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Home Film & Serie TV Serie Tv

La spiegazione del finale della serie The Last Of Us 2 direttamente dai creatori

Wonder Channel Redazione di Wonder Channel Redazione
26 Maggio 2025
in Film & Serie TV, Serie Tv
Tempo di lettura 9 minuti
The Last Of Us 2 episodio secondo

Se pensavi che “The Last of Us” non potesse più sorprenderti dopo due stagioni di emozioni apocalittiche, preparati a ricrederti perché il finale della seconda stagione, intitolato “Convergence”, ha letteralmente devastato ogni aspettativa e mandato in tilt i social media di tutto il mondo! I co-creatori Craig Mazin e Neil Druckmann hanno appena rilasciato un’intervista esplosiva a The Hollywood Reporter dove spiegano le scelte narrative più controverse e anticipano quello che ci aspetta nella terza stagione già confermata (ma che dovremo aspettare fino al 2027, spoiler alert!). Il finale ha fatto quello che pochi show hanno il coraggio di fare: ha completamente ribaltato le aspettative del pubblico con un cambio di prospettiva che ha diviso i fan proprio come successo con il videogioco “The Last of Us Part II” nel 2020. Dopo aver seguito Ellie (Bella Ramsey) per tre giorni a Seattle nella sua quest for revenge contro Abby (Kaitlyn Dever), l’episodio finale ci catapulta improvvisamente nel point of view di Abby, la giovane donna che aveva ucciso Joel (Pedro Pascal) all’inizio della stagione. Una scelta narrativa che Mazin stesso definisce “breaking quite a few rules” della televisione tradizionale, ma che secondo i creatori rappresenta il DNA stesso di questa storia. E non è tutto: l’episodio finale ci regala anche la morte shock di Jesse (Young Mazino), il padre del futuro bambino di Dina, ucciso proprio da Abby negli ultimi drammatici minuti, mentre Tommy (Gabriel Luna) rimane gravemente ferito negli scontri. HBO si è dimostrata ancora una volta coraggiosa nel sostenere una narrative strategy così rischiosa, consapevole che questo show è destinato a essere “diverso ogni stagione”, come ammette lo stesso Mazin. Ma cosa significa tutto questo per il futuro della serie? Perché i creatori hanno scelto di seguire così fedelmente la struttura del videogioco originale? E soprattutto, cosa dobbiamo aspettarci dalla terza stagione che promette di essere ancora più epica e sconvolgente? Andiamo a scoprire tutti i segreti dietro una delle conclusioni più discusse della storia televisiva recente!

La filosofia narrativa rivoluzionaria: quando i protagonisti non esistono

Quello che rende “The Last of Us” una serie televisiva unica nel panorama contemporaneo è la sua filosofia narrativa che mette in discussione i concetti tradizionali di protagonista e antagonista. Come spiega Craig Mazin nell’intervista, “la nostra modalità di processare il mondo attraverso eroi e cattivi è un errore”, e questa affermazione rappresenta il cuore pulsante dell’intera operazione creativa.

La decisione di seguire fedelmente la struttura del videogioco “The Last of Us Part II”, con il suo perspective switch da Ellie ad Abby, non è stata presa alla leggera. I creatori hanno considerato alternative come l’intreccio delle due storylines, ma alla fine hanno concluso che il cambio di punto di vista rappresenta “parte della genetica di come funziona questa storia”. Questa scelta narrativa coraggiosa sfida direttamente le convenzioni del television storytelling tradizionale.

Mazin è consapevole che “la televisione non dovrebbe funzionare così”, ma è proprio questa volontà di infrangere le regole che rende “The Last of Us” un’opera rivoluzionaria. L’obiettivo non è raccontare una storia di “buoni” contro “cattivi”, ma esplorare la complessità umana in tutta la sua contraddittoria autenticità. Come sottolinea Druckmann nel featurette post-finale di HBO, l’obiettivo è raccontare storie di “umani”, non di archetipi morali predefiniti.

L’impact del perspective shift sul pubblico

La reazione del pubblico al finale di “Convergence” è stata, prevedibilmente, divisive e polarizzante. I social media si sono riempiti di dibattiti accesi tra chi ha apprezzato la coerenza narrativa con il videogioco e chi invece si è sentito tradito dal cambio improvviso di prospettiva. Mazin era preparato a questa eventualità e la considera parte integrante dell’esperienza narrativa.

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“Capiamo che le persone saranno provocate”, ammette il co-creatore, “ma parte di questa storia riguarda l’esaminare perché siamo così a nostro agio nel seguire il punto di vista di una sola persona su tutto”. Questa dichiarazione rivela l’ambizione pedagogica sottesa alla serie: non solo intrattenere, ma educare il pubblico a una visione più sfumata e complessa della realtà.

