato tanto dalla macchina promozionale quanto dalla narrazione. Dagli Airbnb a tema Barbie ai cartelloni rosa con solo la data di uscita, fino al trend TikTok di “What Was I Made For” che ha reso il brano quasi più grande del film stesso, la campagna ha trasformato la pellicola in un vero e proprio evento culturale. Quella profonda connessione con il pubblico ha probabilmente influenzato anche i votanti dell’Academy, aumentando le possibilità di vittoria nella categoria Miglior Canzone Originale, che ha reso Billie Eilish la più giovane due volte vincitrice di Oscar della storia.
Allo stesso modo, “Dune” ha sfruttato il potere stellare di Zendaya, i cui look sul red carpet sono diventati titoli di giornale e un’estensione strategica dell’estetica futuristica del film. E più recentemente, la tempesta social che ha circondato “Anora”, la sorpresa vincitrice del Miglior Film quest’anno, ha dimostrato che un buzz autentico sui social media può catapultare un indie a una visibilità massiccia e alla gloria degli Oscar.
Miglior interpretazione animale: un premio per i migliori amici dell’uomo
Infine, una categoria che farebbe sicuramente sorridere anche i più cinici: un premio per la Miglior Interpretazione Animale. Sì, lo sappiamo, tutti gli animali presenti nei film sono i Best Boy/Girl del mondo, e nessun processo premiativo potrà mai essere veramente obiettivo riguardo al talento e all’impatto dei nostri amati attori che non appartengono alla specie homo sapiens.
Ma il lavoro necessario per far eseguire agli animali azioni specifiche richiede spesso mesi di addestramento, paragonabili agli stunt più complessi. Richiede inoltre la presenza, la sensibilità e le capacità di improvvisazione degli addestratori umani che collaborano con gli animali che vediamo sullo schermo.
Sarebbe fantastico trovare un modo per premiare il team di umani che lavora con i nostri interpreti non umani preferiti in film dove il contributo dell’animale è realmente fondamentale per il successo dell’opera. Che si tratti di un premio onorario o di una categoria più regolare, se l’Academy trovasse la sua versione della Palm Dog di Cannes (il premio che il festival francese assegna alla miglior performance canina), gli Oscar diventerebbero decisamente più divertenti.
E tu, caro lettore cinefilo, quale categoria vorresti vedere aggiunta agli Academy Awards? Sei più per il cast d’ensemble o per le performance in motion capture? Ti piacerebbe vedere premiato il tuo attore under 18 preferito o pensi che sia ora di dare una statuetta a Messi, il cane di “Anatomia di una caduta”? Condividi le tue idee nei commenti e aiutaci a immaginare il futuro degli Oscar! Chi lo sa, magari tra qualche anno leggeremo che qualcuno dell’Academy ha preso spunto proprio dalle nostre conversazioni!