Quando Lauren LeFranc ha deciso di reinventare il genere gangster con “The Penguin”, probabilmente non immaginava di dover competere con fantasmi del calibro di “The Sopranos” e “The Godfather”. Eppure eccoci qui, a parlare di come una serie spin-off di “The Batman” sia riuscita a sovvertire ogni trope del crime drama televisivo, trasformando quello che doveva essere un semplice approfondimento su un villain di Gotham in una delle opere più innovative del panorama seriale contemporaneo.
La cosa più affascinante? LeFranc ammette candidamente: “Non ho mai scritto un crime drama prima“. È come se Tarantino avesse debuttato con “Pulp Fiction” senza aver mai toccato un western – tecnicamente possibile, ma decisamente audace. La ex-produttrice di “Agents of S.H.I.E.L.D.” ha preso il franchise DC e l’ha trasformato in qualcosa di completamente inaspettato.
Il vero colpo di genio non è stato far scomparire Colin Farrell sotto quintali di trucco prostetico – quello lo sapevamo già da “The Batman” di Matt Reeves. La rivoluzione è stata Cristin Milioti nei panni di Sofia Falcone, una mafia donna che avrebbe fatto impallidire Sonny Corleone se fossero esistiti nello stesso universo. LeFranc ha preso un personaggio femminile dei fumetti tradizionalmente bidimensionale e ne ha fatto il cuore pulsante di una narrazione che sfida ogni convenzione del genere.
E ora la domanda da un milione di dollari: ci sarà una seconda stagione? LeFranc ci sta tenendo sulle spine con dichiarazioni che sanno di strategia mediatica perfetta, ma quello che ha rivelato nel podcast “Crew Call” merita un’analisi approfondita.
La rivoluzione di Sofia Falcone
Partiamo dal personaggio che ha cambiato le regole del gioco. Sofia Falcone non è la solita “gangster woman” che abbiamo visto mille volte nei crime drama. LeFranc ha attinto dall’ispirazione più inaspettata: Rosemary Kennedy, la sorella di JFK che fu internata in un istituto psichiatrico e sottoposta a lobotomia.
“Non abbiamo mai sentito la sua storia“, spiega la showrunner, riferendosi sia a Rosemary Kennedy che alle donne in generale nel genere gangster. È qui che si vede la maestria narrativa di LeFranc: invece di creare l’ennesima femme fatale stereotipata, ha costruito un personaggio con profondità psicologica autentica.
Il soprannome “The Hangman” nei fumetti si riferiva all’uccisione di poliziotti, ma LeFranc ha voluto onorare i comics senza adattarli pedissequamente. È quella che nel creative writing chiamiamo “adaptive innovation” – prendere gli elementi fondamentali di un’opera originale e reinterpretarli per un medium diverso.
L’arte di sovvertire i trope
“Ho amato il fatto che Oz fosse semplicemente un uomo“, confessa LeFranc. In un’epoca in cui i villain dei cinecomic sono sempre più sovrumani, mitologici, cosmic-level, scegliere di mantenere il Pinguino umanamente fallibile è stata una mossa coraggiosa.
Questa scelta stilistica si collega direttamente alla tradizione del gangster movie classico. I grandi personaggi di Scorsese, Coppola e De Palma non erano supereroi o mutanti – erano uomini con ambizioni troppo grandi e morale troppo piccola. LeFranc ha riportato questa autenticità emotiva nell’universo DC.
Il character development di Oz Cobb funziona proprio perché non ha superpoteri da nascondere dietro. È pura human drama travestita da serie supereroistica, e questo rende ogni sua scelta moralmente più significativa.
La questione della seconda stagione
Ecco dove LeFranc si fa furba. “Dipende se c’è una storia che possiamo rendere più ricca di quella che abbiamo già raccontato“, dice. È la risposta perfetta per mantenere l’hype senza impegnarsi concretamente.
La showrunner sottolinea di aver “completamente arcato tutto” nella prima stagione, rispettando la sua intenzione originale di mantenere “The Penguin” come limited series. Ma poi aggiunge: “Sto esplorando cosa potrebbe essere, se ci sarà altro”. È quel tipo di strategic ambiguity che tiene i fan incollati ai social e i dirigenti di HBO Max svegli la notte.
Dal punto di vista della production strategy, questa posizione è intelligentissima. LeFranc ha creato un prodotto autocontenuto che funziona perfettamente come opera singola, ma ha lasciato abbastanza narrative threads da poter espandere se i numeri lo giustificheranno.
L’universo espanso di The Batman
“Siamo nelle prime fasi” per quanto riguarda altri spin-off legati a “The Batman”, rivela LeFranc. Questo conferma che Warner Bros. sta costruindo sistematicamente un Batman universe televisivo, seguendo il modello Marvel/Disney ma con un approccio più maturo e cinematograficamente sofisticato.
La strategia è chiara: utilizzare il successo di “The Batman” di Matt Reeves per creare un ecosystem narrativo che possa competere con i grandi franchise televisivi contemporanei. “The Penguin” è stato il proof of concept perfetto – ha dimostrato che l’universo di Reeves può funzionare anche sul piccolo schermo.
Il riconoscimento critico e gli Emmy
LeFranc sta puntando sul finale di serie per la considerazione agli Emmy, una mossa strategica che dimostra quanto sia convinta della qualità del prodotto finale. Il WGA Award per Miglior Serie Limitata vinto quest’anno è già un ottimo biglietto da visita.
La scelta di puntare sull’episodio conclusivo per gli Emmy è significativa. Spesso le serie crime si perdono nei finali, non riuscendo a mantenere la tensione narrativa fino alla fine. Se LeFranc è così sicura del suo finale da proporlo per il premio più prestigioso della televisione americana, significa che ha davvero qualcosa di speciale.
L’eredità di The Sopranos
Il riferimento iniziale a come HBO abbia “messo fuori business i gangster” con “The Sopranos” non è casuale. David Chase aveva talmente ridefinito il genere che sembrava impossibile dire qualcosa di nuovo sui criminali italo-americani.
Eppure “The Penguin” ci è riuscito, spostando l’azione a Gotham City e utilizzando il filtro del cinecomic per esplorare tematiche simili con prospettive fresche. È la dimostrazione che i generi non muoiono mai davvero – si trasformano.
Il futuro del crime drama televisivo
LeFranc ha dimostrato che nel 2025 è ancora possibile innovare nel crime drama, purché si abbia il coraggio di sfidare le convenzioni. La sua formula – personaggi umani in situazioni straordinarie, female characters tridimensionali, psychological depth su spectacle – potrebbe influenzare il genere per anni.
La vera lezione di “The Penguin” è che l’autenticità emotiva batte sempre gli effetti speciali, anche nell’universo dei supereroi. È una lezione che molti showrunner dovrebbero imparare.
Tu cosa ne pensi? Hai già visto “The Penguin” o stai aspettando conferme sulla seconda stagione prima di investire il tuo tempo? Scrivimi nei commenti – sono curioso di sapere se anche tu pensi che LeFranc sia riuscita davvero a reinventare il genere gangster o se è solo hype da marketing!