Preparati a rimanere incollato allo schermo per cinque episodi che ti lasceranno con più domande che risposte. La nuova limited series Netflix “Sirens”, basata sull’opera teatrale “Elemeno Pea” di Molly Smith Metzler, è arrivata sulla piattaforma come un uragano di classe e manipolazione.
La trama che ti cattura dall’inizio
Quando Devon (interpretata da Meghann Fahy, che forse ricorderai da “The White Lotus”) scopre che suo padre soffre di demenza precoce, cerca disperatamente l’aiuto della sorella minore Simone. La risposta? Un cesto di frutta e messaggi lasciati in sospeso. Dopo un periodo in prigione (di cui scoprirai i dettagli più avanti), Devon decide di presentarsi direttamente sull’isola costiera dove Simone lavora come assistente personale della magnetica Michaela “Kiki” Kell, interpretata da una Julianne Moore in stato di grazia.
Il triangolo femminile che non ti aspetti
Devon: la sorella preoccupata
Devon arriva sull’isola e trova una Simone irriconoscibile. Vestita con abiti rosa e blu scelti personalmente da Michaela, con un sorriso plastificato che nasconde segreti pericolosi. La regia ci mostra attraverso gli occhi di Devon quanto la sorella sia cambiata: chirurgia al naso, tatuaggi gemelli rimossi, una nuova identità costruita su misura per il mondo dorato di Michaela.
Simone: la metamorfosi inquietante
Milly Alcock (la giovane Rhaenyra di “House of the Dragon”) dona a Simone una frenesia febbrile che attraversa ogni scena. Il personaggio è costantemente in bilico tra la fedeltà alla sua nuova vita e i fantasmi del passato che minacciano di distruggere tutto. La sua trasformazione non è solo fisica ma profondamente psicologica.
Michaela: il vero mostro sacro della serie
Ma parliamo del vero gioiello di questa serie: Julianne Moore nei panni di Michaela. La sua performance è un masterclass di recitazione sottile e disturbante. Il suo sorriso di plastica si scioglie lentamente in un ghigno o broncio quando non ottiene ciò che vuole, prima che il suo volto si spenga completamente in modo robotico. C’è una scena in particolare che ti farà rabbrividire: Michaela che toglie la gomma da masticare dalla propria bocca per metterla sulla lingua in attesa di Simone. Un gesto che racchiude tutto il potere manipolatorio del personaggio.
L’estetica che racconta più delle parole
La serie utilizza una palette cromatica studiata che riflette lo stato emotivo dei personaggi. I rosa e blu brillanti di Simone contrastano con i toni più sobri di Devon, mentre Michaela si muove in un mondo di bianchi accecanti che nascondono l’oscurità sottostante. La fotografia sfrutta piani sequenza lenti e una colonna sonora punteggiata da respiri e sospiri inquietanti per creare un’atmosfera che oscilla tra il sogno e l’incubo.
Il quarto episodio: quando tutto esplode
Se i primi tre episodi costruiscono la tensione, il quarto è puro melodramma di altissimo livello. I monologhi tra Alcock e Fahy, e quelli tra Bacon e Moore, sono momenti di television pura che dimostrano come questa serie comprenda perfettamente la sua natura pulp senza vergognarsene. È qui che “Sirens” raggiunge il suo apice narrativo, regalandoci sequenze che rimarranno impresse.
Non è la solita satira sui ricchi
A differenza di produzioni come “The White Lotus”, “Sirens” non si accontenta di ridicolizzare i ricchi. La serie esplora temi più profondi e universali: come la classe operaia sia spesso costretta a distruggere la propria identità per sopravvivere nel mondo dei privilegiati. L’immagine più potente? Michaela vista attraverso un telescopio, coperta di sangue mentre stringe uno dei suoi preziosi uccelli morenti. Un’immagine che costringe a riconsiderare la figura della trophy wife come donna intrappolata in un limbo perpetuo di sofferenza.
Il verdetto finale
“Sirens” è una vera limited series in un’era in cui scarseggiano. Con i suoi cinque episodi non dilata inutilmente la narrazione, mantenendo un ritmo serrato che ti terrà incollato fino alla fine. Certo, a volte manca di mordente, specialmente nel finale che forse esagera con i colpi di scena melodrammatici. Ma nel complesso, riesce a confezionare un pugno nello stomaco che ti lascerà a riflettere.
La serie è disponibile su Netflix dal 2025 e merita assolutamente una chance, soprattutto se ami i thriller psicologici con protagoniste femminili complesse e una regia che sa come usare ogni strumento cinematografico per manipolare le tue emozioni.
E tu? Hai già visto “Sirens”? Quale delle tre protagoniste ti ha colpito di più? Raccontaci la tua opinione nei commenti qui sotto!
La Recensione
Sirens
Julianne Moore divora anime in questa ipnotica serie Netflix dove tre donne si scontrano in un'isola dorata. Tra gomme masticate condivise, uccelli morenti e identità frantumate, "Sirens" trasforma il melodramma in un thriller psicologico che ti lascerà senza fiato.
PRO
- Julianne Moore in modalità predatrice - Una performance magnetica e disturbante che vale da sola il prezzo dell'abbonamento
- Solo 5 episodi, zero riempitivi - Una vera limited series che non spreca il tuo tempo prezioso
- Regia cinematografica di altissimo livello - Ogni inquadratura è studiata per manipolare le tue emozioni
CONTRO
- Finale troppo melodrammatico - L'ultimo episodio esagera con i colpi di scena soap opera
- Trama già vista - La premessa delle "sorelle separate dal denaro" non è originale