Asuma Sarutobi da “Naruto”: ode e addio

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Ah, Asuma Sarutobi.
Uno dei tanti, tantissimi personaggi di “Naruto” e “Naruto Shippuden” ad aver invaso il cuore degli spettatori (ed ovviamente dei lettori del manga da cui è stato tratto l’anime) ma che poi, di colpo e inaspettatamente, lo hanno spezzato.

Perché del resto è questo che fanno i personaggi degli anime: ti conquistano, diventano parte di te, e poi d’improvviso spariscono (a causa della morte o della fine della serie), lasciando dietro di sé la consapevolezza che, a differenza dei personaggi dei film o delle serie tv con attori in carne ed ossa, una volta che se ne vanno scompaiono definitivamente; non c’è il conforto di vederli – seppur in altre vesti – in altre opere. No. Quando un personaggio di un anime muore, porta inevitabilmente con sé tutto ciò che lo riguarda, dall’aspetto fisico alla storia di vita.

E ook, forse meglio smetterla qui, che ci stiamo incamminando un po’ troppo a passo spedito lungo l’interminabile strada del melodramma, quindi torniamo indietro e concentriamoci sul vero protagonista di questo articolo: il ninja della Foglia Asuma Sarutobi.
O meglio, sulla sua morte, giusto per restare ben allegri in questo afoso lunedì di fine luglio.

Che momento profondo, però, quello della sua dipartita: straziante e drammatico senza essere al limite del pietoso, pieno di simbolismi semplici, ma di grande effetto, il tutto dopo un momento di immobilità statica in cui tutti abbiamo creduto che fosse fatta, che i buoni avessero vinto, che Asuma avesse avuto la meglio su Hidan.

E invece no.

E invece il sangue lascia il corpo, la sigaretta cade a terra, il fuoco dell’accendino si spegne, mentre lontano, in un altro luogo, un fiore di papavero abbandona la pianta alla quale era ancorato, e crolla a terra.

Poi piove, d’improvviso. Anche il cielo piange.

No, niente neve fuori stagione questa volta, ché quella è il requiem per gli individui candidi e puri, bensì grosse gocce d’acqua potenti e inarrestabili, proprio come è, come era, Asuma.

E Shikamaru rimane lì, in piedi, con la sigaretta del maestro tra le dita.

Sa, maestro Asuma. Io ho sempre odiato le sigarette: il fumo entra negli occhi, e fa piangere tutti“, dice.

Ha ragione, i suoi occhi sono lucidi di lacrime, infatti.
Ma la sigaretta è spenta.

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