Cari lettori di Wonder Channel, preparatevi a un viaggio nel lato più oscuro dello showbiz. Sean “Diddy” Combs, il magnate della musica che ha costruito un impero con Bad Boy Records, oggi è sotto processo non solo per i suoi beat, ma per accuse che potrebbero riscrivere la sua legacy. Mentre scontava la detenzione nel carcere di Brooklyn in attesa del processo per traffico sessuale e racket (previsto per maggio 2025), una nuova denuncia ha scosso il mondo: l’uso sistematico di baby oil come strumento di coercizione sessuale.
Stiamo parlando di un’indagine che coinvolge oltre 30 cause civili, decine di testimonianze e un modus operandi degno di un thriller. Ma come è possibile che un prodotto innocuo come la baby oil sia finito al centro di un’inchiesta federale? E soprattutto, perché le vittime sostengono che Diddy abbia trasformato le sue feste in “trappole oleose”? Scopriamolo insieme, senza perdere il ritmo.
Baby oil: non solo per neonati, ma per “freak-off” con stile
Secondo la denuncia depositata dall’avvocata Lisa Bloom, Diddy avrebbe utilizzato quantità industriali di baby oil per indebolire fisicamente e psicologicamente le vittime. Un John Doe, ex intrattenitore adulto, ha raccontato che nel 2007, durante un incontro a Las Vegas, il rapper gli avrebbe cosparso il corpo con così tanto olio da farlo scivolare in uno stato di semi-incoscienza.
Non si tratta di un episodio isolato. Nicole, un’altra accusatrice, ha descritto come Diddy riempisse stanze d’albergo di bottiglie vuote di baby oil, utilizzandole per “riscaldare” gli ambienti durante incontri sessuali. Addirittura, un assistente dell’artista ha confessato di dover pulire pozze d’olio dai pavimenti dopo le feste, con il rischio di scivolare.
Ma la vera svolta arriva dalle parole dell’accusatore principale: “Dopo l’applicazione, diventavo fiacco, confuso, quasi paralizzato. Ero costretto a compiere atti sessuali che non avrei mai voluto”. Una dinamica che, secondo i legali, rientrerebbe in un sistema organizzato di manipolazione, dove la baby oil agiva da “lubrificante psicologico” per annullare le resistenze.
Dai club di Los Angeles alle aule di tribunale: il pattern delle accuse
Se pensavi che le feste di Diddy fossero solo champagne e VIP, ricrediti. Tony Buzbee, l’avvocato texano che rappresenta decine di querelanti, ha svelato un meccanismo inquietante: promettere carriere musicali per attirare vittime.
Prendiamo il caso del 23enne aspirante rapper che nel 2015 si esibì in un club di Los Angeles. Dopo il concerto, Diddy lo invitò a un afterparty dove gli offrì un drink “special edition” a base di Ciroc (la sua vodka). Risultato? Il giovane perse conoscenza e si risvegliò durante un’orgia. Stessa sorte per un musicista che, sempre nel 2015, fu costretto a simulare rapporti sessuali sotto lo sguardo vigile di Diddy, pronto a minacciare ritorsioni sulla carriera.
E non finisce qui. Con 10 nuove cause attese entro fine febbraio e una legge di New York che permette di denunciare abusi passati (scadenza: 1º marzo 2025), il contatore delle accuse potrebbe superare il centinaio. “È una macchina perfetta: droga, minacce, registrazioni clandestine”, ha dichiarato Buzbee.
La difesa di Diddy: “Fandonie per publicity stunt”
Il team legale del rapper respinge al mittente ogni accusa, definendo le denunce “esercizi di fama mediatica”. In un comunicato, hanno sottolineato: “Sean Combs non ha mai aggredito nessuno. La verità prevarrà in tribunale”.
Nonostante ciò, i dettagli emersi lasciano poco spazio all’immaginazione: video compromettenti usati per ricatti, feste con minorenni e escort, e persino un’ex dipendente che parla di “odore di baby oil come incubo”.
Cosa resta del re dell’hip-hop?
Con un patrimonio stimato in 740 milioni di dollari e una reputazione in frantumi, Diddy è diventato il protagonista involontario di documentari come The Fall of Diddy (Peacock) e una serie Netflix prodotta da 50 Cent. Intanto, le vittime chiedono giustizia, e il pubblico fatica a distinguere tra il genio musicale e il presunto predatore.
E tu, caro lettore, cosa ne pensi? Diddy è il capro espiatorio di un sistema malato o il regista di un traffico sessuale senza precedenti? Lasciaci un commento e unisciti al dibattito. La verità, come dice qualcuno, è “bad boy for life”… ma forse non nel modo che sperava lui.