Quando Danny Boyle decide di confermare che Cillian Murphy tornerà nel franchise di “28 giorni dopo“, sai che il cinema horror sta per vivere uno dei suoi momenti più elettrizzanti. Il regista britannico ha finalmente messo fine alle speculazioni che imperversavano da mesi: l’attore premio Oscar di “Oppenheimer” non apparirà nel primo capitolo della nuova trilogia in arrivo, ma farà il suo grand return nel secondo film “28 Years Later: The Bone Temple“.
La conferma è arrivata durante un’intervista con IGN, dove Boyle ha rivelato i dettagli di quella che promette di essere una delle operazioni nostalgiche più ambiziose del cinema contemporaneo. Murphy non sarà solo di fronte alla telecamera – è anche produttore esecutivo del primo film, dimostrando il suo coinvolgimento totale in un progetto che potrebbe ridefinire il concetto di sequel horror a distanza di decenni.
Ma la vera chicca è la struttura narrativa che Boyle ha pensato per collegare i tre film. “C’è un epilogo alla fine del primo film che ti dà un passaggio al secondo”, ha spiegato il regista. “Anche se ogni storia si completa da sola, c’è una sezione di passaggio al film successivo. È molto ambizioso”. È il tipo di storytelling interconnesso che funziona alla perfezione nel contemporary cinema, dove i pubblici adorano i Easter eggs e i narrative bridges.
L’hype è alle stelle, ma c’è un piccolo dettaglio che potrebbe rovinare tutto: “Non abbiamo ancora i soldi per il terzo film. Dipenderà da come andrà il primo”. È la classica sword of Damocles che pende su tutti i franchise revival – il pubblico deve dimostrare di volere davvero questo ritorno.
Il trailer che ha scatenato tutto
Quando il primo trailer del nuovo film è uscito a dicembre, una figura di “infected” che somigliava straordinariamente a Murphy ha mandato in tilt i fan della saga. Le teorie si sono moltiplicate: era davvero lui? Il suo personaggio Jim era sopravvissuto? Era diventato uno zombi?
La debunking di quella teoria è stata rapida ma ha lasciato aperta la domanda più importante: Murphy sarebbe mai tornato nell’universo che l’aveva lanciato nel cinema mainstream? La risposta di Boyle è stata un capolavoro di strategic marketing: no nel primo film, sì nel secondo.
È il tipo di fan service intelligente che dimostra come il regista capisca perfettamente cosa vogliono i devotees della saga senza cadere nella trappola del fanboy pandering. Murphy tornerà, ma nel momento giusto della narrative arc.
La struttura ambiziosa della nuova trilogia
Il concept di Boyle per i nuovi film è particolarmente interessante dal punto di vista del contemporary filmmaking. Invece di creare tre standalone movies loosely connected, sta costruendo un narrative ecosystem dove ogni film si completa ma contribuisce a una bigger picture.
Il primo film funzionerà come reintroduction all’universo, “The Bone Temple” come character reunion con Murphy, e il terzo film ancora non confermato come climactic conclusion dell’intera saga. È una struttura che ricorda i migliori cinematic universe contemporanei, ma applicata a un horror franchise con una emotional heritage molto specifica.
L’epilogo del primo film che “dà un passaggio al secondo” è un narrative device che funziona benissimo nel genre cinema. Permette di mantenere l’autonomia di ogni singolo film mentre costruisce anticipation per quello successivo.
Il ritorno di Murphy: executive producer e star
Il dual role di Murphy come executive producer e futuro protagonista dimostra quanto sia invested nel progetto. Non è solo un attore che torna per un paycheck nostalgico – è un creative partner che vuole assicurarsi che il legacy del franchise originale venga rispettato.
Questa involvement dietro le quinte potrebbe essere la chiave per evitare i pitfall tipici dei belated sequel. Murphy conosce il DNA del franchise meglio di chiunque altro, avendo interpretato Jim nel film originale che ha ridefinito il zombie genre nel 2002.
Il fatto che stia “standing by” per il terzo film, come dice Boyle, suggerisce che c’è un master plan molto preciso per il suo character arc. Non sarà un cameo fine a se stesso, ma una parte integral della conclusion della saga.
La sfida del budget e delle aspettative
La confessione di Boyle sui funding del terzo film rivela una verità spesso nascosta nell’industria cinematografica: anche i franchise più amati devono dimostrare la loro commercial viability. “Dipenderà da come andrà il primo” è una frase che ogni fan dovrebbe prendere sul serio.
Il box office del primo nuovo film determinerà non solo se vedremo Murphy tornare nei panni di Jim, ma se l’intera trilogical vision di Boyle potrà essere completata. È il tipo di pressure che può make or break un progetto ambizioso.
Il success del film dovrà essere misurato non solo in ticket sales, ma anche in critical reception e fan satisfaction. Il pubblico dell’horror è particolarmente unforgiving quando si tratta di sequel che non rispettano lo spirit dell’originale.
L’eredità di 28 giorni dopo
“28 giorni dopo” non è stato solo un horror movie – è stato un game changer che ha rivoluzionato il zombie genre. I fast zombies di Boyle hanno influenzato tutto il cinema horror successivo, da “Dawn of the Dead” di Zack Snyder alla serie TV “The Walking Dead”.
Il return di Murphy rappresenta la possibilità di chiudere il cerchio di uno dei character arc più importanti dell’horror contemporaneo. Jim era l’everyman che si risveglia in un mondo distrutto – vedere cosa è diventato dopo quasi tre decenni potrebbe essere emotionally devastating.
La challenge per Boyle sarà bilanciare la nostalgia con l’innovation. I fan vogliono ritrovare il Murphy che amavano, ma anche vedere come il personaggio è evoluto in un mondo che è presumibilmente peggiorato.
Il futuro del franchise
Con Murphy on board come executive producer e futuro star, il franchise sembra in ottime mani. La sua involvement garantisce continuity con l’original vision mentre apre possibilità per new creative directions.
Il success di questa operazione potrebbe set a template per come gestire i revival di classic horror franchise. Coinvolgere gli original talents sia creatively che financially potrebbe essere la formula per evitare i disasters tipici dei cash-grab sequel.
La window per completare questa trilogia è limitata – Murphy ha 48 anni e Boyle ne ha 68. Se devono farlo, è adesso o mai più. E francamente, l’idea di vedere Jim tornare in un mondo ancora più post-apocalyptic è troppo tantalizing per essere sprecata.
Tu sei pronto a rivedere Cillian Murphy combattere contro gli infected dopo tutti questi anni? Credi che il delayed appearance nel secondo film sia una strategia geniale o pensi che Boyle stia solo milking la nostalgia? Scrivimi nei commenti – sono curioso di sapere se anche tu pensi che certi comeback valgano l’attesa di decenni!