Maurizio De Giovanni ha sfornato un altro adattamento televisivo e, dopo il successo del Commissario Ricciardi e I bastardi di Pizzofalcone, Sara – La donna nell’ombra sembrava promettere bene.
Ma preparati a una delle delusioni più clamorose di Netflix: sei episodi di noia mortale travestita da noir psicologico. Nonostante una Teresa Saponangelo sempre impeccabile, questa serie riesce nell’impresa di rendere tedioso persino un lutto familiare.
Una premessa che poteva funzionare
Sara Morozzi (Teresa Saponangelo) è un’ex agente dei servizi segreti che riceve una telefonata nel cuore della notte: suo figlio, con cui non aveva più rapporti da anni, è morto in un apparente incidente stradale. Questo evento tragico risveglia il suo istinto investigativo e la riporta nel mondo che aveva abbandonato. Con l’aiuto dell’amica e collega Teresa (Claudia Gerini), Sara inizia a scavare nella morte del figlio, scoprendo una rete di segreti che coinvolge la sua azienda.
Sulla carta, tutto perfetto. Un setup emotivamente coinvolgente, una protagonista complessa, un mistero da risolvere. Nella realtà, Carmine Elia (regista della prima stagione di Mare fuori) e gli sceneggiatori Donatella Diamanti, Mario Cristiani e Giovanni Galassi trasformano questo materiale potenzialmente esplosivo in una delle esperienze televisive più soporifere dell’anno.
Il ritmo che ti uccide lentamente
Il primo problema di Sara – La donna nell’ombra è il ritmo glaciale. La serie sembra convinta che “lento” equivalga automaticamente a “profondo”, ma in realtà ottiene solo l’effetto di farti guardare l’orologio ogni cinque minuti. I 50 minuti per episodio sembrano durare il doppio, e non in senso positivo.
La regia di Elia rinuncia a qualsiasi dinamismo visivo, abbracciando una fotografia cupa che non aggiunge atmosfera ma solo monotonia visiva. Napoli viene ripresa come una città grigia e spenta, ma invece di creare suggestione genera solo sonnolenza.
Teresa Saponangelo: l’unica cosa che funziona
Teresa Saponangelo è bravissima, come sempre. Riesce a infondere al personaggio di Sara un dolore composto ma palpabile, arricchito da una vena di ironia che dovrebbe alleggerire il tutto. Il problema è che il materiale che ha tra le mani non la aiuta per niente. È come vedere una grande attrice costretta a recitare in un film muto quando potrebbe brillare in un musical di Broadway.
Le dinamiche relazionali con gli altri personaggi – Teresa (Claudia Gerini), l’ispettore Pardo (Flavio Furno) e Viola (Chiara Celotto), la compagna del figlio – sono scritte in modo così didascalico da risultare artificiali. Ogni dialogo sembra uscito da un manuale di psicologia applicata anziché da conversazioni reali.
La componente crime che non c’è
Qui arriviamo al paradosso fondamentale della serie: viene venduta come crime, ma di crime c’è ben poco. La parte investigativa è ridotta al minimo, e quando compare è gestita in modo così piatto da far rimpiangere i peggiori episodi di Don Matteo. L’indagine procede per intuizioni più che per lavoro detective, e il mistero centrale si rivela di una banalità disarmante.
Il tentativo di essere un “noir dell’anima” invece che un thriller tradizionale poteva anche funzionare, ma serve una sceneggiatura che sappia sostenere questo tipo di narrazione. Qui invece abbiamo lunghi silenzi che dovrebbero essere carichi di significato ma risultano solo vuoti.
Il problema della produzione generalista
Nonostante sia una produzione Netflix, Sara – La donna nell’ombra ha tutta l’aria di essere stata pensata per la televisione generalista italiana. Manca completamente quella audacia narrativa che ci si aspetta da una piattaforma streaming, e il risultato è un prodotto che sembra uscito dalla domenica sera di Rai1.
La scrittura è incredibilmente conservativa, piena di flashback didascalici che spiegano tutto tre volte anziché lasciare che sia lo spettatore a collegare i puntini. È come se gli sceneggiatori non si fidassero dell’intelligenza del pubblico Netflix.
I personaggi che non decollano mai
Oltre a Sara, tutti gli altri personaggi rimangono bidimensionali per l’intera durata della serie. Claudia Gerini fa quello che può con Teresa, ma il personaggio non ha alcuna profondità oltre essere “l’amica fedele”. Flavio Furno interpreta Pardo come il classico “ispettore giovane e inesperto” senza aggiungere nulla di originale al ruolo.
Anche Viola, la compagna incinta del figlio defunto, che dovrebbe rappresentare il futuro e la speranza per Sara, rimane un personaggio funzionale alla trama senza mai diventare realmente interessante.
La Napoli che non convince
La Napoli di Sara – La donna nell’ombra è l’ennesima versione “cupa e intellettuale” della città, lontana dagli stereotipi ma anche da qualsiasi forma di vita. Invece di trovare un equilibrio tra realismo e suggestione, la serie sceglie una strada che porta solo alla noia.
Le location sono tutte interni anonimi, uffici grigi, appartamenti spenti. Manca completamente quel senso del luogo che caratterizza le migliori serie crime italiane. È come se Napoli fosse solo un nome scritto sui cartelli stradali.
Il verdetto: occasione sprecata
Sara – La donna nell’ombra è la dimostrazione che non basta avere una grande attrice e una premessa interessante per fare una buona serie. La regia senza personalità, la sceneggiatura didascalica e il ritmo mortifero rovinano completamente quello che poteva essere un interessante noir psicologico.
È il tipo di serie che ti fa apprezzare ancora di più capolavori come Mare of Easttown o True Detective, che sapevano come bilanciare introspezione e tensione narrativa. Qui invece abbiamo solo introspezione fine a se stessa, senza mai costruire davvero suspense o coinvolgimento emotivo.
Se stai cercando un buon crime italiano, ripiegati sul Commissario Ricciardi o vai di classici stranieri. Sara – La donna nell’ombra è destinata a rimanere nell’ombra per sempre, e francamente se lo merita.
Allora, hai avuto il coraggio di arrivare fino alla fine o hai mollato al primo episodio come avrei dovuto fare io? Dimmi nei commenti se anche tu pensi che Netflix Italia stia producendo troppo materiale mediocre o se invece hai trovato qualcosa di interessante che a me è completamente sfuggito!
La Recensione
Sara - La donna nell'ombra
Maurizio De Giovanni spreca Teresa Saponangelo in un noir psicologico che confonde la lentezza con la profondità. Carmine Elia dirige sei episodi di noia mortale travestita da introspezione. Sceneggiatura didascalica, ritmo glaciale, personaggi bidimensionali. Netflix Italia al suo peggio: produzione generalista mascherata da contenuto premium.
PRO
- Teresa Saponangelo eccellente che riesce a dare dignità a un personaggio scritto male
- Tema del lutto trattato con sensibilità anche se in modo eccessivamente didascalico
CONTRO
- Ritmo glaciale insopportabile che trasforma 50 minuti in un'eternità di noia mortale
- Sceneggiatura didascalica che spiega tutto tre volte senza fidarsi dell'intelligenza dello spettatore
- Regia senza personalità che rinuncia a qualsiasi dinamismo visivo o narrativo coinvolgente