Hai presente la storia di “Piccole Donne”, la dolce e intramontabile avventura delle sorelle March che ha incantato generazioni di lettori e spettatori? Bene, preparati a rivoluzionare il tuo immaginario: “Piccole Donne”, il K-Drama coreano disponibile su Netflix, prende spunto dal romanzo di Louisa May Alcott e ne stravolge la prospettiva, trasformandolo in un intenso crime thriller. In questa versione, le protagoniste non affrontano solo i classici dilemmi di crescita e povertà, ma si trovano invischiate in omicidi, scandali politici e complotti finanziari degni di una serie da binge-watching compulsivo. Pronto a scoprire tutti i segreti di questo remake mozzafiato?
Un adattamento insolito che mantiene il cuore originale
La storia originale di “Piccole Donne” (in inglese “Little Women”) segue le avventure di quattro sorelle nella New England del XIX secolo. Qui, però, entriamo nel mondo contemporaneo di tre sorelle coreane, le Oh sisters: Oh In-joo (Kim Go-eun), Oh In-kyung (Nam Ji-hyun) e Oh In-hye (Park Ji-hu). Quest’ultima, a differenza di Amy March (la più piccola nel romanzo di Alcott), non potrà più contare su un viaggio in Europa offerto da familiari generosi. Infatti, la madre ruba il denaro destinato a In-hye, lasciandola a mani vuote e con un sogno di carriera artistica infranto.
Perché solo tre sorelle e non quattro? Gli sceneggiatori hanno deciso di fondere alcuni tratti caratteriali della classica Beth con quelli di altri personaggi, creando un dinamico trio. Ciò che rimane fedele allo spirito originale è il rapporto tra sorelle: l’affetto resta il collante dell’intera vicenda, sebbene il contesto sia ben più oscuro di qualsiasi versione precedente di “Piccole Donne” (come il film di Greta Gerwig o quello del 1994 con Winona Ryder).
Un thriller che mescola dramma familiare e mistero
Se nel romanzo di Alcott i problemi di denaro sono essenzialmente descritti con toni delicati, qui il tema della povertà assume sfumature decisamente più dure. La vita delle Oh sisters è costellata di inganni, ruberie e corruzione. Mentre Meg March nel romanzo desiderava elevarsi socialmente con un matrimonio benestante, in “Piccole Donne” (2022) la sorella maggiore In-joo lavora in un’azienda di contabilità e aspira a emergere in un mondo professionale competitivo. Tuttavia, non si tratta solo di raggiungere lo status: la donna si trova presto coinvolta in un giro di denaro sporco e in un embezzlement scandaloso che la getta in situazioni pericolose.
Al contempo, la seconda sorella, In-kyung, rispecchia il carattere combattivo di Jo March. Jo era un’aspirante scrittrice, mentre In-kyung è una reporter giornalistica con un istinto infallibile per le notizie scottanti. Le sue inchieste la conducono a un intricato scandalo politico, da cui nascono tensioni che minacciano di travolgere l’intera famiglia. La differenza fondamentale? Il romanzo di Louisa May Alcott era un racconto di formazione, mentre la serie coreana punta sul fattore suspense, con colpi di scena da far impallidire anche i più navigati amanti del mistero.
Classi sociali, corruzione e un pizzico di romanticismo
Come nell’originale, anche qui il divario di classe è un elemento chiave. Nel libro di Alcott, la famiglia March fatica a rimanere a galla, e la ricchezza appare come una meta ambita ma mai prioritaria rispetto ai valori familiari. In questa rivisitazione, la critica sociale diventa persino più aspra. I personaggi ricchi sembrano pronti a qualunque bassezza pur di aumentare il proprio patrimonio, e chi è povero fatica ancor di più a mantenere la bussola morale. Lo spettro della corruzione si insinua dappertutto, rendendo ogni gesto di generosità potenzialmente sospetto.
