3 morti degli anime che ci hanno spezzato il cuore

morti anime

Per quanto secondo molti gli anime siano solo “cartoni per bambini“, volti dunque unicamente a intrattenere e divertire le semplici menti dei più piccoli, noi appassionati del genere sappiamo bene come in realtà essi siano spesso dei veri e propri capolavori in grado di toccare le corde più profonde del cuore umano, commuovendo ed emozionando come talvolta neanche i film e le serie TV “umane” riescono a fare.

E oggi questo articolo tratterà proprio un argomento similare, ovvero 3 morti del mondo anime che si sono rivelate di un’intensità drammatica pazzesca.

P.S. Quelle qui sotto riportate sono solo 3 tra le tante, tantissime altre che potrebbero essere giustamente citate. 

Fazzoletti pronti? Cominciamo subito!

1) Meruem e Komugi, “HunterXHunter”

HunterXHunter“, tratto dal medesimo manga di Yoshihiro Togashi, è un anime in grado di alternare momenti di spensieratezza e simpatia ad altri ben più drammatici e violenti. Nel secondo caso si colloca in particolare la meravigliosa saga delle Formichimere, che vede un susseguirsi costante di scene forti che non possono evitare di colpire e di rimanere impresse.

Tra queste, vi è soprattutto quella che chiude l’arco narrativo, ovvero la morte del re delle Formichimere, il potentissimo Meruem, e della fragile donna umana, Komugi, con cui lui ha instaurato una relazione particolare, dal nome indefinibile, perché forse parlare d’amore è sbagliato (non eccessivo, solo sbagliato), forse si tratta più di bisogno reciproco, o che altro, ma non è importante al momento.
Ciò che conta è che questo nuovo sentimento generatosi del neonato Re si rivela l’unica arma in grado di arginare dalla sua stessa mente qualsivoglia violento tentativo di rendere schiava l’intera popolazione mondiale.

Colpito da quella che potremmo definire a tutti gli effetti una bomba atomica, il Re sopravvive, ma è consapevole di non averne ancora per molto: le radiazioni stanno devastando anche il suo – in apparenza – indistruttibile corpo. 

E qual è il suo ultimo desiderio, ormai in punto di morte?

Rivedere per un attimo quella ragazza che così tanto lo ha stregato, passare del tempo con lei, giocare insieme un’ultima partita di gumgi, lo sport che li ha fatti conoscere.
Per Komugi del resto non c’è regalo più grande, e pur essendo conscia di rischiare anche lei la propria vita a causa della radioattività emessa da Meruem, sceglie lo stesso di stare con lui, di fare partite su partite, incurante del tempo che passa.

Su uno sfondo nero e privo di qualsiasi musica, si sentono dunque i due avversari compiere le loro mosse.

Ma il re è sempre più stanco, provato dall’effetto delle radiazioni che gli rubano la breve esistenza.
Non ha paura, no. Non sarebbe affatto da lui.
Anzi sì, forse una paura ce l’ha: quella di rimanere solo, di essere abbandonato da lei.

A suon di “Komugi, ci sei?” la partita prosegue, fin quando uno stremato Meruem non decide di interromperla per riposarsi.
Ma solo un po’ eh, che poi ricomincerà a giocare, perché cavolo, almeno una volta Komugi la deve battere, lui è pur sempre il risultato dell’evoluzione di tutta la sua specie, qualcosa vorrà dire.

Con voce tremante, chiede una cosa, alla sua Komugi: di pronunciare il suo nome, solo una volta. La prima e l’ultima.

Ed ecco che torna il video, che vediamo anche noi ciò che sta succedendo: Meruem sdraiato in braccio a Komugi, un’istantanea di profondo affetto così intensamente umano che brucia gli occhi.

E poi Komugi parla. 

“Buonanotte, Meruem. Anche io ti raggiungerò presto.”

Un saluto, un addio. Il sipario sulla bellissima quanto fugace storia di una ragazza cieca che ha insegnato ad un Re a vedere.

2) Zabuza e Haku, “Naruto”

Pasticcione, confusionario e testardo: ecco come ci si presenta di primo acchito il giovanissimo Naruto in quel dell’anime omonimo, tratto dal manga scritto dal maestro Masashi Kishimoto.

E anche i primi episodi dell’opera del resto appaiono così, per lo più simpatici, leggeri e un po’ caciaroni.

Ma poi arrivano loro, i primi veri nemici della storia: Zabuza e Haku, duo imbattibile contro cui Naruto, Sasuke e Sakura scoprono ben presto quanto sia pericoloso e difficile combattere.

Dopo una lotta che prosegue per diverso tempo, però, Zabuza sembra stia per essere sconfitto; contro di lui del resto si è messo il celeberrimo di nome e di fatto “Kakashi dello Sharingan“, che è ben più forte, abile ed esperto dei tre ragazzini sopracitati.

Proprio quando Zabuza è a tutti gli effetti sul punto di venire trafitto dritto al cuore da un potente attacco di Kakashi, qualcosa accade.
Haku, veloce come un pensiero, si interpone fra i due, accusando su di sé il colpo dell’avversario.
L’ha fatto per il motivo più antico del mondo: l’amore, quello forte e dirompente provato da lui stesso per Zabuza, il suo mentore, il suo salvatore.

