Cosa collega sonno e mosche?
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Perché quando la lancetta dell’orologio supera le 11 di notte iniziamo a sentirci assonnati? Una risposta ci viene suggerita dal cervello delle mosche, studiato da un team di ricerca della Johns Hopkins Medicine University in Baltimora.
Mosche e uomini, stessi neuroni
Nonostante le mosche da frutta possano sembrare molto diverse dalle persone all’apparenza, in realtà condividono con noi molti geni ed anche comportamenti. E con questa, che noi crediamo essere la prima identificazione dietro la natura del regolabile meccanismo del sonno, i ricercatori potranno cercare gli stessi processi nei mammiferi, includendo, un giorno, gli umani
…ci spiega Mark Wu, professore di neurologia alla Johns Hopkins e direttore della ricerca.
Gli scienziati hanno condotto l’analisi attivando attraverso tecniche di ingegneria genetica i neuroni di un campione di 500 differenti razze di mosche, per verificarne gli effetti sul ciclo del sonno.
Una volta rilevati i neuroni coinvolti nella regolazione del sonno, si è proceduto con l’individuazione esatta della loro posizione all’interno dei circuiti cerebrali degli insetti.
L’evidenza dimostra che i medesimi canali son presenti anche nel cervello umano, nelle colonie di neuroni denominate come R2.
Analizzando questi neuroni nelle mosche è stato possibile osservare che essi rilasciano nel tempo una sostanza che agisce come neurotrasmettitore del sistema NMDA, già noto per le sue funzioni nella regolazione della stanchezza e del tono dell’umore. All’aumentare del tempo di veglia del soggetto aumenta perciò contemporaneamente la densità nel volume cerebrale del neurotrasmettitore. Questa analogamente diminuisce con le ore di sonno trascorse.
È dunque confermato che esista una correlazione, nelle mosche come nell’uomo, tra i neuroni R2 e la percezione della sonnolenza, quindi lo studio di metodologie per gestirne l’attività può risultare efficace nel trovare soluzione a disturbi quali insonnia o l’ipersonnia.