The Electric State è uno di quei film che promette mondi affascinanti e colpi di scena spettacolari, ma che alla fine non riesce a stare al passo con le proprie ambizioni. Diretto dai fratelli Russo e uscito nel 2025, il film si ispira all’omonimo romanzo illustrato di Simon Stålenhag, cercando di mescolare azione, fantascienza e dramma. Purtroppo, per me il risultato è stato un 4 su 10, perché l’idea si perde in una narrazione confusionaria e in una messa in scena troppo autoreferenziale.
Una trama che si perde nei dettagli
La storia parte con un’idea interessante: in un futuro alternativo, i robot sono banditi e la tecnologia diventa sinonimo di potere. Michelle, interpretata da Millie Bobby Brown, scopre che la coscienza del fratello perduto, Chris, vive all’interno di un robot chiamato Cosmo. La ricerca della salvezza la porta a intraprendere un viaggio verso “The Exclusion Zone”, un luogo proibito e misterioso.
Il problema è che il film si concentra troppo su spiegazioni meccaniche e dettagli espositivi. Le motivazioni dietro il ban dei robot, il controllo dei potenti tramite headset e droni armati, vengono presentate in modo tanto forzato da sembrare delle semplici giustificazioni, piuttosto che parti integranti di un mondo ben costruito. La narrazione si dilunga in una serie di spiegazioni inutili che, anziché arricchire il contesto, lo appesantiscono e lo rendono prevedibile.
Aspetti visivi: una bellezza che non basta
Dal punto di vista tecnico, The Electric State offre delle immagini davvero curate. Le scenografie futuristiche e le ambientazioni decadenti sono ben realizzate, e i fratelli Russo dimostrano una buona padronanza degli effetti speciali. Le luci, i colori e la fotografia rendono omaggio ad un’estetica tipica dei film di fantascienza, ma questi elementi non bastano a coprire le falle della narrazione.
La regia punta molto sul contrasto tra un mondo apparentemente brillante e una realtà distorta, ma spesso questo contrasto si traduce in un eccesso di stile a discapito della sostanza. Le scene d’azione sono coreografate con precisione, ma non riescono a trasmettere la tensione emotiva necessaria per coinvolgere davvero lo spettatore. È come se il film volesse impressionare con l’aspetto visivo, ma dimenticasse di raccontare una storia coerente e appassionante.
Personaggi: pochi sprazzi di vita in un mare di cliché
La performance di Millie Bobby Brown nel ruolo di Michelle è l’unico elemento che riesce a sollevare in parte il film. Michelle appare decisa e determinata, ma ben presto si rivela intrappolata in una trama che non le permette di evolversi oltre il ruolo di “eroina in cerca di salvezza”. Il personaggio è descritto in maniera troppo piatta, e le sue reazioni si perdono in un flusso di informazioni espositive e forzate.
Anche i personaggi secondari non offrono nulla di memorabile. Chris Pratt, nel ruolo dello scavenger, sembra uscire da un copione già visto in altri blockbuster, senza mai aggiungere quella scintilla di originalità che potrebbe rendere il film interessante. Il villain, Ethan Skate interpretato da Stanley Tucci, incarna il tipico magnate tecnologico, ma la sua presenza appare più come un espediente narrativo che come una figura realmente minacciosa. Le voci dei robot, affidate ad attori noti, offrono qualche momento di ironia, ma non riescono a compensare la mancanza di caratterizzazione dei protagonisti.
Ritmo e narrazione: una corsa che perde il treno
Il film ha una durata di 128 minuti, e qui è dove inizia a mostrare le sue debolezze. All’inizio il ritmo è incalzante, con una serie di azioni e rivelazioni che dovrebbero tenerti incollato allo schermo. Tuttavia, dopo il minuto 90 il ritmo rallenta e le spiegazioni diventano eccessive. Il film si trasforma in un flusso di dialoghi che, anziché approfondire la storia, cercano disperatamente di “riempire” i vuoti lasciati da una narrazione troppo frammentata.
Il continuo “info-dumping” non fa altro che affaticare lo spettatore, che si ritrova a dover ascoltare spiegazioni dettagliate su elementi tecnologici e motivazioni dei personaggi. Questo approccio esplicativo, se da un lato rende il contesto comprensibile, dall’altro toglie l’emozione e la suspense necessarie per mantenere alta l’attenzione. Insomma, il film sembra sapere tutto in anticipo e non lascia spazio a sorprese autentiche.
Il giudizio finale: un’esperienza deludente
The Electric State mi ha deluso. Nonostante il valore estetico e la cura tecnica siano evidenti, la narrazione si perde in dettagli forzati e in una struttura che, a tratti, diventa troppo autoreferenziale. Il film si propone di esplorare temi ambiziosi, come il rapporto tra tecnologia e violenza darwiniana, ma il risultato è una storia che non sa emozionare e che si affanna a spiegare tutto, finendo per perdere l’energia iniziale.
Io do 4 su 10 a questo film. Un punteggio basso, perché non riesce a creare un equilibrio tra stile e sostanza. Se ti piacciono i film che puntano tutto sul look e sugli effetti speciali, potresti trovare qualche spunto interessante. Ma se cerchi una storia che sappia toccare le corde emotive e sorprenderti, The Electric State non fa per te. È un film che, pur avendo un’idea originale, si perde nel tentativo di spiegare ogni minimo dettaglio, risultando in un’esperienza che mi ha lasciato freddo.
Conclusioni
In sintesi, The Electric State è un film che brilla per la sua cura visiva e per l’originalità della sua ambientazione, ma che fallisce nel tradurre quelle idee in una narrazione coinvolgente e coerente. La regia dei fratelli Russo mostra qualche sprazzo di genio, ma il risultato finale è un film troppo lungo e troppo esplicativo, che non riesce a mantenere l’interesse per tutta la sua durata.
Il mio giudizio è netto: The Electric State è un film che promette molto ma consegna poco. È un’esperienza visiva interessante, ma che manca di sostanza emotiva e di quella spontaneità narrativa che fa la differenza. Se ami i mondi futuristici e le riflessioni sul potere della tecnologia, potresti dargli un’occhiata, ma non aspettarti di essere completamente rapito dalla storia. Personalmente, mi ha lasciato un senso di vuoto e una sensazione di “troppo, troppo spiegato”.
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La Recensione
The Electric State
The Electric State, un film con immagini straordinarie e ambientazioni futuristiche, si perde in una narrazione troppo esplicativa e autoreferenziale, risultando un’esperienza visiva che non emoziona.
PRO
- Ambientazioni futuristiche e scenografie visivamente coinvolgenti
CONTRO
- Narrazione troppo esplicativa che appesantisce il ritmo
- Dialoghi e info-dumping che rallentano la tensione narrativa
- Struttura autoreferenziale che perde di vista la coesione emotiva del film