Dopo aver seguito MobLand dall’inizio alla fine della prima stagione, devo ammettere una cosa: questa serie mi ha completamente conquistato. Non sarà rivoluzionaria, non cambierà il panorama televisivo, ma è quel tipo di intrattenimento di qualità che ti tiene incollato allo schermo episodio dopo episodio. E sì, nonostante tutte le polemiche sui personaggi controversi, funziona dannatamente bene.
Tom Hardy nel ruolo della sua vita televisiva
Partiamo da quello che tutti concordano: Tom Hardy è semplicemente straordinario. Il suo Harry De Souza è forse la migliore performance televisiva della sua carriera. Finalmente possiamo sentirlo parlare senza maschere, senza accenti incomprensibili, senza filtri vocali bizzarri. È un Hardy cristallino, potente, che riesce a essere minaccioso e vulnerabile allo stesso tempo.
Quello che colpisce di più è come Hardy riesca a trasformare un personaggio potenzialmente generico – il mediatore intrappolato tra due mondi – in qualcosa di autentico e sfaccettato. Quando lo vedi negoziare nel freezer di un ristorante mentre il suo capo cena sopra di lui, capisci immediatamente che stai guardando un professionista al lavoro.
Il cast che funziona meglio di quanto sembri
Pierce Brosnan merita un discorso a parte. Sì, il suo accento irlandese divide il pubblico, ma la verità è che sta interpretando perfettamente un boss della mafia rurale irlandese invecchiato. Il fatto che alcuni lo trovino “troppo stereotipato” è ironico, considerando che Brosnan È irlandese e sta probabilmente attingendo a ricordi reali. La sua interpretazione di Conrad è magnetica e terrificante nella giusta misura.
E poi c’è Helen Mirren. Ecco, qui devo dire la mia: tutti si lamentano che Maeve prende decisioni stupide, ma io credo che sia esattamente questo il punto. Non stiamo guardando la Regina Elisabetta, stiamo guardando una sociopatica megalomane che ha passato decenni a manipolare tutto e tutti. Le sue scelte apparentemente irrazionali iniziano ad avere senso se le guardi come parte di un piano più ampio e retorto.
Guy Ritchie che sa ancora il fatto suo
Guy Ritchie ha diretto i primi due episodi e ha impostato un tono che si mantiene costante per tutta la stagione. Non è il Ritchie giocoso di Snatch, è più cupo e riflessivo, ma mantiene quel ritmo serrato e quella tensione che solo lui sa creare. Le sequenze d’azione sono dinamiche senza essere eccessive, i dialoghi hanno peso specifico, e Londra diventa un personaggio a sé stante.
La serie non reinventa il genere crime, ma lo esegue con una competenza che manca a molte produzioni recenti. Ogni elemento è al suo posto: dalla fotografia che gioca con ombre blu e nere, alla colonna sonora che sottolinea senza invadere, fino al montaggio che sa quando accelerare e quando rallentare.
La trama che ti prende per la gola
La storia di base è classica: due famiglie criminali, un equilibrio precario, un evento scatenante che manda tutto a rotoli. Ma MobLand riesce a rendere interessante anche la formula più abusata grazie a personaggi ben scritti e situazioni che evolvono in modo organico.
Il vero punto di forza è come la serie gestisce le dinamiche familiari interne. I Harrigan non sono una famiglia criminale monolitica, sono un gruppo di individui con motivazioni diverse, spesso in conflitto tra loro. Questa frammentazione interna rende tutto più credibile e drammaticamente ricco.
I dettagli che fanno la differenza
Quello che mi ha colpito di più è l’attenzione ai dettagli apparentemente insignificanti. Il modo in cui Conrad si gusta un pranzo mentre Harry risolve i problemi nel seminterrato, come Maeve manipola le situazioni con gesti apparentemente innocui, la tensione che si respira anche nelle scene più tranquille.