Il rischio calcolato di alienare parte del fanbase è compensato dalla possibilità di creare un prodotto televisivo che sfida le convenzioni e spinge gli spettatori fuori dalla loro comfort zone. È una strategia narrativa che richiede coraggio tanto dai creatori quanto dal network, e HBO ha dimostrato di essere all’altezza della sfida sostenendo questa visione artistica ambiziosa.

Abby come hero of her own story: la complessità del character development

Una delle rivelazioni più interessanti dell’intervista riguarda il character arc di Abby nella terza stagione. Mazin è esplicito nel definirla “l’eroina della sua storia”, un’affermazione che ribalta completamente la percezione tradizionale del personaggio come antagonista principale della serie.

Questa evoluzione del personaggio non è casuale, ma rappresenta il naturale sviluppo della filosofia narrativa della serie. Abby non è semplicemente “la cattiva” che ha ucciso Joel, ma una giovane donna con le sue motivazioni, i suoi traumi e la sua moral complexity. La terza stagione promette di esplorare più approfonditamente questa dimensione, centrando probabilmente l’attenzione sulla relazione tra Abby e Owen.

Tuttavia, come sottolinea Mazin, “tutto è sotto la nuvola o la luce del sole di Joel – quello che Joel ha fatto ad Abby e quello che Abby ha fatto a Joel”. Questo significa che l’eredità emotiva del personaggio di Pedro Pascal continuerà a influenzare la narrazione anche nella sua assenza fisica, creando una sorta di narrative haunting che permeerà ogni sviluppo futuro.

Il fatto che i creatori abbiano scelto di mantenere questa struttura narrativa complessa, nonostante le inevitabili resistenze del pubblico, dimostra la loro commitment artistico verso una visione che privilegia la profondità psicologica rispetto alla gratificazione immediata degli spettatori.

Le implicazioni per il future storytelling

La scelta di focalizzare la terza stagione su Abby rappresenta una creative bet di proporzioni notevoli. I creatori stanno essenzialmente chiedendo al pubblico di investire emotivamente in un personaggio che molti considerano responsabile della morte del protagonista più amato della serie. È una strategia narrativa che potrebbe make or break il futuro della serie.

Mazin sembra consapevole della sfida: “Sai che le persone amano questo, lo stiamo portando via e dandoti questo ora”. È un’ammissione diretta del fatto che la serie è disposta a sacrificare la immediate gratification del pubblico in favore di una narrativa più ambiziosa e challenging.

Questa filosofia rispecchia un trend più ampio nella televisione contemporanea, dove i premium cable shows si permettono di prendere rischi narrativi che un tempo erano impensabili per il medium televisivo. “The Last of Us” si posiziona all’avanguardia di questo movimento, dimostrando che il pubblico moderno è pronto per storie più sofisticate e moralmente ambigue.

Le anticipazioni per la stagione 3: morti, flashback e epic storytelling

Le rivelazioni di Mazin e Druckmann sulla terza stagione promettono developments che manderanno in tilt i fan della serie. Prima di tutto, c’è la questione della production timeline: secondo Isabela Merced (Dina), le riprese inizieranno nel 2026, il che significa che non vedremo nuovi episodi prima del 2027. Un’attesa lunghissima che però promette di essere ricompensata da una stagione “epica” secondo le parole di Druckmann.

La morte di Jesse avrà ripercussioni massive sulla narrazione futura, particolarmente sul personaggio di Dina. Mazin è esplicito nel dire che “la morte di Jesse cambierà le cose per lei”, e la domanda centrale diventa: chi incolperà Dina per questa perdita? La complessità emotiva di questa situazione promette di generare dramatic tension di altissimo livello.

Un elemento particolarmente intrigante è la promessa di vedere personaggi morti in flashback, incluso potenzialmente lo stesso Joel attraverso le memorie di Tommy. Gabriel Luna ha subito ferite gravi nel finale, e questo apre la possibilità di esplorare il dark past dei fratelli Miller. Mazin anticipa che “Tommy è stato in guerra, e sappiamo anche che per un certo periodo, lui e Joel stavano facendo cose piuttosto brutte”.

Il ritorno dei personaggi principali: continuità nella discontinuità

Nonostante il narrative chaos del finale, Mazin rassicura i fan che “non abbiamo visto l’ultimo di Kaitlyn Dever, e non abbiamo visto l’ultimo di Bella Ramsey, e non abbiamo visto l’ultimo di Isabela Merced”. Questa dichiarazione suggerisce che, nonostante il cambio di focus su Abby, i personaggi principali manterranno un ruolo significativo nella narrazione.

