Il palcoscenico dell’Eurovision 2025 si prepara a trasformarsi ancora una volta in un terreno di scontro geopolitico, con la partecipazione di Israele che continua a generare onde d’urto nel panorama musicale europeo. Yuval Raphael, la rappresentante israeliana che porterà sul palco la sua potente ballad “New Day Will Rise”, ha rilasciato dichiarazioni sorprendenti in un’intervista alla BBC, rivelando di essersi preparata specificamente per affrontare possibili contestazioni durante la sua esibizione. “Sì, penso di aspettarmelo… Ma siamo qui per cantare e io canterò con tutto il cuore per tutti”, ha affermato l’artista con una determinazione che risuona come un potente acuto in un contesto di crescente tensione. Ciò che rende questa situazione ancora più carica di significato è il background personale della cantante: Yuval è una sopravvissuta dell’attacco al Nova Music Festival del 7 ottobre 2023, una tragedia che ha segnato l’inizio di un conflitto ancora in corso che ha causato decine di migliaia di vittime. La sua partecipazione al contest si inserisce in un contesto di crescenti richieste di esclusione di Israele dalla competizione, con oltre 70 ex concorrenti dell’Eurovision che hanno firmato una lettera aperta accusando l’emittente nazionale israeliana KAN di essere “complice del genocidio contro i palestinesi a Gaza”. Nonostante queste pressioni, l’European Broadcasting Union (EBU) ha mantenuto ferma la decisione di includere Israele nella lineup, creando un delicato contrappunto tra la celebrazione della musica e le inevitabili risonanze politiche che la competizione porta con sé.
La preparazione alla tempesta: prove con “distrazioni”
Ciò che colpisce dell’approccio di Yuval Raphael è la sua metodica preparazione alle possibili contestazioni. “Ho fatto alcune prove in cui abbiamo inserito suoni, così posso esercitarmi quando ci sono distrazioni sullo sfondo”, ha rivelato la cantante, dimostrando una consapevolezza e un pragmatismo rari in un contesto così carico di emozioni. Questa tecnica di allenamento, che ricorda le sessioni di soundcheck disturbato utilizzate da artisti abituati a esibirsi in contesti ostili, evidenzia la determinazione della Raphael a mantenere il focus sulla sua performance, indipendentemente dalle circostanze esterne.
La cantante sembra aver adottato un approccio quasi zen alla situazione, scegliendo di concentrarsi esclusivamente sulla sua esecuzione vocale e sul messaggio della sua canzone, piuttosto che farsi travolgere dalle polemiche. “Tutti hanno opinioni. Sto davvero mettendo tutto da parte e concentrandomi sulla cosa più importante. Lo slogan di quest’anno è ‘uniti dalla musica’ ed è per questo che siamo qui”, ha dichiarato, evocando il potere unificante della musica in un momento di profonda divisione.
Il precedente del 2024: censura e proteste
Il contesto in cui si inserisce la partecipazione di Israele all’Eurovision 2025 è particolarmente complesso, soprattutto alla luce di quanto accaduto nell’edizione 2024. L’anno scorso, l’EBU si è riservata il diritto di rimuovere bandiere e simboli palestinesi durante la competizione e ha censurato il concorrente irlandese Bambie Thug per aver indossato le parole “cessate il fuoco” e “libertà per la Palestina” come messaggio nascosto sul suo costume, in linea con le rigide regole che vietano qualsiasi dichiarazione politica durante il contest.
Questo crescendo di tensione ha portato a reazioni significative nel mondo musicale europeo: oltre 1.000 artisti svedesi hanno chiesto il bando di Israele, più di 1.400 professionisti dell’industria musicale finlandese hanno firmato una petizione per vietare la partecipazione del paese, e oltre 400 artisti irlandesi hanno invitato Bambie Thug a boicottare il concorso. Un pattern armonico di proteste che sembra ripetersi con ancora maggiore intensità quest’anno.
La silenziosa protesta di un’artista sopravvissuta
Un aspetto particolarmente rilevante della partecipazione di Yuval Raphael è che, in conformità con le regole dell’EBU, la cantante non discuterà pubblicamente della sua esperienza al Nova Festival del 7 ottobre 2023. Questa sospensione del racconto personale aggiunge un ulteriore livello di complessità alla sua partecipazione, creando una sorta di dissonanza cognitiva tra la sua identità di sopravvissuta e il suo ruolo di semplice performer in un contesto che si vuole apolitico.
“A volte è stato spaventoso, persino scomodo, ma mi fa continuare a ricordare a me stessa perché sono qui e qual è il mio obiettivo, che è diffondere quanto più amore possibile e portare orgoglio al mio paese”, ha affermato la cantante, evidenziando la tensione tra la sua esperienza personale e le limitazioni imposte dal contesto della competizione.
Il doppio standard dell’esclusione
Molti critici hanno sottolineato quella che percepiscono come un’incongruenza nella politica dell’EBU riguardo alle esclusioni politiche, ricordando come nel 2022 la Russia sia stata espulsa dalla competizione dopo l’invasione dell’Ucraina. Questa apparente asimmetria nelle decisioni è stata definita un “doppio standard” nella lettera aperta firmata dagli ex concorrenti, tra cui la rappresentante del Regno Unito del 2023, Mae Muller.
L’EBU, dal canto suo, ha risposto affermando di “comprendere le preoccupazioni e le opinioni profondamente sentite riguardo all’attuale conflitto in Medio Oriente” e di essere “in costante contatto con coloro che partecipano quest’anno”, mantenendo però ferma la decisione di includere Israele nella competizione.
E tu, cosa ne pensi di questa complicata situazione? Credi che l’Eurovision dovrebbe rimanere uno spazio totalmente apolitico, o pensi che sia impossibile separare la musica dal contesto sociale e politico in cui viene creata ed eseguita? Ti uniresti ai fischi o applaudiresti la performance di Yuval, concentrandoti esclusivamente sulla qualità musicale? Lascia un commento qui sotto e condividi la tua opinione su questo delicato equilibrio tra espressione artistica e consapevolezza politica che l’Eurovision 2025 ci costringe a considerare!