C’è una scena, all’inizio di The Fire Inside, in cui una bambina di otto anni corre, da sola, all’alba, nella neve. Corre a perdifiato per arrivare in palestra, dove i corsi di boxe sono solo per maschi. “Niente cheerleader qui”, le urlano i ragazzi. Lei incassa, non risponde. Ma non si ferma. Quella bambina è Claressa “T-Rex” Shields, e da quel momento capisci che stai per assistere a qualcosa di raro: un film sportivo che non segue le regole, e che al posto dei cliché mette il cuore. E anche qualche dritto in pieno volto.
Diretto dalla talentuosa Rachel Morrison, qui al suo debutto alla regia dopo una carriera come direttrice della fotografia (Mudbound, Black Panther), il film è tratto da una storia vera. E non una qualsiasi: Claressa Shields è stata la prima donna americana a vincere l’oro olimpico nella boxe. Due volte. Imbattuta. Eppure il suo nome non lo trovi accanto a quello delle grandi star dello sport. Perché? Questo film te lo racconta.
Claressa e Jason: un duo che buca lo schermo
Altro che love story: qui c’è rispetto e verità
La vera coppia protagonista non è romantica, ma mentore e allieva: Claressa e il suo coach Jason Crutchfield, interpretato da un gigantesco Bryan Tyree Henry, qui in una delle sue prove più toccanti. Il loro legame è il motore emotivo del film. Non ci sono sdolcinature, ma fiducia, complicità e dolore condiviso.
Henry riesce a bilanciare autorevolezza e tenerezza con una sensibilità rara. E Ryan Destiny, nei panni di Claressa, è magnetica. La sua interpretazione è fatta di silenzi, sguardi bassi, labbra serrate. Una corazza che si crepa solo in pochi momenti, ma quando succede è devastante.
Un pugno in faccia al sistema (e agli stereotipi)
Quando vincere l’oro non basta
Il film ha il coraggio di dirlo chiaramente: essere donna, nera, povera e pugile non è esattamente la combinazione più comoda per sfondare. Anche dopo l’oro olimpico, Claressa è snobbata dalle grandi aziende. Mentre gli uomini ricevono stipendi tripli, lei deve accontentarsi di pagare le bollette di casa.
C’è una scena brillante in cui osserva le confezioni di Wheaties con atleti famosi. Lei, no. “Sei troppo aggressiva”, le dicono. “Mettiti il lip gloss, sorridi di più”. La risposta? “Io ho vinto quella medaglia essendo me stessa“. Applausi.
Flint, Michigan: non solo uno sfondo
La regia di Morrison sa dove puntare la macchina da presa
Morrison non dimentica mai da dove viene Claressa. Flint, città segnata dalla povertà, dall’inquinamento dell’acqua, dalla mancanza di opportunità. La fotografia è realista, mai patinata. C’è una luce fredda, tagliente, che racconta meglio di mille parole la fatica quotidiana di crescere in certi contesti.
La casa di Claressa, con una madre prima tossicodipendente e poi disabile, è un luogo di assenza, non di rifugio. Al contrario, la casa di Crutchfield è un piccolo mondo protetto, pieno di calore familiare. E quella differenza si sente.
Non solo sport: c’è anche trauma e guarigione
Quando il ring non è il posto più duro da affrontare
The Fire Inside non si accontenta del classico percorso “allenamento – fallimento – vittoria”. Ci mostra anche le ferite invisibili. Claressa è una ragazza chiusa, che rifugge il contatto fisico. Quando racconta al fidanzato gli abusi subiti da bambina, è uno dei momenti più strazianti del film. E proprio perché è raro, è potente.
L’approccio di Jason rispetta sempre i suoi confini. Non forza mai, non invade. E in questo il film insegna qualcosa di importante: non è solo la forza a rendere grandi, ma anche il rispetto.
Citazioni colte e un cuore classico
Da Rocky a Chariots of Fire, ma con una marcia in più
Gli amanti del cinema sportivo coglieranno i riferimenti: il match con una russa richiama Rocky IV, l’allenatore che scopre il risultato da lontano cita Chariots of Fire. Ma The Fire Inside non copia: reinventa il genere, lo adatta a un’altra prospettiva, più contemporanea e soprattutto femminile.
Qui non c’è gloria patinata, ma la fatica di chi ce la fa senza che nessuno glielo riconosca. E forse è proprio questo il punto: non è un film sul diventare famosi. È un film sul diventare se stessi.
Il significato del titolo e la metafora di “T-Rex”
Un soprannome che è tutto un programma
Claressa si fa chiamare T-Rex, perché “non ha molto allungo, ma è feroce come nessuno”. È un’autodefinizione perfetta. E “The Fire Inside” è proprio quel fuoco che brucia dentro chi non può permettersi di fermarsi.
Un film che riesce a farti sentire quel fuoco, anche se non hai mai preso un pugno in vita tua.
Conclusione: un biopic che va a segno
The Fire Inside è una delle sorprese più belle dell’anno. Unisce potenza visiva, interpretazioni straordinarie e una narrazione sincera, senza orpelli.
Se ami il cinema sportivo, lo apprezzerai. Se non lo ami, potresti ricrederti. Perché questa è una storia di persone, prima che di pugni.
E tu? Conoscevi la storia di Claressa Shields? Ti ha colpito quanto ha colpito noi? Scrivilo nei commenti e parliamone insieme: questo è uno di quei film che meritano di essere condivisi.
La Recensione
The Fire Inside
Una storia vera di forza e vulnerabilità, di abusi e riscatto, di guantoni e silenzi. "The Fire Inside" racconta la vita di Claressa Shields, campionessa olimpica di boxe, come nessuno aveva mai osato farlo. Preparati a emozionarti. Sul serio.
PRO
- Una storia vera che colpisce al cuore. Claressa Shields non è solo una pugile: è un simbolo di resistenza, tenacia e identità. Il film racconta la sua scalata con emozione e rispetto.
- Un duo attoriale da applausi. Ryan Destiny e Bryan Tyree Henry funzionano alla grande. La loro alchimia è fatta di silenzi, sguardi e una scrittura che non cerca il melodramma ma l’umanità.
CONTRO
- Se cerchi azione sportiva a tutto gas stile Creed, potresti trovarlo lento: qui il focus è sul percorso emotivo, non sui KO spettacolari.