Certe volte mi metto a pensare al cinema come a un grande album di fotografie che rappresentano le varie epoche della mia vita. E sai cosa succede spesso? Che in mezzo a queste immagini compare Robert De Niro con uno sguardo inconfondibile, magari imbronciato o carico di tensione, a incarnare personaggi che ci hanno fatto rabbrividire, commuovere o perfino sorridere.
Insomma, De Niro non ha bisogno di presentazioni. È quel genere di attore che anche chi non ha mai aperto un libro di storia del cinema riconosce al volo. E quando GQ ha deciso di invitarlo a ripercorrere le sue interpretazioni più famose, i fan sono andati in visibilio. Pensa a una sorta di chiacchierata, magari davanti a una tazza di caffè, in cui De Niro svela aneddoti pazzeschi su come ha costruito questo o quel ruolo. Dal giovane Vito Corleone a Travis Bickle di Taxi Driver, passando per personaggi semisconosciuti (ma non meno interessanti).
Sì, perché la carriera di Robert De Niro è un viaggio lunghissimo tra film di Martin Scorsese, Francis Ford Coppola e tanti altri registi di culto. A un certo punto lui stesso confessa che a volte gli sarebbe piaciuto “rivedere tutti i miei film in ordine, almeno una volta, prima di morire.” Un pensiero dolce-amaro, come a dire: “Ho lasciato un segno enorme, ma non ho ancora finito!”
In questa chiacchierata, De Niro racconta come ha approcciato certe scene (tipo la celebre “You talkin’ to me?”), quale fosse il clima sul set e come ha trascorso interi mesi a entrare nella mente dei suoi personaggi. Alcune cose, dice, le ha improvvisate sul momento; altre, invece, sono frutto di uno studio maniacale. Vuoi sapere di più? Eccoti servito un percorso, da leggere come se stessimo facendo due passi insieme e io ti raccontassi ciò che De Niro ha spiegato punto per punto.
Un artista in continua metamorfosi
Prima di passare in rassegna ogni ruolo, una piccola premessa: De Niro è noto per il suo perfezionismo. Quando doveva interpretare Vito Corleone, passava ore a studiare i filmati di Marlon Brando. Per fare Taxi Driver, finì per lavorare come tassista di notte, così da assorbire l’aria della città e trasformarsi in Travis Bickle. In Toro scatenato, ingrassò e dimagrì più volte per rendere credibile la parabola di Jake LaMotta.
La sua filosofia? Metterci sempre del suo, ma anche rubare (nel senso buono) spunti dalla realtà, da altre persone o da situazioni vere, per rendere ogni performance più autentica. Ecco perché, quando lo ascolti parlare, hai quasi l’impressione che questi personaggi siano capitati a lui per destino. Lui stesso dice di essersi sentito “destinato a certi ruoli,” specie quando Martin Scorsese stava cercando un attore capace di dare vita a personaggi tormentati e intensi.
L’importanza di Scorsese e Coppola: un tandem imperdibile
De Niro cita spesso Martin Scorsese e Francis Ford Coppola, quasi fossero due figure genitoriali. Racconta di come Coppola, parlando con Scorsese, l’abbia “raccomandato” per Il Padrino – Parte II, poi di come Scorsese abbia considerato la possibilità di far dirigere a Francis lo stesso film e via dicendo. È divertente rendersi conto che c’era un intreccio costante tra questi grandi registi.
Eppure, De Niro è grato al fatto che Coppola abbia deciso di tenere la direzione di Il Padrino – Parte II nelle sue mani, e allo stesso tempo comprende che, nel mondo del cinema, le strade si incrociano e si separano in modo imprevedibile.
Vito Corleone (Il Padrino – Parte II)
“Hanno chiamato e hanno detto: ‘Non c’è bisogno che vieni, hai la parte.’ È stato fantastico!”
Ecco come De Niro descrive il momento in cui ha saputo di aver ottenuto il ruolo di Vito Corleone giovane. Immagina la scena: sei un attore che ha già fatto qualche film interessante, ma nulla che ti abbia consacrato a livello mondiale. Poi, all’improvviso, ti viene offerto di interpretare la versione giovanile di uno dei personaggi più iconici della storia del cinema (creato da Marlon Brando!).
De Niro si è messo subito al lavoro. Ha studiato il dialetto siciliano, girando in lungo e in largo l’isola per coglierne le mille sfumature. Sapevi che la pronuncia cambia di provincia in provincia? Lui sì, e si fece aiutare da un consulente per scegliere una “versione uniforme” della parlata. Durante le riprese, però, si trovò a dover attendere intere settimane a causa del maltempo: in Sicilia serviva il sole per girare alcune scene, e il sole si faceva desiderare.