Particolarmente intrigante è l’affermazione che “non abbiamo nemmeno visto l’ultimo di molte persone che sono attualmente morte nella storia”. Questo apre possibilità narrative infinite: flashback, memorie, sogni, o persino narrative devices più creativi che potrebbero riportare in scena personaggi presumibilmente conclusi.

La promise epic nature della terza stagione, combinata con la volontà di esplorare “questo altro lato della storia” che tornerà a Joel ed Ellie, suggerisce una struttura narrativa ancora più ambiziosa e complessa. I creatori sembrano determinati a spingere i confini della televisione serializzata verso territori inesplorati.

L’eredità di Joel: l’ombra che definisce tutto

Uno degli aspetti più affascinanti delle dichiarazioni dei creatori riguarda il continuing influence di Joel sulla narrazione, nonostante la sua morte fisica. Mazin è esplicito nel dire che tutto rimane “sotto la nuvola o la luce del sole di Joel”, una metafora poetica che descrive come l’eredità emotiva del personaggio continui a definire ogni sviluppo narrativo.

Questa narrative strategy è particolarmente sofisticata perché permette alla serie di mantenere la presenza emotiva del suo personaggio più iconico senza ricorrere a resurrezioni artificiali o deus ex machina narrativi. Joel diventa una sorta di spiritual anchor che tiene insieme le diverse storylines e i personaggi dispersi.

La promessa di vedere altri lati di Tommy, particolarmente il suo dark past con Joel, aggiunge layers di complessità al world-building della serie. L’idea che i fratelli Miller abbiano “fatto cose piuttosto brutte” nel passato offre opportunità narrative per esplorare moral ambiguity e character development che potrebbero ridefinire la nostra comprensione di questi personaggi.

Il peso delle promesse e delle responsabilità

L’accenno di Mazin al fatto che Tommy debba “mantenere la promessa intesa verso suo fratello” introduce un elemento di obligation driven narrative che potrebbe guidare gli sviluppi futuri. Questa dinamica aggiunge una dimensione quasi mitologica alla storia, dove i morti continuano a influenzare le azioni dei vivi attraverso unfinished business e responsabilità morali.

La terza stagione promette quindi di essere non solo una continuazione della storia, ma una meditation più profonda sui temi della perdita, della vendetta, della responsabilità e della redenzione. I creatori sembrano determinati a utilizzare il medium televisivo per esplorare questioni filosofiche e morali che raramente vengono affrontate con tale profondità in produzioni mainstream.

L’HBO factor: quando il network supporta la creative vision

Un aspetto spesso sottovalutato del successo di “The Last of Us” è il supporto incondizionato di HBO verso la visione creativa di Mazin e Druckmann. Come ammette lo stesso Mazin, “HBO ci sta supportando nel prendere rischi”, e questo supporto è fondamentale per permettere alla serie di esplorare territory narrativi così ambiziosi.

La decisione di “uccidere Pedro Pascal” (narrativamente parlando) rappresenta un unprecedented risk per una serie di tale successo commerciale. La maggior parte dei network avrebbe probabilmente esercitato pressioni per mantenere in vita il personaggio più popolare, ma HBO ha dimostrato di comprendere che l’artistic integrity della serie dipende dalla fedeltà alla sua visione originale.

Questa partnership creativa tra artisti e network rappresenta un modelo ideale per la produzione televisiva contemporanea, dove il medium può finalmente competere con il cinema in termini di ambizione artistica e narrativa. “The Last of Us” dimostra che quando i creators hanno la libertà di perseguire la loro visione senza compromessi commerciali, il risultato può essere transformative per l’intero medium.

Il precedente per future productions

Il successo critico e commerciale di “The Last of Us”, nonostante le sue scelte narrative controverse, sta creando un precedente importante per future produzioni televisive. Dimostra che il pubblico moderno è pronto per storie più complesse, moralmente ambigue e emotivamente challenging.

Questo potrebbe aprire la strada a una nuova golden age della televisione, dove i creators si sentono liberi di sperimentare con strutture narrative non convenzionali e tematiche mature. L’influenza di “The Last of Us” si estende ben oltre il proprio specifico mondo narrativo, influenzando l’intera industria televisiva.

E tu, caro lettore, cosa ne pensi di questo finale così controverso? Sei riuscito a perdonare Abby per aver ucciso Joel o continui a considerarla l’antagonista principale? Credi che la scelta di cambiare prospettiva narrativa sia stata coraggiosa o semplicemente frustrante? Come pensi che reagirai quando dovrai aspettare fino al 2027 per vedere la terza stagione? La morte di Jesse ti ha colpito quanto quella di Joel o hai sentito meno emotional investment in questo personaggio? Lasciaci un commento con le tue teorie sulla terza stagione e raccontaci quale aspetto di questa narrative revolution ti ha impressionato di più!

Tags: NOWSpiegazione Finali Film e Serie TV
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