Gone Girls: Il serial killer di Long Island è una miniserie true crime diretta da Liz Garbus, già nota per Lost Girls e I’ll Be Gone In The Dark. In tre episodi tesi e struggenti, la regista racconta la storia vera di Rex Heuermann, presunto autore degli omicidi di almeno dieci donne i cui resti furono ritrovati nel 2010 lungo un tratto di spiaggia a Long Island, New York.
La docuserie si distingue subito per un approccio empatico e centrato sulle vittime. Basta con i killer messi su piedistallo: qui a dominare la scena sono le vite spezzate di Maureen, Melissa, Megan, Amber… e la determinazione inarrestabile di Mari Gilbert, la madre di Shannan, la cui scomparsa ha scatenato l’indagine.
La trama: l’inizio di tutto
Il primo episodio si apre con la chiamata al 911 di Shannan Gilbert, scomparsa nel 2010. La sua ricerca porta alla scoperta di dieci cadaveri in un’area ristretta di vegetazione marittima. Da lì, il caso si trasforma in uno dei più inquietanti cold case della storia americana.
Ma nonostante la gravità dei crimini, la polizia non si muove in fretta. Il motivo? Le vittime erano per lo più sex worker, e quindi, agli occhi delle autorità, meno “prioritarie”. Una realtà scomoda che la serie non ha paura di denunciare.
Mari Gilbert: l’eroina vera
La protagonista morale della serie è Mari Gilbert, madre coraggio che, con conferenze stampa e apparizioni mediatiche, ha spinto la polizia a cercare davvero sua figlia. Se oggi conosciamo i nomi delle vittime, è grazie a lei. La docuserie la celebra come merita: non solo una madre in cerca di verità, ma una vera attivista.
Vittime al centro della narrazione
Una delle scelte più apprezzabili della serie è quella di dare spazio ai racconti delle famiglie. Invece di indugiare sulla psicologia del killer, Gone Girls ricostruisce le vite delle donne uccise: chi erano, cosa sognavano, come vivevano. Un cambio di prospettiva che umanizza le statistiche e ridona dignità ai nomi.
Una regia sobria e coinvolgente
Dal punto di vista tecnico, Liz Garbus opta per una regia asciutta ma intensa. Niente enfasi macabra, niente voyeurismo gratuito. Le ricostruzioni sono presenti ma mai invasive, e il montaggio alterna con ritmo interviste, immagini d’archivio e fotografie commoventi.
La fotografia gioca molto con i toni spenti, accentuando il senso di desolazione e abbandono che accompagna l’intera indagine. L’ambientazione costiera di Long Island non è solo uno sfondo, ma diventa personaggio silenzioso, inquietante e potente.
Heuermann: il mostro tra noi
Il secondo e terzo episodio si concentrano sull’arresto nel 2023 di Rex Heuermann, architetto insospettabile che viveva a pochi chilometri dal luogo dei delitti. Un uomo che conduceva una vita normale, ma che nascondeva segreti mostruosi.
La serie evidenzia l’assurdità di come per oltre un decennio la polizia non sia riuscita a collegare gli omicidi, nonostante le prove crescenti. Una critica neanche troppo velata all’inefficienza delle forze dell’ordine, un tema che torna spesso nei lavori di Garbus.
Da vedere o da saltare?
Senza girarci intorno: Gone Girls: Il serial killer di Long Island va visto. Non solo per l’interesse morboso che qualsiasi serie true crime può generare, ma perché finalmente racconta una storia dal punto di vista giusto. Non si glorifica il male, ma si esplora il dolore, la rabbia e la resilienza.
Qualche difetto?
Sì, qualcosa si può criticare. Alcune ricostruzioni risultano superflue, e a tratti possono spezzare l’immedesimazione. Inoltre, chi già conosce bene il caso potrebbe non trovare molte informazioni nuove.
Ma si tratta di difetti minori, in una serie che punta più all’impatto emotivo che allo scoop.
In conclusione
Gone Girls: Il serial killer di Long Island è un esempio virtuoso di come si possa fare true crime con coscienza, con empatia e con stile. È una denuncia forte, un atto d’amore verso le vittime e un monito verso un sistema che troppo spesso ignora chi è ai margini.
Se ami le docuserie, ma sei stanco dei soliti racconti morbosi e sbilanciati, questa è la visione giusta per te. Ma preparati: ti spezzerà il cuore.
La Recensione
Gone Girls: Il serial killer di Long Island
Netflix riapre il caso del killer di Gilgo Beach con una docuserie potente, cruda e diversa dal solito: qui non si esalta il mostro, ma si dà finalmente voce alle vittime.
PRO
- Narrativa centrata sulle vittime, non sul killer
- La figura indimenticabile di Mari Gilbert
- Regia intensa ma sobria, con grande rispetto per i temi trattati
CONTRO
- Poche novità: se conosci il caso Gilgo Beach, troverai poco di nuovo.
- Ricostruzioni superflue: alcune scene fiction interrompono il flusso emotivo.