Pensaci un attimo: stai per girare una delle più grandi saghe di tutti i tempi e rimani bloccato in un paesino siciliano, aspettando che esca il sole. Eppure, De Niro afferma che tutto ciò era parte del fascino di lavorare con Coppola: l’atmosfera, la disponibilità a seguire i ritmi della natura, la fiducia che il regista riponeva negli attori.
Un giovane erede del padrino
Per chi non lo sapesse, Vito Corleone nel film rappresenta l’origine del potere della famiglia Corleone. De Niro lo dipinge come un uomo intelligente, silenzioso ma determinato. Un “benefattore” del quartiere, che all’inizio fatica, ma poi costruisce un impero criminale. È un personaggio sfaccettato: da una parte padre amorevole, dall’altra boss spietato. De Niro trasmette tutto ciò con sguardi, posture e piccoli movimenti.
Johnny Boy (Mean Streets)
Dopo il successo di Il Padrino – Parte II, si torna indietro nel tempo e scopriamo che De Niro e Scorsese si erano già incontrati. Mean Streets (in Italia: “Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno”) è uno dei loro primi film assieme. De Niro racconta di aver scelto il personaggio di Johnny Boy quasi all’ultimo momento: c’erano tre ruoli papabili, ma fu il collega Harvey Keitel a suggerirgli “Johnny Boy è perfetto per te.”
Il personaggio è un giovane scapestrato, un tipo che si caccia nei guai senza rendersene conto. E De Niro, con una carica esplosiva, lo rende indimenticabile. Aneddoto curioso: l’attore dice che lui e Scorsese si conoscevano già da ragazzini, tramite amicizie comuni nel quartiere. Ti immagini due adolescenti che sanno a malapena che diventeranno stelle del cinema mondiale. Eppure, eccoli lì, a discutere di copioni e di ruoli.
Travis Bickle (Taxi Driver)
E qui arriviamo a una delle interpretazioni più iconiche di De Niro, se non una delle più iconiche di tutto il cinema americano degli anni ’70. Taxi Driver è la storia di un reduce di guerra (Travis Bickle) che fa il tassista notturno a New York e pian piano sprofonda in un vortice di alienazione e violenza.
La battuta: “You talkin’ to me?”. È diventata una citazione di massa, ripetuta anche da chi non ha mai visto il film. E sai cosa? De Niro dice che in parte era scritta, ma in parte è stata improvvisata. Martin Scorsese non disse “stop,” quindi l’attore proseguì, aggiungendo frasi e gesti.
Una chicca sul look di Travis: la famigerata cresta “mohawk.” In realtà, De Niro non si rase davvero i capelli, perché doveva girare subito dopo The Last Tycoon di Elia Kazan. Quindi usò una cuffia di lattice creata dal mago del trucco Dick Smith. Doveva stare rigido per evitare che si scollasse dietro la nuca, cosa che alla fine rese il personaggio ancora più teso e sinistro nelle scene finali.
Rupert Pupkin (Re per una notte)
Da un soggetto oscuro a un altro personaggio che, se vogliamo, rappresenta un’ossessione diversa: la fama a tutti i costi. In Re per una notte (The King of Comedy), De Niro è Rupert Pupkin, un aspirante comico con un ego smisurato. E questa volta, la regia di Scorsese ci trasporta nella testa di un maniaco che sogna di diventare star della televisione.
De Niro racconta di aver frequentato davvero alcuni fan un po’ invadenti di altre celebrità, per capire come si comportano. È andato a casa loro, ha conosciuto le famiglie, e ha trascinato persino Scorsese a incontrarli, per carpire la dinamica di chi vive di autografi e di sogni lucidi. Ed è così che ha costruito il Pupkin ossessivo e senza vergogna.
La scena del monologo in cui Pupkin si esibisce in TV era cruciale: De Niro voleva fosse perfetta, tant’è che chiese a Scorsese di rigirarla perché non era soddisfatto. Alla fine, è diventato uno dei momenti più forti del film.
Neil McCauley (Heat – La sfida)
Passiamo agli anni ’90 con Heat, pellicola di Michael Mann in cui De Niro interpreta un rapinatore professionista, opposto ad Al Pacino nei panni del poliziotto che gli dà la caccia. E qui c’è la celebre scena del dialogo al bar tra i due. In tanti si chiedevano: “È stata improvvisata?” De Niro spiega che c’è stata una leggera prova, ma per lo più la forza della scena è nel testo e nell’alchimia con Pacino.