La zia Oh Hye-seok: la nuova zia March
In questa versione di “Piccole Donne”, non manca una figura che richiama la zia Josephine March. Parliamo di Oh Hye-seok (Kim Mi-sook), la ricca prozia che ha cresciuto parzialmente In-kyung e che incarna l’alto rango della famiglia. Come la zia Josephine nel libro, Oh Hye-seok simboleggia la prospettiva di un mondo agiato, ma anche l’ipocrisia di chi critica la povertà senza davvero aiutare chi ne è coinvolto. L’influenza di questa personaggio è decisiva nel modellare la mentalità di In-kyung, che, al contrario delle altre sorelle, mostra un iniziale disprezzo verso i privilegi che definisce ingiusti.
Un intreccio di generi: dal family drama al crime
La marcia in più del K-Drama sta proprio nell’audacia con cui combina generi diversi: la base narrativa viene dal romanzo classico, ma non mancano sfumature di thriller cospirativo, con scene che richiamano i toni di “Stranger Things” (in termini di suspense, non certo di soprannaturale) o di altre serie crime come “Signal”. Le tre sorelle si trovano costantemente sul filo del rasoio, in bilico tra la salvezza e il rischio di compromettersi definitivamente. Il sistema è corrotto fino al midollo: chiunque può nascondere una doppia vita o un segreto inconfessabile.
Piccole Donne (2022) e la visione cynica del denaro
Un altro aspetto intrigante è la rappresentazione cinica del denaro. Nel romanzo di Alcott, guadagnare onestamente e vivere modestamente erano valori fondamentali. Qui, l’arrivismo e la brama di ricchezza trasformano i personaggi in pedine pericolose di un gioco più grande di loro. Che si tratti del furto dell’opera d’arte di In-hye, di un contratto di lavoro sporco o di un omicidio camuffato da incidente, ogni azione è guidata dalla spinta a superare i limiti per ottenere vantaggi economici. E come insegnano molte serie tv coreane, la verità prima o poi viene a galla, ma non sempre nel modo più gentile.
Un cast stellare e un tocco di regia magistrale
Il successo di “Piccole Donne” in versione K-Drama si deve anche alle straordinarie interpretazioni del cast, con Kim Go-eun a capo come In-joo, già amata dal pubblico per il suo ruolo in “Goblin”. A lei si affiancano Nam Ji-hyun (In-kyung) e Park Ji-hu (In-hye), entrambe convincenti nel ritrarre la fragilità e la forza che convivono in ogni sorella. La regia di Kim Hee-won, poi, trasmette un senso di tensione costante, amplificato da una fotografia dai toni freddi e da musiche sinistre che sembrano invitarti a guardarti le spalle in ogni scena.
Perché guardarlo?
Se ami i classici, potresti essere incuriosito dall’originale reinterpretazione che “Piccole Donne” offre. Se invece adori i thriller d’alta qualità, resterai conquistato dai continui colpi di scena e dalle atmosfere tensive tipiche dei K-Drama. Il mix di classico e moderno rende questa serie un perfetto esempio di come un racconto possa essere attualizzato senza perdere la propria identità. Certo, non aspettarti lo stesso calore familiare che troveresti in un adattamento fedele del romanzo: qui tutto è più duro, cupo e corrotto. Ma è proprio questo contrasto a rendere il viaggio delle sorelle Oh tanto affascinante.
Dove e come vedere “Piccole Donne”
Per fortuna, non serve recarsi in Corea per gustare questa piccola gemma televisiva: “Piccole Donne” è disponibile in streaming su Netflix, e puoi tuffarti immediatamente in questa storia avvincente composta da momenti di tenerezza tra sorelle, tensioni legate alla malavita finanziaria e un’indagine che sembrerebbe uscito da un noir di ultima generazione. Se adori la mixology narrativa, questo K-Drama è un cocktail perfetto di drammi familiari e suspence.
E tu, sei pronto a scoprire come le sorelle Oh affronteranno intrighi e pericoli? Hai già visto la serie o stai pensando di iniziarla? Raccontacelo nei commenti: la community di Wonder Channel vuole sentire il tuo parere su questa sorprendente rivisitazione di un classico intramontabile!