Cari lettori di Wonder Channel, preparatevi a un vero e proprio tsunami mediatico che sta per travolgere l’industria dell’intrattenimento per adulti! Un’inchiesta esplosiva de Le Iene, firmata da Roberta Rei e Francesco Priano, ha portato alla luce testimonianze agghiaccianti che coinvolgono nientemeno che Rocco Siffredi, l’attore hard italiano più famoso al mondo. Diverse attrici che hanno lavorato con lui hanno deciso di rompere il silenzio, raccontando esperienze che vanno ben oltre i limiti della professione e che sollevano interrogativi inquietanti sul tema del consenso nel cinema pornografico.
Le accuse sono estremamente gravi e dettagliate: violazione sistematica degli accordi contrattuali, pratiche non consensuali, violenza fisica e verbale. Un vero e proprio terremoto nel settore adult che potrebbe avere ripercussioni devastanti sulla carriera e sull’immagine pubblica dell’attore. Secondo le testimoni, che provengono da diversi Paesi e non si conoscono tra loro, Siffredi avrebbe ripetutamente oltrepassato i confini stabiliti, arrivando a imporre atti esplicitamente vietati durante le riprese. Particolarmente problematica risulta la questione dei “video-consenso”, registrazioni che dovrebbero garantire che tutto sia avvenuto nel rispetto delle volontà delle performer, ma che secondo le denuncianti sarebbero stati manipolati, girandoli prima delle scene invece che dopo, svuotandoli così di ogni valore protettivo.
Il servizio, andato in onda ieri sera su Italia 1, ha scatenato un’ondata di reazioni contrastanti: da una parte la solidarietà alle presunte vittime, dall’altra lo scetticismo di chi parla di una congiura orchestrata per danneggiare l’immagine dell’attore hard, ipotesi sostenuta peraltro dallo stesso Siffredi. Ma ciò che emerge con forza è la necessità di aprire un dibattito serio e approfondito sul concetto di consenso in un settore dove le linee tra finzione e realtà, tra recitazione e abuso, possono diventare pericolosamente sfumate.
Testimonianze che fanno rabbrividire: il racconto delle attrici
Le parole delle performer sono drammatiche e descrivono scenari inquietanti, ben lontani dall’idea di una professione consapevolmente scelta e praticata nel rispetto reciproco. Una delle testimonianze più scioccanti arriva da Lera, che racconta senza mezzi termini: “Ha fatto un anale con me, cosa che io gli avevo proibito di fare. Mi è anche uscito il sangue”. Un racconto che evidenzia come, anche in un contesto professionale dove la sessualità è esplicita, esistano boundaries invalicabili che nessuno dovrebbe permettersi di oltrepassare.
Altrettanto agghiacciante la testimonianza di Gloria: “Dicevo: ‘Io non lo voglio fare’. Continuava a sputarmi addosso, a dirmi: lo vedi che ti piace, tr**a? Per me è stato uno stupro a tutti gli effetti. Anche davanti alle telecamere. È stata una doppia violenza”. Parole che dipingono il quadro di una dinamica di potere tossica, in cui la voce dell’attrice viene sistematicamente ignorata e sopraffatta.
Ophelia Dust, un altro nome noto dell’industria, conferma questa narrazione, aggiungendo un elemento ancora più inquietante: non tutte le presunte violenze sarebbero avvenute durante le riprese. Una ragazza racconta infatti di essere stata aggredita in un bagno, lontano dalle telecamere: “In quel momento ho sentito di essermi dissociata dalla realtà. Non so se ero viva o morta. Lui ha continuato così per dieci minuti. E io non urlavo, non parlavo”. Una testimonianza che descrive perfettamente il fenomeno della dissociazione traumatica, una reazione psicologica tipica delle vittime di abusi.
Gli estratti dai casting di Budapest: quando il potere diventa abuso
L’inchiesta presenta anche estratti di video girati durante casting a Budapest, materiale che aggiunge ulteriore peso alle accuse. Una performer racconta di essere stata costretta a pratiche non consensuali: “Mi ha costretta a fare cose anali su di lui con la bocca e con le dita. E io non volevo. Gliel’ho detto. Ma continuava a insistere, mi ha costretta”. Quando la stessa ha rifiutato di girare una scena di sesso anale, l’attore le avrebbe posto un ultimatum: “Devi urinarmi addosso. Se non fai l’anale, devi dimostrarmi in un altro modo che ti devo pagare”.
Questi racconti sollevano interrogativi cruciali sulla cultura del consenso nel cinema per adulti e mettono in luce come, anche in un ambiente dove il sesso è parte del lavoro, esistano limiti che dovrebbero essere rispettati. Le testimonianze concordanti di donne che non si conoscono tra loro, ma che raccontano esperienze simili, costituiscono un elemento che rende le accuse particolarmente credibili agli occhi degli spettatori.
La difesa di Siffredi: “C’è una congiura contro di me”
Di fronte a queste pesanti accuse, Rocco Siffredi ha respinto fermamente ogni addebito, parlando ai microfoni de Le Iene: “Forse sono stato leggerino in qualche scena, ma non ho mai violentato nessuna. La mia sessualità è forte e violenta, ma è sempre stata consensuale. Non sono un perverso stupratore”. L’attore ha poi lanciato una contro-accusa, parlando esplicitamente di una “congiura internazionale” orchestrata ai suoi danni, promettendo di fornire ulteriori dettagli.
Una difesa che si basa sulla distinzione tra una sessualità “forte e violenta” ma consensuale, e la violenza vera e propria. Un confine che, alla luce delle testimonianze raccolte, appare però estremamente problematico e che potrebbe non reggere al vaglio di un’analisi più approfondita dei fatti denunciati.
E tu, cosa ne pensi di questa vicenda? Credi che sia arrivato il momento di ripensare completamente i protocolli di sicurezza nell’industria dell’hard? O pensi che dietro queste accuse possa davvero celarsi un tentativo di screditare un personaggio scomodo? Condividi la tua opinione nei commenti, ricordando sempre che, al di là del gossip, stiamo parlando di accuse estremamente gravi che meritano rispetto e attenzione.