C’è qualcosa di meravigliosamente liberatorio nel sentire una star di Hollywood ammettere che uno dei suoi blockbuster più famosi era, in fondo, un completo nonsenso cinematografico. In una recente visita al leggendario Criterion Closet (lo spazio sacro per cinefili dove le celebrità possono scegliere le proprie edizioni preferite dalla collezione Criterion), Ben Affleck ha fatto una confessione che sta facendo impazzire gli appassionati di cinema: il suo miglior lavoro professionale non sarebbe un film, una sceneggiatura o una regia, ma… un commento audio! L’attore premio Oscar ha infatti dichiarato che la traccia di commento che registrò per il DVD di “Armageddon” del 1998 rappresenta probabilmente “il miglior lavoro della mia carriera”. Una dichiarazione che potrebbe sembrare autoironica ma che nasconde una profonda verità sul dietro le quinte dell’industria hollywoodiana. Per chi non ricordasse il famoso disaster movie diretto da Michael Bay, si tratta dell’epica storia di un gruppo di trivellatori petroliferi inviati nello spazio per distruggere un asteroide in rotta di collisione con la Terra. Un film che incassò oltre 550 milioni di dollari al botteghino mondiale ma che, come Affleck rivelò brutalmente nella traccia audio del DVD, presentava buchi di trama talmente ampi che ci sarebbe potuto passare l’asteroide stesso. Questa traccia di commento è diventata nel tempo una sorta di cult metacinematografico, una lezione involontaria su come Hollywood a volte sacrifichi la logica narrativa sull’altare dello spettacolo visivo. Affleck ha rivelato di essere talvolta più riconosciuto dai fan per quella traccia audio che per molti dei suoi lavori attoriali, un fenomeno che potremmo definire paradosso della sincerità retrospettiva, ovvero quando un’opera secondaria supera in popolarità l’opera originale grazie alla sua genuina trasparenza.
La traccia audio che cambiò il concetto di DVD commentary
“Sono rimasto sorpreso quando ho saputo che Criterion stava rimasterizzando ‘Armageddon’. Non lo consideravo quel tipo di film quando lo abbiamo girato”, ha dichiarato Affleck riguardo alla riedizione. “E col senno di poi, ora sento che forse il mio miglior lavoro nella mia carriera è il commento su questo disco. La gente mi avvicina per parlare del commento su questo disco quanto lo fa per i film in cui sono stato”. Una rivelazione che mette in luce non solo il valore di paratesto cinematografico che può assumere un commento audio, ma anche come talvolta gli elementi periferici di un prodotto culturale possano acquisire una vita propria.
L’elemento più affascinante di questa storia è la ragione per cui quella traccia audio diventò così iconica: “È perché non sapevo fare di meglio che essere davvero onesto”, ha spiegato l’attore. Un’ammissione che rivela quanto fosse diverso il clima mediatico negli anni ’90, quando la media training awareness (la consapevolezza delle strategie comunicative) era decisamente meno sviluppata rispetto a oggi.
Michael Bay e l’approccio al realismo cinematografico
Uno degli aneddoti più succosi rivelati da Affleck riguarda proprio la sua interazione con il regista Michael Bay, noto per il suo stile visivamente esplosivo ma non sempre attento alla coerenza narrativa. Secondo quanto raccontato dall’attore, Bay gli avrebbe intimato di “stare zitto” quando iniziò a sollevare dubbi sulla logica del film. Un esempio perfetto di quella che in critica cinematografica viene definita sospensione dell’incredulità forzata, ovvero quando gli autori pretendono che il pubblico accetti premesse assurde senza fare domande.
In un’altra intervista a GQ citata nell’articolo, Affleck ha approfondito la questione: “Ricordo che Billy Bob [Thornton] stava avendo una lunga conversazione su una scena nella sala di controllo della missione spaziale o quello che era, e lui disse: ‘No, va bene, amico. Posso smettere di parlarne. Mi piace solo essere nel tipo di film che hanno senso, sai cosa intendo? Ma fanculo, non dobbiamo farlo. Non lo facciamo in questo. Fanculo'”. Un aneddoto che illustra perfettamente la dicotomia artistico-commerciale che spesso caratterizza le grandi produzioni hollywoodiane, divise tra la necessità di creare storie credibili e quella di offrire spettacolo puro.
L’eredità di Richard Linklater e la vera lezione di regia
Non tutto il passato cinematografico di Affleck è fatto di blockbuster illogici. Durante la stessa visita al Criterion Closet, l’attore ha rivelato quanto sia stato fondamentale per la sua formazione lavorare con Richard Linklater in “Dazed and Confused”. “È stata un’esperienza davvero meravigliosa per me”, ha raccontato. “Mi ha davvero insegnato che… Perché Rick Linklater, il regista, ci ha invitato a essere autori e a partecipare, scrivere e improvvisare. Ha reso ogni attore un partner e, come regista io stesso, mi sono davvero aggrappato a quella lezione e ho cercato di continuare con questo approccio”.
Un’influenza che dimostra come, nonostante la sua carriera abbia attraversato territori molto diversi, dall’action commerciale al cinema d’autore, Affleck abbia sempre mantenuto un occhio critico e consapevole sul processo creativo cinematografico. Particolarmente significativa è la nota che Linklater inviò alla troupe: “Se questo film fosse prodotto esattamente come è scritto, sarebbe un enorme insuccesso”. Un esempio di umiltà creativa che raramente si trova nei grandi studi hollywoodiani.
E tu, hai mai ascoltato la famosa traccia di commento di Ben Affleck per “Armageddon”? Pensi che i commenti audio dei DVD siano una forma d’arte sottovalutata o semplici extra senza importanza? Condividi la tua opinione nei commenti e raccontaci quale film, secondo te, meriterebbe una traccia di commento brutalmente onesta come quella realizzata da Affleck!