Dolce fuori, amaro dentro. Il 6 giugno 2025 Levante torna con “MAIMAI”, un brano che conferma la sua maestria nell’arte del contrasto emotivo. Prodotto da Antonio Filippelli e scritto insieme a Gianmarco Manilardi, questo pezzo rappresenta l’ennesima dimostrazione della capacità dell’artista siciliana di vestire i sentimenti più dolorosi con melodie irresistibilmente allegre.
Come ha raccontato la stessa Levante a Grazia, la canzone non nasce da un’esperienza particolare, ma dal “ripescare vecchi sentimenti”. Il vero colpo di genio, però, sta nella scelta di raccontare un tema triste come la separazione su una melodia felice – un gioco che l’artista aveva già sperimentato con successo in “Alfonso” e che qui raggiunge nuove vette di perfezione stilistica. Il risultato è un brano che suona come una festa ma che sa di lacrime, che invita a ballare mentre racconta il dolore del non essere mai cercati, mai pensati, mai amati abbastanza.
Il mantra della negazione
“Non mi pensi, non mi pensi mai / Io c’ho chiamato il cane col tuo nome (Mai, mai)” – l’apertura del brano stabilisce immediatamente il tema dell’assenza sistematica. La ripetizione ossessiva di “mai” diventa il ritmo stesso della canzone, un mantra che scande ogni verso come un metronomo della solitudine.
Il dettaglio del cane chiamato con il nome dell’ex è straziante nella sua quotidianità: rivela quanto quella persona sia ancora presente nella vita della protagonista, anche se solo attraverso surrogati affettivi. È l’amore che si aggrappa a qualunque cosa pur di non lasciare andare.
“Non mi cerchi, non mi cerchi mai / C’ho preso gusto a immaginarti altrove” – la seconda coppia di versi introduce una dinamica masochistica: la protagonista ha “preso gusto” a immaginare l’altro lontano, trasformando il dolore in una forma perversa di piacere.
L’indipendenza come difesa
“Non mi vedi? Non mi vedi? Dai / Sto bene solo se non torni mai” – questa contraddizione è il cuore pulsante del brano. La protagonista chiede di essere vista, ma poi afferma di stare bene solo se l’altro non torna. È la classica dinamica di chi vorrebbe essere cercato ma ha imparato a proteggersi dichiarando di non averne bisogno.
La torta velenosa
Il ritornello introduce una delle metafore più brillanti del repertorio di Levante: “Ti piacerà la torta al mio livore / L’ho consegnata al tuo custode / Ci ho scritto con il cuore: ‘Happy birthday’, mai, mai”.
La “torta al livore” è un’immagine potentissima: un dolce avvelenato dal rancore, decorato con un augurio di buon compleanno che sa di sarcasmo. Il fatto di averla consegnata al “custode” suggerisce una comunicazione mediata, l’impossibilità di un confronto diretto.
“Ti sembrerà che giri attorno al sole / Che gusto ha la delusione? / Lo senti quel sapore?” – questi versi trasformano l’ego dell’altro in un sistema planetario dove tutto ruota attorno a lui, mentre la domanda “che gusto ha la delusione?” introduce una sinestesia che rende tangibile il dolore emotivo.
“Sayonara, mai, mai” – la scelta del giapponese per dire addio aggiunge un elemento di definitività esotica, come se separarsene richiedesse un linguaggio diverso, più distante.
La seconda strofa: maschere e menzogne
“Non mi credi, non mi credi mai / Ho già bevuto litri di menzogne” – la progressione dall’essere ignorata all’essere non creduta aggiunge strati di dolore relazionale. L’immagine del “bere litri di menzogne” trasforma le bugie in sostanza fisica che avvelena dall’interno.
“Non mi ascolti, non mi ascolti mai / A quale maschera devo attenzione?” – la domanda sulle maschere rivela la perdita di autenticità in una relazione dove non si sa più chi si ha davanti, quale versione dell’altro merita considerazione.
“Mi perdoni? Mi perdoni? Dai (No)” – questo verso è devastante nella sua semplicità: la richiesta di perdono seguita immediatamente dal “no” tra parentesi, come se la protagonista stessa si rispondesse, già consapevole del rifiuto.
