Il mondo ha perso una delle sue voci più importanti. Jane Goodall, la primatologa britannica che ha dedicato la sua vita allo studio degli scimpanzé e alla difesa dell’ambiente, è morta mercoledì 1 ottobre 2025 in California, all’età di 91 anni. Secondo quanto comunicato dal Jane Goodall Institute attraverso un post su Instagram, la scienziata si è spenta per cause naturali mentre si trovava negli Stati Uniti per un tour di conferenze.
Solo una settimana fa Jane Goodall aveva parlato al Plaza Hotel di New York, e venerdì prossimo avrebbe dovuto tenere un evento quasi sold-out a Los Angeles. Nessuno poteva immaginare che quella sarebbe stata l’ultima volta. La notizia ha colpito come un pugno nello stomaco chi l’ha conosciuta, chi l’ha seguita, chi ha creduto nelle sue battaglie. Perché Jane Goodall non era solo una scienziata: era un’icona globale, un simbolo di speranza, la dimostrazione vivente che una singola persona può cambiare il mondo.
Nata a Londra il 3 aprile 1934, Jane non aveva nemmeno una laurea quando nel 1957 partì per il Kenya per visitare un’amica. Era una segretaria londinese, a volte cameriera, con uno spirito irrequieto e una fissazione romantica per gli animali e l’Africa alimentata dai romanzi di “Doctor Dolittle” e “Tarzan” della sua infanzia. Ma fu proprio in Kenya che la sua vita cambiò per sempre, quando incontrò il paleoantropologo Louis Leakey. Leakey vide in lei qualcosa di speciale e nel 1960 la mandò in Tanzania, nel Parco Nazionale di Gombe Stream, per studiare gli scimpanzé. Jane aveva 26 anni, nessuna formazione scientifica tradizionale, e dovette portare con sé sua madre Vanne perché le autorità erano preoccupate per la sua sicurezza. Eppure quella giovane donna senza titoli accademici avrebbe rivoluzionato la scienza.
Le scoperte che hanno cambiato tutto
Quello che Jane Goodall scoprì a Gombe fu rivoluzionario. Fino ad allora si credeva che solo gli esseri umani potessero costruire e usare strumenti. Jane dimostrò che gli scimpanzé facevano esattamente la stessa cosa. Osservò come modificavano rametti per catturare le termiti, come usavano pietre per rompere i gusci delle noci. Ma non solo: documentò che gli scimpanzé comunicavano tra loro, sviluppavano personalità individuali, si abbracciavano, si baciavano, si davano pacche sulle spalle e persino si facevano il solletico. Insisteva nel sostenere che questi gesti erano evidenza del “legame prossimo, supportivo, affettivo” tra membri di una comunità, legami che potevano durare oltre 50 anni.
Le sue scoperte demolirono anche un altro mito: gli scimpanzé non erano vegetariani come si pensava. Anzi, potevano essere violenti, brutali, capaci di condurre vere e proprie guerre tra gruppi rivali. Ma erano anche amorevoli e altruisti. “Sono così simili a noi”, aveva detto Jane in un’intervista del 2020. “Il loro comportamento, i loro gesti, il modo in cui si baciano, si abbracciano, si tengono per mano e si danno pacche sulla schiena… Il fatto che possano essere violenti e brutali e avere una sorta di guerra, ma anche amorevoli e altruisti”.
Nel 1962 Leakey la mandò all’Università di Cambridge per studiare per un dottorato, anche senza una laurea – fu l’ottava persona a cui fu concesso questo privilegio. La sua tesi, completata nel 1965, si intitolava “Behaviour of free-living chimpanzees” e si basava sui suoi primi cinque anni di studi a Gombe. Quel lavoro aprì la strada a generazioni di scienziati e dimostrò che le donne potevano eccellere in un campo che fino ad allora era stato dominato dagli uomini.
Dalla scienza all’attivismo: una vita per il pianeta
Ma Jane Goodall non si fermò alla ricerca scientifica. Nel 1977 fondò il Jane Goodall Institute, dedicato alla ricerca, all’educazione e alla conservazione delle grandi scimmie antropomorfe. Quando realizzò che la sopravvivenza degli scimpanzé era minacciata dalla distruzione dell’habitat e dal traffico illegale, sviluppò un approccio innovativo alla conservazione delle specie che migliorava la vita delle persone, degli animali e dell’ambiente, riconoscendo la loro interconnessione.
Nel 1991 creò il programma Roots & Shoots (Radici e Germogli), rivolto ai giovani dalle scuole materne all’università per l’impegno civico nelle proprie comunità. Il programma è oggi presente in 65 paesi e ha formato generazioni di attivisti ambientali. Greta Thunberg l’ha definita “una vera eroina”, e non è difficile capire perché: Jane Goodall ha ispirato milioni di persone a credere che il cambiamento sia possibile.
Diventata Messaggera di Pace delle Nazioni Unite, ha viaggiato instancabilmente per il mondo per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi ambientali. “Tutto è collegato, tutti possono fare la differenza”, ripeteva sempre. Nel 2016, quando TMZ la incontrò l’ultima volta, si batté affinché più film usassero animali in CGI invece di quelli veri, come nel film Il libro della giungla del 2016.
Jane Goodall si sposò due volte: prima nel 1964 con il fotografo naturalista Hugo van Lawick, da cui divorziò nel 1974, e poi con il biologo Derek Bryceson, membro del parlamento della Tanzania, che rimase al suo fianco fino alla sua morte nel 1980. Non ebbe figli, ma considerava gli scimpanzé di Gombe e tutti i giovani attivisti del suo programma come la sua famiglia allargata.
Un’eredità che vivrà per sempre
La morte di Jane Goodall lascia un vuoto incolmabile, ma anche un’eredità immensa. Le sue scoperte hanno cambiato per sempre il modo in cui comprendiamo i primati, l’intelligenza animale e il nostro posto nel mondo naturale. Ha dimostrato che non servono titoli altisonanti o pedigree accademici per fare grandi cose: servono passione, dedizione e la volontà di guardare il mondo con occhi nuovi.
Il suo lavoro è stato documentato nel pluripremiato documentario del 2017 Jane, assemblato da 140 ore di filmati nascosti negli archivi del National Geographic. Il film ha vinto due Emmy e numerosi altri premi, portando la storia di Jane a nuove generazioni. Nel 2024 aveva partecipato al World Economic Forum di Davos, continuando a lanciare il suo grido di allarme per il pianeta.
Jane Goodall ci lascia in un momento in cui il suo messaggio è più necessario che mai. Il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la distruzione degli habitat: tutte le battaglie che ha combattuto per decenni sono oggi più urgenti che mai. Ma ci lascia anche con un messaggio di speranza: “Abbiamo una finestra di tempo per fare la differenza”, diceva sempre. “Se tutti facessimo la nostra parte, potremmo davvero cambiare le cose”.
E tu, che ricordo hai di Jane Goodall? Quale delle sue battaglie ti ha ispirato di più? Raccontaci nei commenti come questa donna straordinaria ha influenzato la tua vita o il tuo modo di vedere il mondo. È il minimo che possiamo fare per onorare la memoria di una vera leggenda.