Il personaggio di Neil McCauley segue una regola d’oro: “Non affezionarti a nulla da cui non puoi liberarti in 30 secondi netti se senti puzza di sbirri dietro l’angolo.” Eppure, alla fine infrange questa regola per un ultimo colpo di testa. De Niro ammette che quell’errore, quell’esitazione, è stata la chiave di volta del destino tragico del suo personaggio. E pare che fosse uno dei momenti più intensi di tutta la lavorazione, anche a livello di orari: la scena del bar venne girata di notte, iniziando verso mezzanotte, il che rese l’atmosfera ancora più tesa.
Jake LaMotta (Toro scatenato)
Se c’è un film che simboleggia la dedizione totale di De Niro, è Toro scatenato (Raging Bull). Qui interpreta Jake LaMotta, un pugile realmente esistito, famoso per la sua violenza sul ring e fuori. De Niro insiste che l’idea di girare questa storia venne a lui, dopo aver letto il libro scritto da LaMotta stesso con un amico.
Martin Scorsese, inizialmente, non era convinto. Ma l’attore gli stava addosso da tempo, perché “solo Marty avrebbe saputo farlo bene.” Alla fine, Scorsese si decise. E così De Niro si immerse in un allenamento durissimo per imparare a boxare in modo credibile. E non solo: quando arrivò il momento di girare le scene con un LaMotta più in carne, si mise a ingrassare di proposito. Una sfida fisica e mentale che fece epoca.
La ferocia di Jake LaMotta, la sua rabbia repressa, è qualcosa che vibra a ogni fotogramma. De Niro spiega che ha lavorato con lo stesso LaMotta e suo fratello, cercando di rubare ogni piccolo dettaglio di movimenti e atteggiamenti. Alcuni momenti del film, dice, sono così carichi di rabbia che quasi non li ricorda, come se l’intensità fosse stata maggiore della consapevolezza.
William “Bill” Hale (Killers of the Flower Moon)
Torniamo ai giorni nostri: Killers of the Flower Moon, un film di Martin Scorsese uscito di recente, in cui De Niro interpreta William Hale, personaggio realmente esistito implicato negli omicidi di membri della tribù Osage per questioni legate al petrolio. De Niro lo definisce un uomo “che si professava benefattore della comunità” ma in realtà nascondeva un piano criminale.
Qui, De Niro lavora fianco a fianco con Leonardo DiCaprio, che interpreta Earnest, il nipote di Bill Hale. Hanno girato in Oklahoma, coinvolgendo i discendenti reali degli Osage, secondo un approccio molto rispettoso delle loro tradizioni. De Niro racconta di aver cercato più fonti possibili, incluse registrazioni e testimonianze, per capire la mentalità di quell’epoca. E con la sua classica modestia dice: “Alcune cose non le ho capite fino in fondo, ma a volte come attore devi lasciarti trasportare dal comportamento del personaggio e basta.”
James “Jimmy” Conway (Quei bravi ragazzi)
Cosa si può dire di Quei bravi ragazzi (Goodfellas) che non sia già stato detto? È uno dei capolavori di Martin Scorsese. De Niro interpreta Jimmy Conway, basato su un gangster realmente esistito (Jimmy “the Gent” Burke). Pare che De Niro telefonasse spesso a Henry Hill (il vero pentito su cui si basa la storia) per sapere dettagli tipo “Come si comportava Jimmy in certe situazioni?”
E quell’informazione si traduceva in piccoli tocchi di classe. Ricordi la scena in cui Jimmy sta decidendo di far fuori i complici del colpo all’aeroporto? Il film usa la canzone “Sunshine of Your Love” dei Cream, e c’è un modo tutto particolare in cui De Niro fuma la sigaretta e guarda la gente. Ecco, quell’intensità silenziosa deriva dalle conversazioni con Henry Hill e dall’immaginare la personalità vera di Jimmy.
Jack Byrnes (Ti presento i miei)
Poi arriva il momento della commedia con Ti presento i miei (Meet the Parents). Un enorme successo di pubblico e critica, in cui De Niro mostra di saper far ridere senza perdere autorevolezza. Jack Byrnes è un ex agente della CIA iper-protettivo nei confronti della figlia e paranoico verso il futuro genero (Ben Stiller).
