“Quella notte infinita”: recensione della miniserie spagnola

quella notte infinita

Disponibile su Netflix Italia dallo scorso 8 luglio, “Quella notte infinita” è una miniserie televisiva formata da sei puntate della durata di circa cinquanta minuti l’una, diretta da Xosè Morais e Victor Sierra.
Nel cast figurano attori quali Alberto Ammann, Luis Callejo, Daniel Albaladejo, Lucia Diez, Barbara Goenaga, Pablo Alama, Cecilia Freire, Adolfo Fernandez.

Trama

Quella notte infinita” inizia la sera della vigilia di Natale; i nostri protagonisti si apprestano a trascorrerla in famiglia, ma un evento inaspettato rovina i loro lieti piani: Simòn Lago, uno dei più efferati criminali in circolazione, è stato catturato dalla polizia. Viene portato alla prigione psichiatrica di Monte Baruca, ed è qui che viene richiamato il protagonista della serie, il direttore del carcere Hugo Roca, uomo in procinto di divorziare dalla moglie e padre di tre figli.

Una volta giunto sul proprio luogo di lavoro, però, Hugo capisce ben presto che quella vigilia di Natale sarà per lui una lunga notte, come del resto gli preannuncia anche lo stesso Simòn Lago. Degli uomini armati e coperti dal passamontagna, infatti, si affollano fuori dalla prigione, minacciando di fare irruzione e di non risparmiare nessuno laddove non venisse loro consegnato il prigioniero Lago.

La scelta su quale sia la cosa più giusta da fare, però, si complica ancora di più quando Hugo riceve un inquietante messaggio da parte della figlia più grande.

Quella notte infinita“: il connubio perfetto tra il genere “prigione” e “home invasion”

Quella notte infinita” non è una serie originale e particolarmente innovativa dal punto di vista della trama e della dinamica degli eventi, ma nonostante ciò attira e conquista dopo pochi minuti.
Se da un lato racconta la quotidianità dei carcerati, denunciando sottilmente gli abusi di potere cui sono quotidianamente vittime, portando così ancora una volta lo spettatore a riflettere su, alla fine, chi sia davvero il cattivo, dall’altra tiene alta la tensione grazie alla costante inquietudine di fondo che permea ogni scena.
Perché in “Quella notte infinita” nessuno è al sicuro, neanche all’interno di una prigione di massima sicurezza, non con misteriosi assalitori furbi e capaci che, senza urla e strepiti inutili, minacciano… ma agiscono anche, e in fretta.

Ecco dunque che in questi termini la serie acquista i connotati tipici del genere home invasion (stile film “The strangers” o “You’re next“, per fare solo alcuni dei tanti esempi possibili).

Quella notte infinita“: una molteplicità di punti di vista

Ciò che differenzia “Quella notte infinita” dal classico genere cinematografico home invasion, è però principalmente la pluralità di punti di vista.

Per spiegarlo meglio: i film o le serie incentrate su un gruppo di persone che si devono difendere da individui che vogliono “invaderli” (come ad esempio i sopracitati “The strangers” o “You’re next”) presentano nella maggior parte dei casi un solo punto di vista, definibile anche come piano d’azione: quello degli individui che vengono invasi. 

In “Quella notte infinita“, invece, i punti di vista/piani di azione sono numerosi e diversi: Hugo e gli altri poliziotti che devono tentare di far fronte all’invasione, i due figli di lui dispersi all’interno del carcere assaltato, gli invasori che vogliono recuperare ad ogni costo Lago, la figlia più grande di Hugo fuori dal carcere, e infine i prigionieri di Monte Baruca che tentano di affrontare come possono la particolare situazione in cui si sono trovati coinvolti.

Pur dunque svolgendosi per un buon 90% se non anche di più all’interno di un solo ambiente, ovvero la prigione psichiatrica, questa differenziazione di piani su cui si dipana la trama permette di rendere la narrazione più accattivante e meno ripetitiva.

Anche la linearità temporale – ovvero la notte di Natale – è inframezzata da flashback circa il passato di alcuni detenuti, non lunghissimi nè noiosi, ma in grado di fornirci i dettagli essenziali per poterli conoscere meglio e capire il motivo criminale e psichiatrico per cui sono finiti a Baruca.

Quella notte infinita“: i difetti

Pur avendo molti pregi, questa serie presenta a mio parere anche due difetti: la piattezza dei protagonisti, e il finale aperto.

Partendo dal primo difetto: ai protagonisti di “Quella notte infinita“, come ad esempio lo stesso Hugo, ma anche le altre guardie che collaborano con lui, non è stata attribuita alcuna caratterizzazione precisa; di loro, della loro vita e del loro passato non si sa praticamente nulla, e i ruoli da loro ricoperti sono classici cliché già visti mille volte.

Per fare alcuni esempi senza entrare più nel dettaglio: c’è la dottoressa che ha a cuore i pazienti e che ha una tresca con il direttore; c’è la guardia che maltratta i detenuti senza apparente motivo; c’è un’altra guardia giovane che sembra non vedere tutto lo sporco che gira in quel luogo e cose del genere.

Nulla di nuovo, dunque, e soprattutto nulla di maggiormente approfondito, che permetta allo spettatore di entrare in empatia con loro; ci si affeziona di più ad alcuni detenuti, vittime di un sistema sbagliato e colpevoli solo di essere troppo ingenui. Ne è un chiaro esempio Rey (interpretato da Pablo Alamà), ed è proprio lui il personaggio che secondo me spicca di più, offrendo anche uno spaccato di riflessione sulla condizione di vita di una persona transessuale all’interno del carcere.

Parlando invece del finale aperto, non si può dire che questo sia un vero e proprio difetto, ma da come la serie era stata presentata – ovvero come miniserie – l’idea che è stata data è che fosse formata da una sola stagione che chiudesse gli eventi.

Ma così non è: le risposte date alla fine della sesta puntata (che è l’ultima) sono pochissimi, anzi, aumentano ancora di più.

L’ipotesi di una seconda stagione

Come detto prima, il finale chiaramente aperto di “Quella notte infinita” rende chi come me l’ha apprezzata speranzoso di vedere un seguito che possa risolvere i tanti interessanti interrogativi costruiti episodio dopo episodio.

Purtroppo per ora non c’è in merito ancora nulla di confermato, ma per riprendere le parole di Alberto Ammann, attore che ha interpretato il protagonista Hugo nella serie:

“Dobbiamo vedere come il pubblico risponderà a questa serie. Non ne ho idea, parlo per ignoranza, ma come spettatore mi piacerebbe [vederne una seconda stagione]. Mi piace, è una grande serie e io, che amo il genere, vorrei una seconda stagione. Ma per come va il mondo oggi, dipenderà dal modo in cui gli abbonati reagiranno”.

Tutto, come molto spesso in questi casi, dipende dunque dal successo che farà la prima stagione, e dalla derivante possibilità di monetizzare della seconda.

Io spero vivamente che ciò accada, e di poter tornare ad immergermi nei meandri oscuri del Baruca e delle menti dei suoi carcerati, e voi? Cosa pensate di questa serie se già l’avete vista? Siete d’accordo con le mie opinioni su questa serie oppure no? Scrivetelo nei commenti!

La Recensione

"Quella notte infinita"

8 Voto

Una serie che pur non spiccando in originalità intrattiene e fa riflettere.

PRO

  • Tensione costante
  • Pluralità di punti di azione
  • Tanti misteri

CONTRO

  • Protagonisti piatti e poco caratterizzati
  • Finale aperto che lascia troppi interrogativi

Recensione

  • Voto 8
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