Tokyo Ghoul: analisi, trama e contraddizioni di un anime che rappresenta un’occasione sprecata

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Su Netflix è recentemente arrivata l’ultima stagione – anche doppiata – di uno degli anime più conosciuti e chiacchierati degli ultimi anni in tutto il mondo: Tokyo Ghoul, tratto dall’omonimo manga scritto e disegnato da Sui Ishida. Il manga ha preso vita grazie a una serie di one shots pubblicate a partire dal 2010, esattamente dieci anni fa; solo nel 2011 la serie è partita con la pubblicazione regolare, andando avanti fino al 2014 – anno in cui si è conclusa la prima parte del manga.

L’adattamento anime, interamente curato dallo studio Pierrot, è stato mandato in onda a partire dal 2014 ed è suddiviso in tre stagioni: la prima, intitolata Tokio Ghoul, di dodici episodi; la seconda, Tokio Ghoul √A, sempre di dodici episodi; e infine la terza, Tokio Ghoul: Re, conclusasi in Giappone nel 2019 e formata da ventiquattro episodi.

Con più di 20 milioni di copie vendute, il manga di Tokio Ghoul ha una popolarità di cui poche altre opere si possono vantare: ma oggi, quello a cui vogliamo cercare di rispondere, è la fatidica domanda se l’anime è stato veramente all’altezza del prodotto da cui è tratto. E sappiamo già che molti di voi stanno storcendo il naso…

Per farla breve sì, l’anime andrebbe guardato, ma solo per toccare con mano il fatto che questo rappresenta il modo in cui un prodotto non dovrebbe mai essere trattato. In un momento storico in cui abbiamo la fortuna di avere da una parte adattamenti come la terza stagione dell’Attacco dei Giganti piuttosto che la serie di My Hero Academia, non possiamo che soffermarci a soppesare gli errori e le contraddizioni che non hanno funzionato in una serie come Tokyo Ghoul, che ha la straordinaria fortuna di nascere da un uno dei manga più interessanti e ben pensati dell’ultimo decennio.

La Trama di Tokyo Ghoul

Nella maniera più assurda e paradossale, una tra le storie più seguite degli ultimi anni comincia forse con uno tra i più banali degli avvenimenti: un appuntamento. Sia nel manga che nell’anime infatti, il protagonista Ken Kaneki, uno studente universitario di Tokyo (so che non lo avreste mai pensato visto il titolo dell’opera) conosce un’affascinante coetanea con la quale condivide la passione della lettura. Proprio per questo i due decidono di uscire insieme, ma nel bel mezzo dell’appuntamento, Rize – questo il nome della ragazza – mostra a Keneki la sua vera natura: non è infatti altro che una Ghoul, un essere che per sopravvivere si ciba di carne umana.

Per Kaneki cominciano gli attimi più inquietanti e incredibili di tutta la sua vita, mentre scappa dalla terribile Ghoul che a questo punto vuole mangiarlo: per uno strano scherzo del destino però, proprio prima che lei riesca nel suo intento, muore schiacciata da alcune travi che le cadono addosso, colpendo però anche Kaneki, che verrà dunque portato d’urgenza in ospedale dove i medici (senza alcuna autorizzazione e illegalmente) pensano bene di salvargli la vita trapiantandogli gli organi proprio della ormai defunta Ghoul. So cosa state pensando: e a questi, la laurea da dottore chi gliel’ha data?

Rize, la bellissima e pericolosa Ghoul

Comincia così per Kaneki uno dei periodi più bui e strazianti della sua vita: avendo ormai dentro di sé organi vitali di un Ghoul, senza purtroppo averlo potuto scegliere, anche lui adesso si è parzialmente trasformato in questa creatura. Naturalmente in un primo momento Kaneki è spaventato e addirittura ripugnato dalla propria natura, allo stesso tempo però, si rende conto di non poter più mangiare cibi che ha sempre amato e bramare carne umana. Ad aiutarlo in questi momenti, seppur inizialmente malvolentieri, la coetanea Touka, una Ghoul dal carattere forte e deciso che lavora all’Anteiku, un luogo che per gli umani non rappresenta molto più che un bar ma che invece per i Ghoul è un punto di ritrovo molto importante, perché qui vengono aiutati i Ghoul che non riescono a procacciarsi il cibo da soli.