De Niro ricorda di come inventò la scena del macchina della verità (il lie detector) prendendo spunto da un conoscente che davvero aveva lavorato in quei servizi speciali. Rispetto ai ruoli drammatici, De Niro dice che la commedia è più leggera, ma al tempo stesso ti dà la libertà di fare scelte insolite. Ecco spiegate certe battute surreali tipo la famosa “I have nipples, Greg. Could you milk me?” che ha fatto ridere mezza generazione.
Lorenzo Aniello (Bronx)
Bronx (A Bronx Tale in originale) è speciale perché De Niro non solo interpreta Lorenzo Anello, ma dirige pure il film, il suo esordio alla regia. La storia è tratta dal monologo teatrale di Chazz Palminteri, che insisteva per interpretare il boss Sonny. De Niro promette: “Se dirigo io, tu farai Sonny e io faccio il padre.” Ed ecco la nascita di un classico che racconta la crescita di un ragazzino italoamericano diviso tra la retta via del padre e il fascino del gangster di quartiere.
De Niro, qui, è il padre lavoratore che guida l’autobus e insegna al figlio i valori onesti. In contrapposizione, Sonny rappresenta la malavita. Il film è un ritratto intenso del Bronx degli anni ’60 e De Niro sottolinea come fosse entusiasta di girare nel quartiere in cui era cresciuto.
George Mullen (Zero Day)
Infine, un ruolo più recente e poco conosciuto: George Mullen, ex presidente degli Stati Uniti, in Zero Day. È una serie limitata (un progetto televisivo), dove De Niro interpreta un leader ormai fuori dalla Casa Bianca, ma chiamato a gestire una crisi nazionale che blocca tutto.
Qui De Niro dice di aver avuto l’esigenza di “fare qualcosa a New York,” vicino a casa, e l’ha trovata in questo copione curato da Eric Newman. Il suo personaggio è un uomo che ha cercato di fare il bene del Paese, ma che combatte contro intrighi politici e tensioni post-presidenza. De Niro ammette di aver giocato con l’idea di un politico che cerca di mettere pace tra fazioni contrapposte, unendo la gente invece di dividerla.
Una curiosità: girare una serie televisiva è diverso da un film, perché i tempi sono dilatati. De Niro riceveva le sceneggiature un pezzo alla volta, dovendo adattarsi di continuo ai nuovi sviluppi della trama.
La voglia di rivedere tutti i suoi film
All’inizio dell’intervista, De Niro dice che gli piacerebbe un giorno riguardare tutti i suoi film in ordine. Non sa se lo farà mai, ma è un pensiero che lo solletica. E noi ce lo immaginiamo seduto, magari nel suo salotto, a passare in rassegna decenni di carriera, da Ciao America! (un filmetto giovanile) fino alle ultime produzioni.
Forse lo farebbe con un blocco appunti, scrivendo “Avrei potuto farlo meglio,” oppure ridendo di certe scelte di costumi. Oppure ancora commuovendosi, ricordando chi non c’è più, come Joe Pesci (che per fortuna è ancora vivo, ma si è ritirato varie volte), o ricordando i set con registi leggendari. Sarebbe un viaggio nella memoria di un attore che ha segnato la cultura pop.
Conclusioni: la grandezza di un interprete
Ripensando a tutto questo, è chiaro che Robert De Niro non è soltanto un attore di method acting o un volto da gangster movie. È un artigiano che cuce il ruolo addosso a sé, e che allo stesso tempo lascia emergere l’umanità e i difetti dei personaggi. Anche quando interpretava ruoli più “leggeri” come Jack Byrnes, non rinunciava a inserire dettagli presi dalla realtà.
I suoi personaggi iconici — da Travis Bickle a Vito Corleone, da Jake LaMotta a Neil McCauley — non smettono di affascinare le nuove generazioni. E, forse, è proprio la sua capacità di immedesimazione a renderlo senza tempo. Lui stesso ammette di non ricordarsi tutto quello che ha fatto in scena, specie in momenti di grande intensità. Come a dire: “Era il personaggio ad agire, non io.”
Oggi, quando vediamo De Niro in un nuovo film, c’è sempre quella punta di curiosità: “Sarà ancora capace di stupirci?” La risposta, di solito, è sì. E anche se ha 80 anni passati, conserva quell’energia di chi non ha mai smesso di amare il mestiere dell’attore.
E tu, che ne pensi? Hai un ruolo di De Niro che ti ha colpito più degli altri? Qualche battuta o qualche scena che ti è rimasta impressa? Se ti va, lascia un commento e racconta la tua. La magia del cinema è anche condivisione, e i ruoli interpretati da De Niro hanno davvero segnato intere generazioni di spettatori.