Quante volte ti sei chiesto come sarebbe James Bond da vecchio? Beh, i francesi Hélène Cattet e Bruno Forzani hanno realizzato esattamente il film che tutti stavamo aspettando senza saperlo. Reflection in a Dead Diamond, approdato nei cinema italiani il 3 luglio scorso distribuito da Lucky Red, non è tecnicamente un film di 007, ma ci regala tutto quello che volevamo: una spia ottantenne che beve cocktail sulla Costa Azzurra mentre ricorda le sue missioni degli anni Sessanta.
Il duo di registi, già autori di gioielli visivi come “Amer”, stavolta ha pescato a piene mani dal cinema di spionaggio europeo per creare qualcosa di completamente nuovo. Immagina Diabolik che incontra il giallo italiano, condito con una spruzzata di follia alla Satoshi Kon. Il risultato? Un film che ti fa dubitare di tutto quello che vedi, perché non capisci mai se stai guardando ricordi veri o scene di film che esistono solo nella mente del protagonista.
Fabio Testi interpreta John Diman, ex agente segreto che passa le giornate in un hotel di lusso a spiare la misteriosa vicina di camera. Quando lei sparisce nel nulla, il cervello di John si accende come un flipper impazzito, mescolando presente e passato in un cocktail esplosivo di memorie che potrebbero essere vere o completamente inventate. E qui sta il bello: il film ti tiene sulle spine per tutti gli 87 minuti, senza mai svelarti cosa è realmente accaduto.
Quando la memoria gioca brutti scherzi
La tecnica narrativa usata da Cattet e Forzani è presa direttamente dai libri di Satoshi Kon, quello genio giapponese che con “Millennium Actress” ci aveva insegnato come mescolare realtà e finzione. Qui funziona allo stesso modo: ogni scena può essere un flashback reale oppure una sequenza di un film che John ha girato da giovane.
I primi segni di demenza del protagonista rendono tutto ancora più confuso, ma in senso buono. John ricorda quando negli anni Sessanta combatteva contro magnati del petrolio e affrontava Serpentik, una killer in tuta di pelle che cambia faccia come i protagonisti di Mission Impossible. Sarà tutto vero? Oppure John confonde la sua vita con i film di spionaggio che ha visto al cinema?
La fotografia di Manu Dacosse ricrea perfettamente l’estetica degli anni Settanta, con inquadrature speculari e colori vivaci che ti catapultano direttamente nei film di spionaggio italiani. Non a caso c’è pure una scena con produttori cinematografici: il film parla di se stesso senza vergogna.
Un mix esplosivo tra nostalgia e innovazione
La vera genialità sta nell’aver creato un ibrido perfetto tra cinema d’autore e film di genere. Cattet e Forzani non si limitano a copiare i classici del cinema spy italiano come “Kiss Kiss Bang Bang” o “Diabolik”: li scompongono e li rimontano creando qualcosa di nuovo.
L’atmosfera retrò è curata nei minimi dettagli: gadget vintage, tecnologie fantascientifiche dell’epoca e un design che ti fa venire nostalgia degli anni Sessanta anche se non li hai mai vissuti. Ma sotto questa superficie nostalgica c’è una riflessione più profonda su cosa significa invecchiare e su come la nostra mente riscrive continuamente i ricordi.
John Diman rappresenta un po’ tutti noi quando rivediamo i nostri film preferiti: a forza di riguardarli, finiamo per confondere la finzione con la realtà. È un meccanismo che tutti conosciamo, ma mai nessuno l’aveva messo al cinema in modo così intelligente.
Fabio Testi torna alla grande
Fabio Testi dimostra di essere ancora in forma smagliante. La sua interpretazione bilancia perfettamente la malinconia del pensionato con l’energia dell’agente segreto che è stato. Nei flashback è Yannick Renier a interpretare il giovane John, ma Testi riesce a convincerti che siano davvero la stessa persona a distanza di decenni.
Il cast include anche Maria de Medeiros e Koen De Bouw, ma la vera star è Serpentik, interpretata da diverse attrici per sottolineare la sua natura cangiante. È una scelta stilistica coraggiosa che funziona alla perfezione.
Un cinema che osa dove Hollywood non arriva
“Reflection in a Dead Diamond” è esattamente il tipo di film che i grandi studios non farebbero mai: troppo strano, troppo sperimentale, troppo intelligente per il pubblico generalista. E per fortuna esistono ancora registi come Cattet e Forzani che se ne fregano delle regole di mercato.
Il film viene programmato ancora in qualche sala italiana e merita di essere visto al cinema per apprezzare il lavoro di fotografia e montaggio. Se hai amato “Millennium Actress” o i classici del cinema spy italiano, questa è la tua occasione per scoprire una delle perle nascoste dell’anno.
E tu cosa ne pensi? Ti piacciono i film che ti confondono le idee o preferisci storie lineari? Raccontaci nei commenti se secondo te Fabio Testi è ancora credibile come agente segreto!