Il bridge: la rivoluzione dell’amor proprio
“Amore mio, io morirei / Se un passo indietro non farai / Un passo indietro non farò” – il bridge rappresenta il momento di svolta del brano. La minaccia di morte per amore si trasforma immediatamente nella determinazione a non fare passi indietro.
“L’amore non è umano / È l’amor mio di cui ho bisogno / Finalmente sono io / L’amore mio, sì, sono io” – questa progressione è rivoluzionaria: dall’amore come forza disumana e distruttiva si passa all’amor proprio come salvezza. “Finalmente sono io” diventa un grido di liberazione, una riappropriazione di sé dopo il naufragio relazionale.
La produzione come specchio del contrasto
Dal punto di vista tecnico, Antonio Filippelli ha creato un arrangiamento che supporta perfettamente il contrasto concettuale descritto da Levante. La base “molto felice, molto gioiosa” crea una tensione costante con il contenuto del testo, rendendo ogni verso più efficace proprio per questo scarto tra forma e sostanza.
Il video, diretto da Giacomo Triglia (che si è occupato anche della fotografia), promette di amplificare visivamente questa dicotomia tra allegria e dolore, confermando l’attenzione di Levante per ogni dettaglio della comunicazione artistica.
Un addio che sa di rinascita
“MAIMAI” si configura così come un manifesto della separazione consapevole, dove il dolore viene riconosciuto, elaborato e trasformato in forza propulsiva. Levante non nega la sofferenza, ma la usa come carburante per una forma superiore di amore: quello verso se stessa.
La canzone riesce nell’intento dichiarato dall’artista di creare un contrasto emotivo che rende l’esperienza più intensa e memorabile. È terapia musicale mascherata da hit radiofonica, un modo per trasformare il veleno del rancore nella dolcezza liberatoria dell’indipendenza emotiva.
Come sempre nella migliore tradizione di Levante, “MAIMAI” dimostra che i sentimenti più complessi richiedono le forme artistiche più sofisticate, e che a volte la verità più profonda si nasconde dietro la superficie più luminosa.
E tu, hai mai preparato una “torta al livore” per qualcuno che non ti ha mai cercato abbastanza? Ti sei mai ritrovato a chiamare il tuo animale domestico con il nome di un ex? Condividi nei commenti se anche tu hai vissuto quel momento in cui finalmente hai capito che “l’amore mio, sono io” – siamo curiosi di sapere come hai trasformato la delusione in una forma di empowerment personale!
Il testo di MAIMAI
[Strofa 1]
Non mi pensi, non mi pensi mai
Io c’ho chiamato il cane col tuo nome (Mai, mai)
Non mi cerchi, non mi cerchi mai
C’ho preso gusto a immaginarti altrove
Non mi vedi? Non mi vedi? Dai
Sto bene solo se non torni mai
[Ritornello]
Ti piacerà la torta al mio livore
L’ho consegnata al tuo custode
Ci ho scritto con il cuore: “Happy birthday”, mai, mai
Ti sembrerà che giri attorno al sole
Che gusto ha la delusione?
Lo senti quel sapore?
Sayonara, mai, mai
[Post-Ritornello]
(Mai, mai)
[Strofa 2]
Non mi credi, non mi credi mai
Ho già bevuto litri di menzogne
Non mi ascolti, non mi ascolti mai
A quale maschera devo attenzione?
Mi perdoni? Mi perdoni? Dai (No)
Sto bene solo sе non torni mai
[Ritornello]
Ti piacerà la torta al mio livore
L’ho consegnata al tuo custodе
Ci ho scritto con il cuore: “Happy birthday”, mai, mai
Ti sembrerà che giri attorno al sole
Che gusto ha la delusione?
Lo senti quel sapore?
Sayonara, mai, mai
[Bridge]
Amore mio, io morirei
Se un passo indietro non farai
Un passo indietro non farò
L’amore non è umano
È l’amor mio di cui ho bisogno
Finalmente sono io
L’amore mio, sì, sono io
[Ritornello]
Ti piacerà la torta al mio livore
L’ho consegnata al tuo custode
Ci ho scritto con il cuore: “Happy birthday”, mai, mai
Ti sembrerà che giri attorno al sole
Che gusto ha la delusione?
Lo senti quel sapore?
Sayonara, mai, mai