Ma Zabuza e Haku in fin dei conti interpretano entrambi il ruolo di salvatori e salvati l’uno dei confronti dell’altro: si sono trovati quando avevano più bisogno della rispettiva compagnia, e da allora sono cresciuti insieme, in un rapporto più di padre/figlio che di semplice maestro/allievo.

Haku non ci pensa allora due volte, a salvare la vita di Zabuza; nessun ripensamento, nessuna paura, solo amore puro.

Zabuza invece non sembra essere del medesimo avviso.

Vede il corpo del suo amico per terra, ormai immobile, e non prova niente, afferma come per lui Haku sia stato sempre e solo un semplice strumento da plasmare e usare a sua libera volontà, e che ora che lui non c’è più si è liberato di un peso.

Naruto non ci sta. Il suo cuore puro di ancora bambino non riesce ad accettare parole così dure rivolte nei confronti di un essere candido e devoto come Haku, e si scaglia contro Zabuza. Con le lacrime agli occhi, sono solo parole quelle con cui lo colpisce, non più pugni o shuriken o tecniche ninja.

Zabuza è di schiena. Lo ascolta, o forse no. Non si capisce.

Poi alza gli occhi al cielo. 

“Taci, rispetta il mio dolore”.

Cinque parole, un solo significato.

Un significato che trova compimento nei suo gesti successivi, nel suo lanciarsi in una battaglia ormai persa, solo per farsi uccidere, per poter raggiungere il suo amato Haku.

E quando ciò succede, quando le ferite riportate gli stanno annebbiando per sempre la vista, Zabuza chiede a Kakashi, non più un nemico ormai, di deporlo accanto al corpo privo di vita dello stesso Haku.

Kakashi lo fa, mentre nelle nostre orecchie risuona la struggente “Sadness and sorrow“, una delle soundtrack più belle di tutto “Naruto“; a morbidi fiocchi, intanto, cade la neve.

Una neve fuori stagione, però, simbolo di quanto anche il cielo stia piangendo per Haku, come sostenuto da un morente Zabuza.

Vicini, sdraiati l’uno accanto all’altro, Zabuza e Haku sono un quadro drammatico. Il primo alza la mano, accarezza la guancia del secondo, sussurra che spera di rincontrarlo, un giorno, da qualche parte, in qualche modo.

Haku non può più rispondere, ormai.

Ma un fiocco di neve gli si deposita all’angolo dell’occhio, si scioglie e scivola giù.

Sembra una lacrima. Forse lo è davvero.

3) Escanor – “The seven deadly sins”

L’ultimo ad arrivare e il primo ad andare via: così possiamo definire in poche parole Escanor, il peccato più fulgido e splendente che esista (letteralmente).

Senza dubbio uno dei personaggi maggiormente intriganti di quel bell’anime che è “The seven deadly sins“, lui con la sua doppia personalità che non può che farcelo amare follemente.

Eppure anche la sua incontenibile superbia viene fatta tacere di fronte al pericolo, ma non quello per se stesso, ovviamente oserei dire, bensì quello corso dai suoi amici e compagni di viaggio, che per lui in realtà sono più una vera e propria famiglia, l’unica ad averlo accettato per come è.

Ed Escanor allora non ci pensa due volte: mette tutto se stesso, anche in questo caso letteralmente, tutta la sua energia vitale al fine di salvare loro la vita.
Certo, non che questo sia chissà quanto nuovo, un sacco di volte negli anime e non solo abbiamo visto l’eroe di turno sacrificarsi totalmente in nome del bene comune, spesso però poi uscendone giusto un po’ ammaccato e ferito, niente di irreparabile, insomma.

Invece con Escanor è diverso.
Escanor dà tutto se stesso e perde tutto se stesso.

Quando capisce ormai di non avere molto più tempo da passare su questa Terra, il suo pensiero va ai suoi cari, carissimi amici, e soprattutto alla sua adorata Merlin, donna di cui lui è sempre stato innamorato, pur non venendo mai da lei ricambiato.

Il rifiuto dell’orgoglio.

Escanor questo lo sa, e ancora una volta mette da parte la propria arroganza per rivolgere alla stessa Merlin delle dolcissime parole d’addio, che la commuovono, e gli valgono un tenero, primo e ultimo bacio da parte sua, bruciando per questo motivo il suo bellissimo viso, in quello che però lei definisce, in riferimento al medesimo Escanor, “il segno dell’unico uomo che mi abbia mai amata, la prova che tu hai vissuto“.

“Tu, mio tenero amore solitario, dolce vino pregiato che inebria soavemente il cuore. Purtroppo mia adorata, io non sono riuscito a diventare il tuo calice, ma prego lo stesso Dio affinché per te si manifesti un’altra coppa in grado di contenere il tuo amore.”

Detto questo, il nostro meraviglioso Escanor viene invaso ancor più dalle fiamme, che lo dissolvono, e fanno sì che di lui rimanga sol più un abbagliante quanto superbo ricordo.

Exit mobile version