5 curiosità sul film “La vita è bella” di Roberto Benigni

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La vita è bella è l’iconico film del 1997 diretto e interpretato dall’attore toscano Roberto Benigni, che ne ha curato anche il soggetto e la sceneggiatura.

Suo è il ruolo del protagonista, il giocoso Guido Orefice che, nel 1939, dopo aver tentato in ogni modo di conquistare Dora (Nicoletta Braschi), una maestra di scuola elementare e da lui dolcemente soprannominata “Principessa“, riesce finalmente a sposarla e a creare con lei una bellissima famiglia, con l’arrivo del piccolo Giosuè (Giorgio Cantarini).
La vita degli Orefice trascorre pacificamente fino al 1944, anno di inizio, in Italia, delle deportazioni naziste. Tra queste file vi è anche Guido, di origine ebraica, e il suo Giosuè; la madre, Dora, sceglie comunque di seguire il marito e il figlio, e sale anche lei sul treno diretto al lager, dove tuttavia verrà separata dagli altri due.
Rinchiusi in celle piccole, sporche e puzzolenti senza quasi niente da mangiare e all’ascolto costante delle urla dei nazisti, Guido cerca un modo per non far prendere coscienza al figlio piccolo dell’orrore senza fine in cui si trovano. Decide allora di fare finta, agli occhi del bimbo, che tutto sia un gioco, e che tutti gli uomini attorno a loro siano semplici partecipanti di quell’attività, il cui premio, in caso di vittoria, è la possibilità di salire su un carro armato vero.

Una scena dal film

Drammatico, intenso, in grado di far sorridere tra le lacrime: così si può riassumere in poche parole questo straordinario film.
Di seguito, qualche curiosità su di esso.

1) Le origini del film

Come abbiamo detto, “La vita è bella” è un film diretto da Roberto Benigni, il quale prima di dedicarsi ad esso aveva preso parte in qualità di regista unicamente a film di stampo comico, quali i memorabili “Johnny Stecchino” (1991) e “Il mostro” (1994).
La sua idea era inizialmente quella di continuare lungo tale sentiero, ma tutto cambiò in seguito all’incontro con Rubino Salmonì, un deportato che gli raccontò la propria drammatica storia di vita all’interno dei campi di concentramento, e che è stata anche narrata nel suo romanzo autobiografico “Ho sconfitto Hitler“.
Da tale triste racconto, Benigni estrapolò l’idea di realizzare un film incentrato sul periodo dell’Olocausto e sulle condizioni di vita dei deportati.

2) “Buongiorno, Principessa!”

Indimenticabile: il “Buongiorno, principessa“, ripetuto più volte nel corso del film, è impresso ancora oggi nella memoria di tutti noi.
Inizialmente, però, essa non era soltanto una frase, bensì il titolo del film stesso. Rimase tale durante le riprese avvenute tra il novembre 1996 e l’aprile 1997, ma poi venne cambiato nel definitivo “La vita è bella“, in riferimento ad una parte del testamento di Lev Tolstoj che recita:

“La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore”.

3) Un film premiato… e da record

La vita è bella“, nel 1999, si aggiudicò tre Oscar: miglior colonna sonora, miglior film straniero e migliore attore protagonista.

Per quanto riguarda i primi due premi, nessuno si stupì della vittoria di tale titolo, ma ciò che invece non ci si aspettava era la vittoria di Benigni come miglior attore protagonista, in un anno in cui i favoriti assoluti erano Edward Norton con il suo Derek Vinyard in “American History X” e Tom Hanks, che aveva interpretato il capitano John H. Miller in “Salvate il soldato Ryan“.
Eppure, contro ogni previsione, Sofia Loren che era sul palco dell’Academy con in mano il foglietto riportante il nome del proprietario dell’Oscar, chiamò a squarciagola, con chiaro orgoglio italiano, proprio Roberto Benigni, che ancora una volta mostrò la sua estrosità saltando sulle sedie: una scena, il cui video è ancora presente su YouTube, che è stata e che rimarrà indimenticabile.
Del resto la sua non fu una vittoria qualsiasi: Benigni fu infatti il primo attore della storia del cinema fino a quel momento a vincere l’Oscar per un film di genere commedia diretto da se stesso.
La vita è bella” si aggiudicò però anche altri record: quello del film con il maggior incasso di sempre all’uscita (primato che si vedrà strappare soltanto anni dopo, nel 2011, da “Che bella giornata” di Checco Zalone), e quello del film più visto al suo primo passaggio in TV (oltre 16 milioni di telespettatori).

4) Tanto successo… ma anche tante critiche

Non solo elogi e complimenti: il film “La vita è bella” ha attratto anche numerose critiche, prime fra tutte quelle mossegli dall’attore e regista Mel Brooks, il quale, in occasione del documentario “The last laugh” incentrato proprio sul tema dell’olocausto, lo definì:

“Il peggior film mai fatto, perché cerca la risata superficiale su ciò che accadeva nei campi di concentramento”.

Anni dopo, anche la senatrice a vita Liliana Segre, vittima della deportazione, ha espresso il proprio parere sull’opera, criticandone in particolare l’assenza di realismo nella presentazione dei fatti:

“La vita è bella di Roberto Benigni non è un brutto film, ma non è realistico. Nessun bambino sarebbe potuto restare nascosto nel lager. Nessuna poteva comunicare con un altoparlante in un campo di sterminio. I bambini andavano subito al gas oppure erano vittime di terribili esperimenti. Benigni avrebbe dovuto dire che si trattava di una favola.”

5) Tributi e citazioni

Ne “La vita è bella“, numerosi sono i riferimenti e le citazioni ad altri grandi film o attori.
Iniziamo col tributo a Massimo Troisi, amico e collega di Benigni in quel di “Non ci resta che piangere“, anno 1984.
I riferimenti a lui sono eclatanti in due momenti del film: quando Benigni, inteprete di Guido, prega la donna di cui è innamorato, Dora, di voltarsi verso di lui, pronunciando la frase “Voltati, voltati!“, che è la stessa di Troisi intento a spostare un vaso con la forza del pensiero nel film “Ricomincio da tre“, e quando Guido spunta di fronte all’amata Dora dopo aver fatto il giro del quartiere, come fece lo stesso Troisi.

Un’altra citazione del film è quella riferita a “Le ali della libertà“, opera del 1994 diretto da Frank Darabont e tratta dal racconto di Stephen King “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank“: la scena in cui Guido usa di nascosto l’altoparlante del campo per comunicare alla moglie Dora di stare bene, è molto simile alla medesima scena ne “Le ali della libertà” in cui Andy Dufresne trasmette mediante l’altoparlante della prigione della musica, che, come nel film di Benigni, fa alzare la testa verso al cielo di tutti coloro che, rinchiusi tra quelle quattro mura, si trovano ad ascoltare tale suono inaspettato.

Conoscevate queste curiosità? Ne sapete altre? Ditecelo qui sotto nei commenti!

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