Quando nel 1975 nacque Sean Ono Lennon, il mondo della musica assistette a qualcosa di inaspettato: John Lennon, l’ex Beatle più controverso e irrequieto, annunciò che si sarebbe ritirato dalle scene per fare il papà a tempo pieno. Cinque anni lontano dai riflettori, dalle registrazioni, dai tour. Un gesto rivoluzionario per l’epoca, quando l’idea di un padre che lasciava la carriera per occuparsi del figlio era praticamente fantascienza. Ma c’è un dettaglio che rende questa storia ancora più affascinante: Lennon non smise mai davvero di fare musica.
Mentre il mondo credeva che stesse semplicemente cambiando pannolini e preparando pappe, nella sua casa di New York continuava a scrivere, comporre e registrare. Quelle cassette dimenticate, ritrovate anni dopo la sua tragica morte, ci raccontano una verità diversa: l’era del “casalingo” fu in realtà una fase creativa segreta, lontana dalle pressioni dell’industria musicale ma non meno produttiva. E oggi, a distanza di decenni, quei demo continuano a regalarci nuove canzoni dei Beatles, come se John non se ne fosse mai andato davvero.
Questa non è la storia di un musicista che si è fermato. È la storia di un artista che ha trovato un modo diverso di esistere, dividendosi tra la paternità e una rinascita musicale silenziosa. È la storia di un uomo che cercava di correggere gli errori del passato con il figlio maggiore Julian, mentre parallelamente gettava le basi per quello che sarebbe dovuto essere il suo grande ritorno. Un ritorno che il destino gli negò brutalmente, ma che continua a parlare attraverso quelle registrazioni casalinghe che ogni tanto riemergono, come messaggi in bottiglia lanciati dal passato.
La decisione che sconvolse il mondo della musica
Tra il 1970 e il 1975, John Lennon aveva pubblicato sei album da solista, costruendosi una carriera post-Beatles significativa e potente. Poi, improvvisamente, tutto si fermò. La nascita di Sean cambiò le carte in tavola. Mentre Yoko Ono continuava le sue attività artistiche, Lennon prese una decisione che all’epoca sembrò folle: mettere in pausa la carriera per dedicarsi completamente al figlio.
Non era solo una scelta professionale, era un tentativo di redenzione personale. Con Julian, il figlio avuto dalla prima moglie Cynthia e nato nel 1963 proprio mentre esplodeva la Beatlemania, le cose erano andate diversamente. Troppo diversamente. Lennon era in tour quando Julian venne al mondo, e la sua presenza nella vita del ragazzo fu intermittente, frammentata tra concerti, registrazioni e l’ossessione mediatica che circondava i Fab Four.
I rimorsi di un padre assente
In un’intervista con Playboy del 1980, Lennon fu brutalmente onesto riguardo al rapporto con Julian. Ammise di vederlo sporadicamente, durante le vacanze e i compleanni, mantenendo quella che definì “una linea aperta” ma consapevole che non fosse “la migliore relazione tra padre e figlio”. Le sue parole trasudavano rimpianto: si sentiva come “una figura nel cielo” per Julian, qualcuno con cui il ragazzo si sentiva obbligato a comunicare anche quando probabilmente non ne aveva voglia.
Con Sean volle fare diversamente. Quei cinque anni di paternità attiva furono anche un modo per comprendere meglio le donne, la maternità, le sfide quotidiane che fino ad allora aveva solo osservato da lontano. “Sean sta per compiere cinque anni, e sono riuscito a passare i suoi primi cinque anni con lui. Ne sono molto orgoglioso”, disse. Era evidente che questa esperienza lo avesse cambiato profondamente, sia come uomo che come artista.
Il ritorno che non fu: Double Fantasy e la tragedia
Nel 1980, Lennon decise che era arrivato il momento di tornare. Double Fantasy doveva essere solo il primo di molti album che aveva in programma. In una conversazione telefonica con Paul McCartney, Lennon gli confidò di essere diventato irrequieto, di sentirsi “come zia Mimi che gira per casa in vestaglia”, come raccontò poi McCartney stesso. “Questa casalinga vuole una carriera!”, aveva scherzato John, usando quell’ironia tagliente che lo contraddistingueva.
Ma quel ritorno durò meno di un mese. L’8 dicembre 1980, un fanatico squilibrato gli sparò davanti al Dakota Building, spegnendo per sempre una delle voci più importanti della storia della musica. Double Fantasy diventò così il suo ultimo album ufficiale. O almeno, così sembrava.
Le cassette perdute e il regalo di Yoko
Negli anni Novanta, quando Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr si riunirono per lavorare a The Beatles: Anthology, Yoko Ono consegnò loro alcune cassette che John aveva registrato a casa durante il suo periodo di “ritiro”. Non erano semplici appunti o scarabocchi sonori: erano vere e proprie canzoni, demo strutturati che aspettavano solo di essere completati.
Tra queste registrazioni casalinghe c’erano “Free as a Bird” e “Real Love”, pubblicate nel 1995. I tre Beatles rimasti le finirono, aggiungendo le loro parti strumentali e vocali, creando qualcosa di magico e straziante allo stesso tempo: nuove canzoni dei Beatles, quasi quindici anni dopo lo scioglimento ufficiale della band e anni dopo la morte di John.
Now and Then: l’ultima canzone dei Beatles
Ma il capitolo più recente di questa storia arriva nel 2023, quando grazie all’aiuto della tecnologia di Peter Jackson, Paul McCartney e Ringo Starr riuscirono finalmente a completare “Now and Then”, l’ultima canzone dei Beatles. Anche questa proveniva dalle cassette di Yoko, ma per anni era rimasta incompiuta perché la tecnologia dell’epoca non permetteva di isolare adeguatamente la voce di John dalle altre tracce presenti nella registrazione casalinga.
Quella che era nata come una semplice demo registrata al pianoforte nella casa di Lennon, è diventata l’ultimo testamento musicale dei Fab Four. Un cerchio che si chiude in modo incredibilmente poetico: John che canta dal passato, i suoi vecchi compagni che gli rispondono dal presente, la tecnologia che fa da ponte tra due epoche.
L’eredità che non invecchia
Il 9 ottobre 2025 John Lennon avrebbe compiuto 85 anni. Sono passati 45 anni dalla sua morte, eppure la sua influenza sulla musica rimane potentissima. Quelle cassette registrate tra pannolini e biberon ci ricordano che un vero artista non smette mai di creare, anche quando il mondo pensa che si sia fermato.
L’era del “casalingo” di Lennon non fu una pausa, fu una trasformazione. Mentre cucinava, preparava il tè e si prendeva cura di Sean, continuava a scrivere la storia della musica, una canzone alla volta, senza fretta, senza pressioni. E forse, proprio per questo, quelle registrazioni hanno qualcosa di speciale: sono l’opera di un artista finalmente libero, che crea per il puro piacere di farlo.
E tu, cosa ne pensi di questa doppia vita di John Lennon? Credi che quei cinque anni lontano dai riflettori abbiano influenzato la sua musica? E cosa provi quando ascolti quelle canzoni postume, sapendo che provengono da quel periodo così particolare della sua vita? Raccontacelo nei commenti.