Grazie ai membri dell’Anteiku e al particolare rapporto che stringerà insieme a Touka, Kaneki comincerà a conoscere sempre di più il mondo dei Ghoul, un universo fatto non solo da mostri assetati di sangue come credeva, ma anche da genitori amorevoli e creature genuinamente disposte ad avere un rapporto perfettamente normale con gli esseri umani. Con il tempo, scoprirà che i Ghoul sono cacciati dalla CCG, la commissione investigativa anti-ghoul, nata per investigare sugli omicidi causati dai ghoul e formata da persone che vengono riconosciute con il nome di colombe, che spesso non si fanno scrupoli ad uccidere i ghoul, nonostante questi non si dimostrino per nulla inclini a combattere.

Touka, co-protagonista femminile della serie

Dopo un’intera stagione in cui Kaneki cerca di scendere a patti con la sua nuova natura, verrà rapito da Jason, un membro di Aoigiri (organizzazione terroristica che ha da sempre lo scopo di sbarazzarsi delle colombe) che comincia nei suoi confronti una tortura agonizzante che costringerà Kaneki ad abbracciare il suo lato meno umano e smettere una volta per tutte di essere la persona debole e gentile che era un tempo. La trasformazione in Kaneki è totale: i suoi capelli da corvini diventano bianchi, dando vita a uno dei personaggi più iconici e riproposti dai cosplay di tutto il mondo negli ultimi anni.

In seguito alle ripetute torture di Jason, Ken Kaneki accetta la sua nuova natura

Se la prima stagione dell’anime segue piuttosto fedelmente gli avvenimenti del manga, purtroppo, dalla seconda stagione in poi, succede qualcosa che nessun lettore ama: gli avvenimenti dell’anime cominciano a distaccarsi completamente da quelli del manga.

Se però volete vedere un riassunto delle prime due stagioni molto più divertente, basta provare a dare un’occhiata al fantastico lavoro che hanno fatto i ragazzi del canale Orion – Web Dubbing, nel loro video che riassume in soli 5 minuti il contenuto di ben ventiquattro episodi in una maniera che non potreste mai aspettarvi. Buona visione!

Credits: Orion – Web Dubbing

Analisi

Ci sono diversi motivi che potrebbero spingere un anime a non seguire fedelmente un manga: primo fra tutti, se l’anime viene prodotto quando il manga è ancora in corso e con diversi capitoli che devono ancora uscire, potrebbe vedersi costretto a creare del materiale originale. Un esempio lampante è “Fullmetal Alchemist“, uscito quando ancora il manga non era concluso (a differenza di Brotherhood). Da un certo punto in poi, le storie del manga e dell’anime si separano in maniera totale, ma il motivo qui era chiaro a tutti.

Quello che non è chiaro invece, è stata la decisione di separare la seconda stagione dell’anime di Tokyo Ghoul dal materiale originale, nonostante questo esistesse, e fosse bello che pronto. E sapete qual è il risultato? Che √A è forse ad oggi uno degli anime peggio riusciti della storia.

Perchè diciamo questo? Per un milione di motivi! Primo fra tutti che nell’anime, dopo che è stato torturato proprio da questa organizzazione terroristica, Kaneki sceglie in maniera volontaria di unirsi a loro. Il perchè? Per diventare più forte. E alla domanda che si fanno tutti: questo avrà avuto un senso nel manga? La risposta è no: nel manga non è proprio successo, perchè ovviamente Kaneki non sceglie di unirsi ad Aogiri.

Ma la lista dei motivi si allunga, come potete immaginare. Mentre nel manga Kaneki subisce cambiamenti psicologici importanti e appare come un personaggio sempre più interessante nella sua complessità, in √A perde completamente ogni tratto che tanto lo rende affascinante nella sua controparte cartacea. Nella seconda stagione il Kaneki dell’anime è spento, non parla quasi mai e quando lo fa lo fa a monosillabi: un occasione sprecata, visto che è doppiato dal grande Natsuki Hanae in giapponese, e da Manuel Meli nella versione italiana. Nel complesso, la seconda stagione appare come un’accozzaglia di avvenimenti e personaggi che sembrano comparire completamente a caso, a molti dei quali non viene data alcuna spiegazione sensata allo spettatore (che in molti casi non ha letto il prodotto originale, quindi si trova seriamente in difficoltà).

Come elemento positivo spicca solo la soundtrack, che però a volte sembra completamente sopra tono rispetto agli avvenimenti, che con un’animazione mediocre e un’attenzione ai particolari scarsa, non riesce nella maniera più assoluta a stare al passo a canzoni che invece catturano il cuore dei fan. La sigla stessa della seconda stagione è un grande, enorme, categorico no.

Cosa non ha funzionato?

