L’intelligenza artificiale ha rivoluzionato molti settori, e la musica non fa eccezione. Dagli esperimenti affascinanti ai pericoli del plagio e delle frodi, l’AI sta inondando le piattaforme di streaming con un numero crescente di brani generati artificialmente. Alcuni utenti ne sono incuriositi, altri ne sono preoccupati. Ma come stanno rispondendo Spotify, YouTube, SoundCloud e gli altri colossi del settore?
La questione non è banale. Secondo un rapporto di CISAC e PMP, entro il 2028 il 24% dei ricavi dei creatori musicali potrebbe essere a rischio a causa della proliferazione della musica generata dall’AI. Questo significa meno introiti per gli artisti umani e un catalogo musicale sempre più saturo di contenuti artificiali. Alcuni servizi hanno iniziato a implementare politiche specifiche per arginare il fenomeno, ma le soluzioni non sono tutte uguali.
Deezer e il primo grande passo: l’AI detection tool
A gennaio, la piattaforma di streaming francese Deezer ha annunciato uno strumento di rilevamento AI, il primo del suo genere. Il software scansiona ogni brano caricato, etichetta quelli completamente generati dall’intelligenza artificiale e li esclude dalle raccomandazioni algoritmiche.
Un’idea interessante, che permette a chi vuole ascoltare musica AI di farlo, ma senza che questa venga promossa allo stesso modo dei brani creati dagli esseri umani. Secondo Deezer, circa il 10% delle tracce caricate ogni giorno sulla piattaforma risultano completamente artificiali.
Il dilemma dei falsi positivi e la paura delle piattaforme
L’idea di Deezer sembra un’ottima soluzione, ma c’è un problema: gli strumenti di rilevamento AI attuali non sono infallibili. Secondo alcuni esperti, i software disponibili oggi generano molti falsi positivi, rischiando di etichettare brani umani come artificiali.
Le piattaforme temono le conseguenze di errori simili: se un musicista indipendente si vede bloccato senza motivo, le proteste e le richieste di revisione potrebbero diventare ingestibili. E poi c’è la domanda chiave: l’orecchio umano è davvero in grado di distinguere una canzone AI da una creata da un artista in carne e ossa?
SoundCloud e la battaglia contro la monetizzazione AI
SoundCloud, da sempre un outsider nel mondo dello streaming, ha adottato una strategia diversa. La piattaforma ha vietato la monetizzazione dei brani generati interamente da AI, incoraggiando i creatori a usare l’intelligenza artificiale solo come strumento di supporto e non come sostituto della creatività umana.
Questa scelta cerca di proteggere gli artisti dai pericoli dello spamming musicale e dalle frodi di streaming, un fenomeno sempre più diffuso.
YouTube e il contrasto ai deepfake musicali
Il problema più evidente dell’AI in ambito musicale è il deepfake vocale. Immagina di ascoltare una nuova canzone di Elvis Presley, ma poi scoprire che non è Elvis, ma un’intelligenza artificiale che imita perfettamente la sua voce.
Per combattere questo fenomeno, YouTube ha sviluppato una tecnologia di rilevamento delle voci sintetiche all’interno di Content ID, permettendo ai detentori dei diritti di rimuovere questi contenuti o gestirli economicamente. Un’innovazione che offre ai musicisti un’arma in più per difendersi dall’abuso delle loro voci.
Spotify e la guerra alle frodi di streaming
Uno dei problemi principali causati dalla musica AI è la frode dello streaming: alcuni malintenzionati usano l’AI per creare centinaia di migliaia di brani, li caricano su Spotify e poi generano stream fasulli per incassare royalties.
Per arginare questo fenomeno, Spotify ha introdotto nuovi filtri per limitare il numero di caricamenti giornalieri e identificare i comportamenti sospetti. Anche se la piattaforma non ha adottato misure specifiche contro l’AI, queste restrizioni colpiscono chi abusa della tecnologia per fini fraudolenti.
Il problema del copyright e le falle nel sistema legale
A complicare il quadro c’è anche la questione legale. Negli Stati Uniti, l’Ufficio del Copyright ha stabilito che le opere create esclusivamente dall’AI non possono essere protette da copyright. In teoria, ciò significa che le piattaforme non sono obbligate a pagare royalties per queste tracce. Tuttavia, per ora, quasi tutti i servizi di streaming continuano a pagare compensi anche su contenuti AI, per evitare complicazioni legali.
AI e musica: una rivoluzione inevitabile?
L’AI nella musica è destinata a crescere. Ma è davvero un problema o solo un’inevitabile evoluzione? Se una canzone è bella, conta davvero chi (o cosa) l’ha creata?
Per ora, il dibattito è ancora aperto. Alcuni pensano che le nuove generazioni non faranno più distinzione tra musica umana e artificiale. Altri temono che l’industria si saturi di contenuti senza anima, schiacciando il valore dell’arte autentica.
E tu, cosa ne pensi?
L’AI cambierà per sempre il modo in cui ascoltiamo musica? Le piattaforme stanno facendo abbastanza per proteggere gli artisti? Dimmelo nei commenti!