Paddy Considine è sottoutilizzato ma quando appare è sempre efficace. Daniel Betts rende Brendan detestabile con una naturalezza impressionante. E Anson Boon interpreta Eddie come quel tipo di ragazzo viziato che tutti abbiamo incontrato almeno una volta – privilegiato, irresponsabile e inconsapevole delle conseguenze delle sue azioni.
L’equilibrio tra violenza e caratterizzazione
Una delle cose che MobLand fa meglio di molte serie crime è trovare il giusto equilibrio tra violenza e sviluppo dei personaggi. Non è mai violenta fine a se stessa, e non è mai così introspettiva da diventare noiosa. C’è sempre una tensione di fondo che ti fa stare con il fiato sospeso, anche quando i personaggi stanno semplicemente parlando.
La serie sa quando accelerare e quando prendersi il tempo per far respirare i personaggi. Alcuni episodi sono più riflessivi, altri più dinamici, ma c’è sempre una coerenza di tono che tiene tutto insieme.
Il fenomeno dei commenti polarizzati
È interessante come MobLand abbia diviso così nettamente il pubblico. Da una parte ci sono quelli che la adorano per quello che è – intrattenimento crime di qualità senza pretese artistiche eccessive. Dall’altra chi la critica per personaggi “non credibili” e situazioni “troppo assurde”.
La verità è che questa polarizzazione è spesso il segno di una serie che osa prendere delle posizioni. Non cerca di piacere a tutti, non lima gli spigoli per risultare più digeribile. Ha una sua personalità forte e divisiva, e questo alla fine è un pregio.
Perché funziona nonostante tutto
MobLand funziona perché non ha paura di essere quello che è. Non cerca di rivoluzionare il genere, non ha pretese intellettuali eccessive, ma esegue la sua formula con competenza e passione. È come un buon thriller di John Grisham: sai cosa aspettarti, ma è fatto così bene che non ti importa della prevedibilità.
La serie è stata rinnovata per una seconda stagione, e francamente sono curioso di vedere dove porteranno la storia. Le basi ci sono tutte per qualcosa di ancora più interessante, ora che i personaggi sono stati stabiliti e le dinamiche sono chiare.
Il verdetto: una piacevole sorpresa
Alla fine, MobLand mi ha sorpreso positivamente. Non è perfetta, ha i suoi difetti e le sue ingenuità, ma è tremendamente godibile. È quella serie che guardi la sera dopo una giornata pesante, sapendo che ti intratterrà senza farti troppo pensare, ma senza offendere la tua intelligenza.
Tom Hardy da solo vale il prezzo del biglietto, ma il resto del cast regge bene il confronto. La regia è solida, la scrittura funzionale, e l’atmosfera davvero convincente. Non diventerà un classico, ma è esattamente il tipo di serie che il panorama televisivo attuale ci serve.
Tu l’hai già vista o stai ancora decidendo se darle una possibilità? Fammi sapere nei commenti cosa ne pensi del controverso personaggio di Maeve e se anche tu pensi che Tom Hardy stia attraversando uno dei periodi migliori della sua carriera!
La Recensione
MobLand
Tom Hardy eccezionale, Pierce Brosnan trasformato, Helen Mirren divisiva ma efficace. MobLand esegue perfettamente la formula crime senza rivoluzionarla. Intrattenimento di qualità che conquista nonostante personaggi controversi. Guy Ritchie sa ancora il fatto suo.
PRO
- Tom Hardy cristallino nella migliore performance televisiva della sua carriera
- Atmosfera londinese curata nei minimi dettagli da Guy Ritchie
- Cast coeso che funziona meglio di quanto le polemiche facciano credere
CONTRO
- Accenti cockney che richiedono sottotitoli anche per i madrelingua
- Helen Mirren divisiva con scelte controverse del personaggio
Non sapevo che MobLand avesse diviso il pubblico. Lo apprendo da voi. Voi ci lavorate lo sapete bene, oggi le serie TV sono una pandemia. Fino agli anni 2000 c’erano i telefilm: Perry Mason, Colombo, La signora in giallo, La casa nella prateria… Dallas… erano circoscritte, in un’annata televisiva quanto saranno state: Cinque, dieci, di più?
