La recensione di “Safe”, miniserie gioiellino di Netflix

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Sappiamo tutti come spesso va con le serie thriller: iniziano bene, con un caso accattivante che suscita subito l’attenzione e la curiosità, per poi però perdersi puntata dopo puntata con banalità scontate, digressioni noiosissime sulle vite private dei personaggi e soprattutto inutilità buttate lì giusto per allungare la trama, preparando il terreno per le stagioni successive che ci mettono anni ad arrivare. Sempre che non vengano cancellate prima.

Ecco che dunque, per evitare di incappare in opere così, la cosa che personalmente amo più fare è guardare una miniserie, fatta e finita nel bene o nel male, che racconti ciò che vuole raccontare in un tot di episodi definito: e in questo genere, “Safe” è senza dubbio una delle mie preferite. Ma vediamo meglio di cosa parla e perché mi è piaciuta così tanto (l’ho consigliata anche ai miei e pure loro ne sono rimasti totalmente affascinati).

“Safe”, due parole sulla trama

La trama di “Safe” è quanto di più semplice esista, ed anche di quanto già sentito in una serie thriller: la figlia minorenne di un uomo rimasto da poco vedovo scompare nel nulla dopo un’uscita con gli amici. Il padre decide allora di non aspettare che la polizia faccia il suo dovere e inizia a investigare per i fatti propri, coinvolgendo in ciò tutti i vicini di casa, ognuno dei quali sembra avere ben più di un segreto da nascondere.

Visto? Nulla di così complicato e intricato… almeno in apparenza. Perchè sin dal primo episodio, o meglio, dalla sua conclusione, iniziano i colpi di scena e, puntata dopo puntata, la storia decolla, diventando sempre più coinvolgente. Staccarsi dallo schermo, a questo punto, risulta davvero difficile.

Di tutti un po’, ma mai troppo

La vera forza di questa serie è rappresentata dai personaggi. Tutti splendidamente interpretati, alcuni più complessi e intriganti, altri più semplici e a tratti irritanti, ognuno di loro rappresenta un pezzo cruciale in quel puzzle enorme e di difficile assemblaggio che è “Safe“, proprio perché tutti quanti loro intervengono a proprio modo nella storia, modificandola, chiarendola, intricandola ancora di più.

Nessuna lungaggine sulla loro vita, morte e miracoli però. Nessun flashback noioso e inconsistente al fine della trama, poi, il che se da un lato rende tali personaggi non chissà quanto caratterizzati, dall’altro fluidifica notevolmente il ritmo di narrazione, che non è mai pesante, vuoto e ripetitivo.
Tra le ottime interpretazioni, segnalo in particolare quella del protagonista, interpretato da Michael C. Hall (alias il Dexter Morgan di “Dexter“) e quella del suo fidato amico, cui presta volto l’espressivo Marc Warren (l’Albert Blithe di “Band of brothers“); quest’ultimo, sempre a mio personalissimo parere, il personaggio migliore della serie.

Un cerchio che si chiude

Ecco, nella frase di questo sottotitolo può essere descritta con una sola parola “Safe“. La miniserie dice infatti tutto ciò che vuole dire negli otto episodi da quaranta minuti circa di cui è composta, senza avere buchi di trama che solo una seconda stagione – se mai si farà – può essere in grado di chiarire.

Sebbene dunque tante siano le domande che vengono suscitate nello spettatore, di pari numero sono anche le risposte che, a conclusione della decima puntata, a lui vengono fornite.

Quindi in definitiva sì, “Safe” è una miniserie che merita e merita tanto.
Alla regia del resto c’è Harlan Coben, famoso scrittore thriller che ha prodotto diverse serie e film tratti da sue opere cartacee, quali anche la tanto discussa di questi tempi “Un inganno di troppo“, sempre disponibile alla visione su Netflix.

La Recensione

"Safe", miniserie thriller Netflix

10 Voto

Un'opera intrigante, accattivante, ricca di colpi di scena in cui nulla, fino alla fine, è scontato e prevedibile.

PRO

  • Trama semplice ma accattivante
  • Tanti colpi di scena
  • Personaggi splendidamente interpretati
  • Nessun mistero lasciato irrisolto
  • Mai noiosa

Recensione

  • Voto 10
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