A questo punto, molti fan erano divisi a metà: dopo la seconda stagione c’era chi si era innamorato follemente dell’anime – nonostante i suoi difetti – e ha voluto approfondire dedicandosi al manga; chi invece, e giustamente, ha riposto tutte le speranze nella terza stagione, Re, che di fatto rappresenta, dal punto di vista dei manga, un vero e proprio sequel di Tokyo Ghoul. Re è in assoluto la serie più lunga, formata da 24 episodi, che vennero mandati in onda divisi in due parti differenti.

Lo spettatore si è trovato davanti a non poche novità con l’arrivo di Re: prima fra tutte, il fatto che fossero cambiati i disegnatori dell’anime (potete vedere una netta differenza tra il disegno iniziale di Kaneki e quello degli episodi dell’ultima stagione) e seconda cosa, il fatto che, per lo meno inizialmente, gli avvenimenti hanno come protagonista un certo Haise Sasaki.

Si scoprirà che questo non è altri che Kaneki che, in seguito alla sconfitta per mano di una delle più forti membri della CCG, Kishou Arima, e alla perdita della memoria, vive per due anni sotto una falsa identità. Recupererà la sua memoria solo in un secondo momento, e da qui diventerà definitivamente la speranza dei ghoul, accettando di diventare il loro Re (proprio da qui, il titolo).

Tutti i cambiamenti che attraversa il personaggio di Ken Kaneki

La trama dell’ultima parte del manga è sicuramente interessante e il fulcro principale rimane sempre Ken Kaneki, insieme alla sua crescita e alle sue evoluzioni psicologiche: il vero peccato è che la terza stagione fatica a cogliere tutto questo, ricadendo nella mera presentazione di continui nuovi personaggi ai quali non viene dato il minimo spessore psicologico, che sono lì solo perchè ci devono essere o peggio, perchè ci sono nel manga. Sembra che l’anime non abbia nè la voglia, nè il tempo di arricchire le storie, e anzi si focalizzi principalmente sui combattimenti che certo, sono interessanti, ma non rispecchiano per nulla il vero cuore di Tokyo Ghoul. Che per la cronaca, non sono i combattimenti: sono i sentimenti, l’importanza di aggrapparsi alla vita e all’umanità quando tutto il resto sembra perduto, il trovare gioia nelle piccole cose.

Mettete giù i forconi: so benissimo che in uno shonen i combattimenti sono importanti, ma lo diventano quando si portano dietro un carico motivo, quando avvengono tra personaggi che hanno spessore, una storia ben spiegata e un motivo chiaro. Tutto questo si perde nel gran casino che è la terza stagione di Tokyo Ghoul. Un vero peccato, considerando l’introduzione di personaggi potenzialmente molto interessanti (come, per fare degli esempi, Kuki Urie e Mutsuki Tooru, entrambi con una storia molto profonda ma che viene tratta solo in superficie nell’adattamento animato).

Insomma, quello che sto cercando di dirvi è: Sui Ishida è riuscito a creare un universo ricco di dettagli e particolari che, vuoi per dare spazio ad altri aspetti, vuoi per mancanza di attenzione, sono sfuggiti all’adattamento animato. Ad oggi, credo che quasi tutti siano d’accordo nel dichiarare Tokyo Ghoul come uno dei manga meglio riusciti della storia: certo, forse un po’ difficile da seguire per via dei tantissimi personaggi, ma sicuramente e genuinamente bello nella sua complessità.

Manga sì, anime no…ma è sempre così?

Sono qui per sconsigliare completamente la visione dell’anime? Di nuovo, no: tentare di guardarlo sicuramente non nuoce. Inoltre, come già anticipato prima, ha forse una delle soundtrack più belle degli anime degli ultimi anni. Si distingue in particolar modo l’Opening Theme della prima stagione, la bellissima “Unravel“, che è al primo posto della nostra classifica delle sigle degli anime più popolari di sempre!

La sigla della prima stagione di Tokio Ghoul, “Unravel

Sicuramente poi, l’anime è riuscito ad attirare molte persone che si sono appassionate solo successivamente al prodotto originale, dando a questo quindi ancora più popolarità. Si può dire dunque che senza l’anime il manga non avrebbe avuto il successo che ha oggi, di fatto creando una chiusura del cerchio perfetta per gli amanti di entrambi i prodotti. E voi, cosa pensate dell’universo “Tokyo Ghoul”? Fatemi sapere nei commenti!

Trovate tutte e tre le stagioni di “Tokyo Ghoul” su Netflix.

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