Ti sei mai chiesto cosa succede quando un artista al culmine del successo decide di buttare tutto all’aria e ricominciare da zero? La risposta si chiama Heroes, e compie 48 anni proprio oggi.
Il 14 ottobre 1977, David Bowie pubblicò quello che sarebbe diventato uno dei dischi più influenti della storia del rock. Ma per capire perché questo album è così speciale, dobbiamo fare un passo indietro e raccontarti la storia di un uomo che stava letteralmente fuggendo da se stesso.
La fuga a Berlino: salvare la vita, salvare l’arte
Nel 1976, Bowie aveva toccato sia le vette che i pericoli della fama. L’indulgenza nello star system e nel glamour era diventata tossica, trasformandosi in instabilità personale e artistica. Aveva bisogno di una via d’uscita.
La soluzione? Trasferirsi a Berlino Ovest, lontano dal circo di Los Angeles e New York. Non fu una scelta casuale: Berlino era una città divisa, ferita, ma incredibilmente viva. Bowie si stabilì nel tranquillo quartiere di Schöneberg insieme al suo amico Iggy Pop, promettendo a se stesso di salvarsi dall’autodistruzione e trovare una nuova direzione creativa.
Questo esilio autoimposto funzionò. Il cambio di scenario e cultura permise a Bowie di assorbire nuove influenze, in particolare i Neu! e i Kraftwerk, che gli diedero la lucidità necessaria per riscoprire uno scopo creativo autentico.
Heroes: il disco nato dal Muro
La musica che emerse da questo periodo portava con sé una dualità potente che rispecchiava perfettamente lo stato d’animo di Bowie. Era nata dall’isolamento e dalla disperazione, eppure irradiava una speranza ottimistica. L’immagine di un uomo che cerca di raggiungere la luce.
Heroes fu il secondo capitolo della “Berlin Trilogy” (insieme a Low e Lodger), e venne registrato in un luogo che non poteva essere più simbolico: l’Hansa Studio 2, un’ex sala da ballo situata a soli 500 metri dal Muro di Berlino. Lo studio era soprannominato “Hall by the wall” (la sala vicino al muro).
Tony Visconti, storico produttore di Bowie, ricordò anni dopo: “Dalla mia scrivania potevo vedere tre guardie sovietiche che ci osservavano con il binocolo, con i loro mitra a tracolla e il filo spinato. Sapevo che c’erano mine sepolte in quel muro. Quell’atmosfera era così provocatoria, così stimolante e così spaventosa che la band suonava con un’energia incredibile”.
La canzone che definì un’epoca
Il Muro di Berlino ispirò direttamente la title track del disco. La storia di due amanti che si incontrano per baciarsi da entrambi i lati del muro, nonostante il pericolo fisico molto reale, divenne l’arco narrativo della canzone. L’espressione di romanticismo e sfida di fronte alla divisione catturò perfettamente l’essenza dell’intero album.
Ma Heroes non era solo la sua canzone più famosa. Brani come “V-2 Schneider” (delicatamente ipnotica e sottovalutata) e “Moss Garden” (un interludio di tranquillità che rassicura sulla crescita costante della speranza) dimostravano la varietà e profondità del disco.
Visconti raccontava di caos durante le registrazioni, eppure “Moss Garden” cattura una serenità straordinaria, quasi a simboleggiare il passaggio dalla disperazione al rinnovamento che Heroes rappresentava nella vita di Bowie.
La critica si inchina (quasi all’unanimità)
Quando Heroes uscì, la reazione critica fu travolgente. I recensori lo descrissero come “uno dei dischi più avventurosi e significativamente sfidanti mai imposti al pubblico rock”. Il NME lo definì “la performance più commovente di Bowie degli ultimi anni”, elogiando una maturità che derivava dalla sua vita personale ma comportava una conseguente crescita artistica.
Persino Patti Smith, musicista visionaria e difficilmente impressionabile, lo lodò come “un prodotto criptico di un alto ordine di intelligenza”. Non si può davvero chiedere di meglio.
Certo, qualche critico sostenne che Heroes sembrasse “disgiunto” rispetto a Low. Ma questo è proprio parte del suo fascino. Heroes parla di ritrovare un senso di libertà in un mondo che si è frammentato. La struttura meno rigida dell’album non è disordine: è liberazione intenzionale.
Un’eredità che dura ancora oggi
Quasi 50 anni dopo, Heroes continua a essere senza tempo. La canzone omonima è diventata uno dei brani più iconici di Bowie: fu adottata dalla squadra britannica alle Olimpiadi di Londra 2012, e inserita in film memorabili come Moulin Rouge! e I Ragazzi Stanno Bene (The Perks of Being a Wallflower). Quest’ultimo, in particolare, cattura perfettamente il senso di scoperta di sé, accettazione e vittoria dell’amore contro le difficoltà esterne.
L’impatto di Heroes sulla musica alternativa è semplicemente sbalorditivo. Il coraggio artistico e la liberazione che l’album ha rappresentato hanno incoraggiato la new wave, mentre la sperimentazione pragmatica ha insegnato a generazioni di musicisti come impegnarsi nel synthpop con chiarezza e senza paura.
Perché Heroes è ancora necessario
Oggi, forse più che mai, stiamo cercando un ottimismo radicale radicato nella bellezza del caos. Cerchiamo speranza nel disordine invece che interrogarci ossessivamente su tutto. L’album antologico di Bowie accompagna chi ascolta in un viaggio che nasce dalla consapevolezza degli ambienti circostanti e conduce a un genuino senso di libertà.
Heroes fu un trionfo per Bowie sia personalmente che artisticamente. L’intreccio tra questi due aspetti è ciò che gli conferisce tanto peso come disco di sollievo in un’epoca distruttiva. È coraggioso, incoraggiante, edificante.
Il brivido che possiamo provare nell’essere eroi, anche solo per un giorno, è qualcosa che, straordinariamente, ha ancora un potere immenso. Quel disco registrato a due passi dal Muro di Berlino, in un’ex sala da ballo con le guardie sovietiche che osservavano attraverso il binocolo, continua a parlarci di rinascita, resistenza e speranza.
La prossima volta che ascolti “Heroes”, ricorda che non stai ascoltando solo una canzone bellissima. Stai ascoltando il suono di un uomo che si è salvato la vita attraverso la musica. E che, nel farlo, ha creato un’opera capace di salvare anche la nostra.
E tu, qual è il tuo rapporto con Heroes? Hai una canzone della Berlin Trilogy che ti ha segnato particolarmente? Raccontamelo nei commenti: voglio sapere come questo disco ha toccato la tua vita.