Le serie di oggi hanno creato il panico: Neanche facendo solo quello, senza né mangiare, né dormire, né lavorare, né fare l’amore… non ti basterebbe tutta la vita per vederle tutte. Molte che meritano magari ti sfuggono. Altre schifezze ti capita di guardarle (poi abbandoni).
Voi che ne pensate di questa overdose di produttività televisiva… io la mia la dico dopo semmai.
MobLand mi ha catturato subito, e te ne accorgi subito. Lo confesso; Ci lavora il mio duro preferito: Tom Hardy.
Vero che quando il sistema del cinema ti identifica col fisico adatto e la faccia giusta ti insacca nel ruolo di “duro” amazzasette e da lì non esci più, o è molto difficile. Che i protagonisti siano complici in questo business non lo do per scontato a tutti, qualcuno vorrebbe magari cimentarsi in altri ruoli. Per loro comunque un filone è una forma di reddito.
Mi riferisco a uno in particolare: Jason Statham (da me molto ammirato) e con un notevole potenziale di attore, sempre secondo il sottoscritto! Ma da trenta film spara e mena da quando entra in scena a quando esce.
E dispiace dirlo (a me sempre) i suoi sono ruoli stereotipi, con dialoghi monocorde da “yankee” ritardato.
Non voglio aprire parentesi troppo lunghe, o mi fareste qualcosa, non so cosa! Ma ragazzi: Hanno appioppato il ruolo di duro tempo addietro a Humphrey Bogart, che come diceva un mio amico da adolescenti: “Ha le spalle strette e lo sterno carenato, il primo schiaffo che vola è il suo”.
Eppure è stato il duro di Hollywood per antonomasia ai suoi tempi. Altri tempi.
Apro una parentesi: C’è differenza tra un “duro” e uno che mette paura tout-court. Se prendiamo Tommy Shelby in Peaky Blinders, più o meno magrolino poco importa. Lui spaventa perché spara ed è il capo di una banda.
Il duro è sempre un solitario. È uno che mena forte. Per questo dico che Bogart come duro è un pesce fuori dallo stagno.
Oggi in quanto a fisici adeguati hai solo l’imbarazzo… incluso Tom Hardy. La sua filmografia è anch’essa quasi interamente formata da ruoli da “duro”, il termine duro ripetuto mi fa ridere lo trovo retrò rispetto al linguaggio. Ma ci siamo capiti.
Non è mai stato un personaggio banalotto, con battute fatte con lo stampino, dei film americani soprattutto: “Resisti amico te la caverai” (quando uno dei due è steso a terra crivellato). “Chiudi quella fogna di bocca!”. Queste sono le battute di CHiPs o di Starsky & Hutch.
La sceneggiatura è tutto! Mi piacerebbe tirare il ballo quella mediocrità di copione di “Non ci resta che piangere”, ma avrei tutta l’Italia contro e mi fermo!
Torno su Hardy che è meglio. I suoi ruoli mostrano una grande umanità. Inserita in un contesto di dialoghi curati. La sceneggiatura è tutto! Ha una presenza carismatica sul set e una capacità attoriale notevolissime.
Intendiamoci, MobLand in sé non è una serie priva di cadute e di stereotipi a Go-go: Eddie è il ragazzo violento e viziato come mille ragazzi raffigurati al cinema. Il suo personaggio è privo di spessore… è una caricatura.
Se invece ci spostiamo sulla trilogia: Hardy, Mirren, Brosnan, ce lo ricordiamo un lezioso e leccato 007 che oggi si presenta in questa vesti… da brivido! Da questa prospettiva i tre fanno scintille!
Come dite giustamente voi (vi do del voi): Ha poco senso ricercare la serie che rivoluziona il genere. Basta e avanza se il genere lo fai da Dio, con attori superbi e amalgamati, una sceneggiatura all’altezza e le battute mai scontate (a parte quelle di Eddie). Direi che ci siamo.
Grazie per la cortese attenzione. Con la mia faccia sotto i piedi vostri…
Marco Rufo Paolini