Se c’è una cosa che Netflix sa fare bene, è sfornare thriller avvolti in un’aura di mistero e carichi di segreti. “Missing You”, basato sull’omonimo romanzo del prolifico Harlan Coben, prometteva di essere un avvincente inizio d’anno, ma si rivela una corsa caotica e spesso frustrante attraverso un labirinto di colpi di scena e trame improbabili. Ecco il mio parere su questa serie che, tra alti e bassi, tenta di intrattenere senza sempre riuscirci.
Un inizio intrigante: un gancio che cattura
L’incipit di “Missing You” è accattivante, degno di un thriller di prima classe: la Detective Kat Donovan, interpretata dalla talentuosa Rosalind Eleazar, scopre il profilo del suo ex fidanzato Josh su un’app di incontri. Josh è scomparso misteriosamente dieci anni prima, subito dopo la morte del padre di Kat, lasciando dietro di sé solo dubbi e ferite. Un gancio narrativo forte, capace di catturare l’attenzione del pubblico, ma ahimè, è l’inizio di una trama che si ingarbuglia rapidamente.
Kat, il personaggio centrale, merita un’analisi approfondita. La sua interpretazione è credibile, ma la sceneggiatura non le rende giustizia. Si trova sommersa da un mare di segreti che sembrano quasi una parodia: tutti sanno qualcosa che lei ignora, rendendola una detective curiosamente inefficiente. Per una professionista del crimine, sorprende quanto poco riesca a connettere i punti.
Troppe sottotrame: una giostra senza fine
Non bastasse l’apparizione di Josh, la serie stratifica altre storyline fino a diventare ridondante. C’è il mistero della morte del padre di Kat, un giovane che sostiene che sua madre stesse frequentando Josh (e ora è scomparsa anche lei), e un’indagine su un altro caso di persona scomparsa che – ovviamente – si collega a tutto il resto. Come se non bastasse, entra in scena un boss criminale, interpretato dall’eccellente James Nesbitt, che domina ogni scena in cui appare con un’energia quasi fuori contesto rispetto al resto del cast.
Il problema principale di “Missing You” è che cerca di fare troppo, confondendo invece di intrigare. Ogni nuovo colpo di scena aggiunge complessità, ma non necessariamente profondità. Gli spettatori più attenti potrebbero trovarsi a scuotere la testa, chiedendosi come Kat riesca a non vedere l’ovvio o come i personaggi secondari sembri custodiscano ogni singolo segreto della sua vita.
Il ritmo: un problema cronico
Con una durata di cinque ore distribuite in episodi, la serie soffre di una narrazione che si trascina. Netflix è noto per chiedere ai suoi sceneggiatori di ripetere dettagli e sottolineare punti chiave per permettere al pubblico di distrarsi senza perdere il filo. Questo approccio, però, penalizza “Missing You”, trasformandolo in una sorta di sottofondo invece che in un’esperienza avvincente. Alcune scene sembrano progettate appositamente per chi sta controllando Instagram mentre guarda la serie.
Il risultato? Una sensazione di “già visto” che affligge buona parte della storia, con momenti di tensione che vengono smorzati da un’eccessiva verbosità o dall’insistenza su dettagli irrilevanti. Una scrittura più concisa avrebbe reso la serie molto più efficace.
Un cast che salva il salvabile
Uno degli aspetti più positivi della serie è il cast, che eleva materiale altrimenti banale. Rosalind Eleazar fa il possibile con il ruolo di Kat, dando al personaggio una vulnerabilità autentica nonostante le lacune della sceneggiatura. James Nesbitt, come già accennato, brilla in ogni scena, infondendo una gravità magnetica anche ai momenti più prevedibili.
Tuttavia, nonostante le loro performance, il peso delle assurdità narrative rende difficile investire emotivamente nei personaggi. I dialoghi spesso forzati e le motivazioni deboli minano il lavoro degli attori, che meritavano materiale migliore.
Produzione e regia: un tocco di stile, ma niente di più
Visivamente, “Missing You” non è male. La regia è funzionale e la fotografia riesce a creare un’atmosfera cupa e misteriosa. Tuttavia, manca quella scintilla di originalità che avrebbe potuto rendere la serie memorabile. Le location, pur evocative, non riescono a compensare la prevedibilità della trama.
Un dettaglio interessante è l’uso della canzone “Missing You” di John Waite come punto chiave della trama, un tocco nostalgico che però si perde nella confusione generale. Avrebbero potuto fare di più con un’idea così intrigante, ma si limita a essere un elemento decorativo.
Il verdetto finale: vale la pena guardarlo?
“Missing You” non è un disastro totale, ma nemmeno un capolavoro. Per i fan di Harlan Coben o per chi cerca un intrattenimento leggero, potrebbe essere sufficiente. Tuttavia, gli spettatori che desiderano una trama coerente e personaggi ben sviluppati potrebbero rimanere delusi.
La serie ha momenti di tensione e un cast valido, ma è zavorrata da una sceneggiatura debole e da una narrazione eccessivamente prolissa. Se hai un pomeriggio libero e un debole per i misteri intricati (e poco plausibili), potresti darle una chance. Ma non aspettarti di rimanere con il fiato sospeso.
E ora, tocca a voi! Avete visto “Missing You”? Cosa ne pensate dei colpi di scena e della performance degli attori? Fatecelo sapere nei commenti: siamo curiosi di sentire le vostre opinioni!
La Recensione
Missing You
Un thriller pieno di segreti e colpi di scena, ma la trama si perde in esagerazioni, ripetizioni e poca logica.
PRO
- Il cast talentuoso eleva una trama altrimenti prevedibile.
CONTRO
- Trama confusa e piena di esagerazioni.
- Ritmo lento e ripetitivo che stanca.
- Poco rispetto per l'intelligenza dello spettatore.