Sai cosa mi piace di più di Sylvester Stallone in questa terza stagione di “Tulsa King”? Che sembra finalmente aver trovato la sua dimensione televisiva. Non più l’eroe d’azione che cerca di dimostrare qualcosa, ma un settantenne che si diverte come un matto a interpretare un boss mafioso alle prese con le Tesla e il rap di Nas.
“Tulsa King 3” debutta su Paramount+ il 21 settembre e, devo dirtelo subito, mantiene quella leggerezza che ha reso la serie un successo globale. Non è il miglior crime drama che vedrai quest’anno, ma potrebbe essere il più divertente.
Dwight alle prese con i Dunmire
Quando abbiamo lasciato Dwight “Il Generale” Manfredi, sembrava che le cose stessero andando per il verso giusto. Attività di marijuana legalizzata, amore con Margaret (Dana Delany), e i nemici di New York finalmente fuori dai piedi. Ma se conosci le regole del genere, sai benissimo che la tranquillità dura sempre poco.
Ecco che arrivano i Dunmire, una famiglia di ricconi locali guidata dal patriarca Jeremiah (Robert Patrick, che qui sembra uscito direttamente da “Terminator 2”). Questi non sono i soliti mafiosi di strada: sono potenti, hanno soldi veri e, soprattutto, non rispettano le regole del vecchio mondo che Dwight conosce così bene.
La guerra scoppia per il controllo delle distillerie di bourbon, ma dietro c’è qualcosa di più grande. È uno scontro tra due modi di intendere il potere: quello tradizionale di Dwight, fatto di rispetto e codici d’onore, e quello spietato dei Dunmire, dove conta solo il risultato finale.
Un cast che funziona (quasi) sempre
Bobby Cannavale aveva ragione quando diceva che Stallone è perfetto per la televisione. Qui Sly non deve salvare il mondo o vincere un combattimento impossibile. Deve solo essere se stesso: un uomo d’altri tempi che non capisce i giovani, non sopporta la tecnologia e risolve i problemi a modo suo.
Le scene in cui Dwight cerca di usare una Tesla sono esilaranti. Così come i momenti in cui fa da mentore al suo gruppo di “disadattati”, dal sempre strafatto Bodhi (Martin Starr) al giovane Tyson (Jay Will), che continua a essere più un rischio che una risorsa.
Robert Patrick è una scelta azzeccata come antagonista principale. Ha quella faccia da cattivo che funziona sempre, e riesce a rendere credibile un personaggio che potrebbe facilmente scadere nella caricatura. Il rapporto con suo figlio Cole (Beau Knapp) aggiunge quel rispecchiamento con la dinamica Dwight-Tyson che arricchisce la narrazione.
I problemi di sempre (che non rovinano lo spettacolo)
Non ti nascondo che “Tulsa King 3” ha gli stessi difetti delle stagioni precedenti. Il ritmo è spesso troppo serrato, alcune situazioni si risolvono fin troppo facilmente, e ci sono momenti in cui sembra più una commedia che un crime drama serio.
La trama dell’agente FBI Russo (Kevin Pollak) che ricatta Dwight per farlo diventare un informatore sembra uscita da un telefilm degli anni ’90. E non parliamo delle coincidenze narrative che permettono ai protagonisti di uscire sempre puliti dalle situazioni più complicate.
Inoltre, l’assenza di Terence Winter come showrunner si sente. Il nuovo responsabile Dave Erickson fa il suo lavoro, ma manca quella profondità psicologica che aveva caratterizzato la prima stagione.
Il fascino dell’intrattenimento semplice
Ma sai una cosa? Non me ne frega niente di questi difetti. Perché “Tulsa King” non ha mai preteso di essere “I Soprano” o “Breaking Bad”. È intrattenimento puro, fatto bene, che ti fa passare un’ora piacevole senza troppi pensieri.
È il tipo di serie perfetta per il pubblico di Taylor Sheridan: storie di uomini d’altri tempi che cercano di trovare il loro posto nel mondo moderno. Non a caso la serie è diventata la più vista di Paramount+ nel 2024, superando persino “House of the Dragon”.
L’arrivo di Samuel L. Jackson
Anche se nei primi sei episodi disponibili per la stampa non si vede ancora, l’arrivo di Samuel L. Jackson nei prossimi episodi promette di alzare ulteriormente l’asticella. Il suo personaggio, Russell Lee Washington Jr., dovrebbe preparare il terreno per lo spin-off “NOLA King” ambientato a New Orleans.
È una mossa intelligente da parte di Paramount+: usare “Tulsa King” come trampolino di lancio per espandere l’universo criminale di Sheridan. E chissà che Jackson non riesca a portare quel pizzico di carisma in più che la serie cerca sempre.
Stallone che si diverte (e noi con lui)
Alla fine, il vero motivo per guardare “Tulsa King 3” è vedere Stallone che si diverte. Non recita più, vive il personaggio. Si vede che ama ogni minuto di questo lavoro, dal doppiopetto elegante ai sigari, dalle battute taglienti alle scenate epiche.
È come guardare un attore veterano che ha finalmente trovato il ruolo della sua vita a settant’anni. E questo, da solo, vale il prezzo dell’abbonamento.
Il verdetto finale
“Tulsa King 3” non rivoluzionerà il genere crime, ma conferma che a volte l’intrattenimento semplice fatto bene vale più di tante produzioni pretenziose. È una serie che sa cosa vuole essere e lo fa con convinzione.
Se cerchi profondità psicologica e innovazione narrativa, guarda altro. Se invece vuoi passare qualche ora in compagnia di Stallone che fa il boss mafioso dell’Oklahoma, sei nel posto giusto.
Disponibile su Paramount+ dal 21 settembre, un episodio a settimana. Perfetta da iniziare questo weekend.
La Recensione
Tulsa King 3
"Tulsa King 3" conferma Sylvester Stallone nel ruolo di Dwight Manfredi alle prese con una nuova guerra criminale contro i Dunmire, ricca famiglia locale che minaccia il suo impero. La serie mantiene il tono leggero e divertente delle stagioni precedenti, puntando sull'intrattenimento puro piuttosto che sulla profondità narrativa, con un cast affiatato guidato da un Stallone sempre più a suo agio nel ruolo.
PRO
- Sylvester Stallone offre una delle sue migliori performance televisive dimostrando di aver trovato la dimensione perfetta per il piccolo schermo a settant'anni
- Robert Patrick nel ruolo dell'antagonista Jeremiah Dunmire porta il carisma e la presenza scenica necessari per essere un nemico credibile e minaccioso
- La serie mantiene un perfetto equilibrio tra commedia e crime drama offrendo intrattenimento leggero ma di qualità senza pretese intellettuali
- L'arrivo di Samuel L. Jackson nei prossimi episodi promette di aggiungere ulteriore spessore alla narrazione e preparare il terreno per lo spin-off
CONTRO
- Il ritmo spesso troppo serrato non permette di approfondire adeguatamente i conflitti e le dinamiche tra i personaggi principali
- Alcune situazioni si risolvono in modo troppo semplice e conveniente perdendo occasioni per creare vera tensione drammatica




