Arlecchino servitore di due padroni – regia di G. Strehler

Arlecchino servitore di due padroni – Immagine di Arlecchino e Brighella in una scena della rappresentazione

Arlecchino servitore di due padroni. La Recensione.


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La versione cui non assistiamo è chiamata Edizione del Cinquantenario, l’ultima curata da Strehler e la più vicina all’Edizione del Buongiorno, proposta sulle scene come saggio finale degli allievi del primo corso del Piccolo Teatro di Milano (1987/1990 – corso Jacques Coupeau).

Lassù, continuava l’eterno gioco, l’avventura della Maschera […] ma quella volta chi li portava avanti erano gli allievi della nostra Scuola di Teatro afferma Strehler nelle sue riflessioni; continua commentando quella particolare messinscena negli “Appunti sulla regia dell’Edizione del 1990”:

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lo spettacolo è sempre rinato dalle sue ceneri, mai identico, sempre in movimento, sempre alla ricerca di un “modo” di rappresentarsi che non fosse la copia esatta del vecchio, ma la traccia del nuovo, su ciò che di valido c’era stato .

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Riemerge il concetto teatrale cinquecentesco di Drammaturgia Consuntiva, ovvero l’apertura a possibili modifiche del testo teatrale con estensioni o riduzioni sulla base dell’ascolto autentico degli spettatori e delle reazioni a tutto ciò che avviene in scena.

Teatro che è vita, e va accettato con devozione.

Una delle grandi fonti attrattive di questo spettacolo è inoltre il grande interprete di Arlecchino Ferruccio Soleri, succeduto a Marcello Moretti nel 1960.
Racconta Strehler:

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Il legame fisico con la storia era – ed è – dato dalla presenza di un solo grande attore, volutamente rimasto lì, per essere un punto di riferimento concreto, l’Arlecchino di ieri e di oggi: Ferruccio Soleri 

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85 anni lo scorso 6 Novembre, entrato nel guinness dei primati in quanto attore interprete dello stesso personaggio il maggior numero di volte, attira su di sé lo sguardo ammirato di ogni spettatore non solo per i salti e la acrobatica capacità di sostenere la scena per tre ore di spettacolo, bensì per la forza e l’energia vitale che gli valgono il soprannome di immortale Arlecchino.
Ferruccio Soleri al Carnevale di Venezia – foto di Federica Repetto
Senso di vitalità, non letteraria, ma reale.

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[five_sixth_last]In occasione della tourneé in America Latina nel 1954 Strehler sottolinea l’intenzione di rivitalizzare il testo attraverso i tratti più peculiari della recitazione dei Comici dell’Arte, ovvero: [/five_sixth_last]

voler ricostruire idealmente, prima tra di noi commedianti, un mondo più solidale – il mondo di una “compagnia” dell’arte – e poi nell’“inventare” un gioco d’arte ogni sera assieme al pubblico, in un accordo felice e abbandonato.                          

[five_sixth_last]Lavoro senz’altro ricco di difficoltà, in quanto comportava[/five_sixth_last]

gettarsi all’indietro nel tempo, a complicate storie giocate tutte sul gesto e sulla parola dell’interprete e quindi bruciate da tempi immemorabili, polvere di palcoscenico da secoli .[…] Abbiamo insomma dovuto “riinventare” dentro di noi qualcosa, al di là della cultura e della storia.

[five_sixth_last]Evidente la scelta registica di non portare in scena direttamente l’opera goldoniana, bensì di rappresentare una compagnia di attori che inscena “Il servitore di due padroni”: ambiente meta-teatrale che coinvolge gli spettatori e dona un senso di autenticità mostrando la differenza tra attori-persone fuori scena e attori-personaggi calati nella Commedia vera e propria.[/five_sixth_last]

[five_sixth_last]La scenografia prevede infatti un “palco nel palco” di legno rialzato dove le maschere recitano con tendaggi di fondo rappresentanti i principali luoghi dell’azione: la casa di Pantalone de’ Bisognosi e la locanda di Brighella. Dietro ai tendaggi un ulteriore sfondo scenografico richiama ad un palazzo nobiliare di epoca goldoniana con tende drappeggiate (oggi di puro abbellimento ma che in origine riparavano gli attori dal sole) a ricordare gli spazi aperti dove le compagnie recitavano.[/five_sixth_last]

[five_sixth_last]Per tre volte ogni inizio e fine atto è scandito dall’accensione e spegnimento delle candele da parte del suggeritore, figura che rimane in scena per l’intero spettacolo.    [/five_sixth_last]

[five_sixth_last]Un ritmo incalzante scandisce tutti gli atti ricorda: prontissime botte e risposte tra i commedianti, il tempismo di entrate e uscite dei due padroni di Arlecchino che il più delle volte mancano di incontrarsi in scena per pochissimi secondi, persino lanci di piatti e vivande.[/five_sixth_last]

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Si raggiunge l’obbiettivo strehleriano di raggiungere nuovamente la Commedia dell’Arte, non più come un fatto intellettuale, ma come un esercizio di vita presente, operante.

Una predisposizione europea verso questo particolare genere teatrale che conderma la Commedia dell’Arte un orgoglio tutto italiano:

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in questa fatica ci ha sorretto una vena sotterranea che credevamo quasi estinta per sempre: un abbandono italico al ritmo, all’invenzione immediata, al gesto mimico, all’iperbole dell’immagine, insieme a un classico rigore – e sono rifluiti in noi antichi umori che non si erano perduti attraverso le generazioni teatrali.

(Giorgio Strehler-1954)

Sara Crimella

La rappresentazione ha avuto luogo presso Teatro Sociale di Como il 14 e 15 Novembre 2014 e dal 6 al 24 Maggio 2015 al Piccolo Teatro di Milano.

Gli appunti di regia di Strehler sono consultabili interamente sul sito:

Archivio Piccolo Teatro:

Appunti di regia Alrecchino tournée 1954 

Appunti di regia Arlecchino 1990

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