La musica italiana sta vivendo una delle sue controversie più piccanti dell’anno. Gianluca Grignani ha annunciato azioni legali nei confronti di Laura Pausini per la sua reinterpretazione di “La mia storia tra le dita“, scatenando un dibattito che tocca nervi scoperti nell’industria musicale.
Quello che sembrava essere un semplice omaggio si è trasformato in una battaglia che potrebbe finire davanti ai giudici. La querelle, iniziata con qualche scaramuccia sui social a luglio, ha raggiunto il punto di non ritorno quando Grignani, attraverso il suo legale Giorgio Tramacere, ha deciso di tutelare legalmente la sua opera. Non si tratta solo di ego artistico – qui c’è molto di più in ballo.
La versione di Pausini, uscita il 12 settembre scorso in quattro lingue (italiano, spagnolo, portoghese e francese), ha fatto storcere il naso al cantautore milanese per una ragione precisa: le modifiche apportate al testo originale. Sembra una sciocchezza, ma nel diritto d’autore queste cose contano eccome. E parecchio.
Il cuore della disputa: quando una virgola può costare caro
Il problema non è tanto economico quanto artistico. Nella versione originale Grignani cantava “E se davvero non vuoi dirmi che HO sbagliato”, mentre Pausini ha modificato in “che HAI sbagliato”. Può sembrare un dettaglio, ma questo cambio di pronome stravolge completamente il significato emotivo del brano. Dall’ammissione di colpa si passa all’accusa.
Inoltre, la versione di Pausini termina con un “Ok te ne vai” che nell’originale non esisteva. Per Grignani, questi cambiamenti non sono solo modifiche stilistiche ma veri e propri stravolgimenti del senso originario della canzone. E qui entra in gioco l’articolo 20 della legge sul diritto d’autore, quello che tutela l’integrità morale dell’opera.
La questione giuridica è delicata. L’articolo 20 stabilisce che “l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione”. Non si tratta solo di soldi – quelli Grignani li percepisce comunque come autore – ma di proteggere l’identità artistica di un brano che ha segnato un’epoca.
Cronaca di una lite annunciata
La storia ha radici profonde. Tutto è iniziato a luglio quando Pausini ha annunciato l’uscita del singolo senza citare inizialmente Grignani. Il cantautore si è sentito trattato come aria fritta e ha commentato sotto il post della collega. Il commento, secondo Grignani, gli sarebbe “stato ripetutamente cancellato”.
Pausini ha poi fatto marcia indietro, spiegando che Grignani “sapeva da febbraio” del progetto e che tutto era regolare. Ma evidentemente non abbastanza per evitare il casino che è seguito. La goccia che ha fatto traboccare il vaso? La versione francese del brano, che Grignani si era sempre rifiutato di realizzare. Pausini l’ha fatta lo stesso, scoprendolo solo a giochi fatti.
Il precedente che fa tremare l’industria
Questa vicenda potrebbe cambiare le regole del gioco per le cover in Italia. Se il tribunale dovesse dare ragione a Grignani, si creerebbe un precedente importante: non basterebbe più avere i diritti economici per reinterpretare un brano, ma bisognerebbe rispettare alla lettera anche l’integrità artistica originale.
La difesa di Grignani parla di “mancato rispetto della paternità morale”, “pregiudizio all’onore e alla reputazione” e “modificazioni non autorizzate”. Sono accuse pesanti che vanno ben oltre il semplice malinteso tra colleghi.
Nel frattempo, Grignani ha annunciato una sua versione del brano in duetto con Matteo Bocelli, quasi a voler ribadire chi sia il vero proprietario di quella storia musicale. Una mossa che sa tanto di risposta piccata alla collega.
Quando la nostalgia diventa un business
“La mia storia tra le dita” non è una canzone qualunque. Uscita nel 1994, ha permesso a Grignani di qualificarsi per Sanremo e ha lanciato la sua carriera. È un pezzo che appartiene alla memoria collettiva degli anni ’90, una di quelle canzoni che ti riportano indietro nel tempo con tre accordi.
Pausini lo sa bene – non a caso l’ha scelta per aprire il suo progetto “Io canto 2”. Ma forse ha sottovalutato quanto il suo autore fosse geloso della propria creatura. Come ha spiegato Grignani al Messaggero: “Non sono un bellicoso, ma non avevo alternativa”.
La verità è che questa storia racconta quanto sia complicato il rapporto tra gli artisti e le loro opere nell’era delle cover e dei remake. Da una parte c’è chi vuole omaggiare, dall’altra chi vuole proteggere. E spesso questi due mondi non si incontrano.
Cosa succederà ora?
Il tribunale dovrà decidere se Pausini abbia davvero “stravolto l’integrità” del brano o se si tratti di una legittima reinterpretazione artistica. Se Grignani dovesse vincere, potrebbero arrivare risarcimenti o addirittura il ritiro della canzone dal mercato. Se dovesse perdere, la vicenda rimarrebbe una semplice querelle tra artisti.
Ma al di là dell’esito giudiziario, questa storia ha già lasciato il segno. Ha mostrato quanto il mondo della musica sia un campo minato fatto di sensibilità, ego e diritti che si intrecciano in modi sempre più complessi. E ha dimostrato che anche una virgola, in una canzone, può valere una causa milionaria.
Ora non resta che aspettare la sentenza. E sperare che, qualunque sia l’esito, la musica italiana non ne esca troppo ammaccata. Perché alla fine, di belle canzoni ne abbiamo tutte bisogno – originali o cover che siano.
Cosa ne pensi di questa vicenda? Credi che Grignani abbia ragione a difendere così strenuamente la sua opera o pensi che stia esagerando? Facci sapere la tua opinione nei commenti!




