La morte di una grande artista
Isao Takahata, morto il 5 aprile 2018 all’età di 82 anni a causa di un tumore era un grande regista dell’animazione. Nato il 29 ottobre 1935 nella Prefettura di Mie, nella stessa città del regista Kon Ichikawa Prévert, laureato nel 1959, Isao Takahata cominciò a lavorare come traduttore dal francese delle opere del poeta Jacques Prévert, che ha influenzato buona parte della sua opera cinematografica.
Negli anni ’60 si avvicinò alla regia, dirigendo alcuni episodi di “Ken il ragazzo lupo” per la tv. Nel 1968 firmò la sua prima regia cinematografica, “La grande avventura del piccolo principe Valiant“. Negli anni ’70 ha diretto i cartoni animati giapponesi di maggior successo all’estero e in patria.
Nel 1985 Takahata coronò il sogno di fondare uno studio di animazione: nacque così lo Studio Ghibli. È così che Takahata tornò alla regia di un lungometraggio con “Una tomba per le lucciole” (1988), all’interno della quale dirigerà la storia di Akiyuki Nosaka incentrata su due bambini vittime della seconda guerra mondiale e che, secondo la critica statunitense, è uno dei più grandi film bellici mai realizzati.
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Nel 1991 dirige “Only Yesterday”, che racconta le vicende di una donna divisa fra passato e presente, forse uno dei film più delicati del regista; mentre nel 1994 firma “Pom Poko”, uno dei suoi titoli più ecologici e mirati a una seria riflessione sull’ambiente. Vincitore del Leopardo d’onore al Festival di Locarno del 2009, nel 2013 ha diretto una nuova pellicola, “La storia della principessa splendente”, tratto dal racconto popolare giapponese, “Taketori Monogatari” (Storia di un taglia bambù).
Creatore di Heidi, Lupin e non solo
Isao Takahata nei circa 20 anni antecedenti al suo debutto al cinema (c’è stato in realtà un film prima della tv, nel 1968, ma ci arriviamo dopo), ha creato l’animazione nipponica per la televisione come la conosciamo. Ha iniziato imponendo lui e il suo socio, Miyazaki, sulla prima serie di Lupin III (lasciando poi ad Hayao la seconda) e ha creato con lui e il loro studio di allora Heidi, che è stata la fondazione della fascinazione dell’animazione nipponica per il mondo ottocentesco europeo (volevano fare Pippi Calzelunghe in origine ma dalla Svezia arrivo il diniego allo sfruttamento). Ha creato uno stile di disegni e una maniera di lavorare con il drammatico (per non dire tragico) sconosciuto a Miyazaki e a chiunque altro all’epoca facesse animazione. Ha lavorato su personaggi femminili clamorosi come per l’appunto Heidi ma anche Anna Dai Capelli Rossi e poi ha contribuito pesantemente ad un progetto puramente miyazakiano come Conan Il Ragazzo del Futuro. Ognuna di queste pellicole era semplicemente folle e lontanissima da quello che erano i lidi sicuri (l’azione, il romanticismo, la fantascienza dei robot o dei mostri).
E questi sono solo i credits televisivi!
Hayao Miyazaki è la star del Ghibli, il poster boy capace di fare film pazzeschi che stupiscono e spiazzano, quello che disegna, ha idee visive fuori di testa, vince i premi e tutto il resto. Isao Takahata è stata invece la spina dorsale di tutto questo, l’altra faccia della medaglia del Ghibli, quella più audace e narrativa, quella più cinematografica che d’animazione. Non ha mai preso una matita in mano, non era un disegnatore, era un regista che si è dato all’animazione, non faceva film per poter disegnare certe scene ma per raccontare storie. Direi che ci è proprio riusito.
Un regista che si è dato all’animazione
È molto difficile ora, data la vicinanza ad un gigante come Miyazaki, rendere l’importanza di Takahata, facilmente il confronto lo porta ad essere il minore dei due. Invece molto di quello che apprezziamo nel primo è frutto dell’influenza del secondo, molto di ciò che ci stupisce in La Principessa Mononoke, La Città Incantata e Porco Rosso nasce nelle opere di Takahata che hanno influenzato Miyazaki. Di certo non ha avuto il medesimo successo (per quanto abbia goduto comunque di un successo immenso) ma quello che va considerato non è solo quanto la sua presenza sia stata influente per Miyazaki, ma quanto la sua presenza e il suo lavoro costituiscano l’anima stessa dell’animazione nipponica. Isao Takahata merita un posto per il quale non ha concorrenti: in un’industria di incredibili disegnatori, lui era un narratore puro, un rivoluzionario.
Il regista d’animazione interessato alle storie fra esseri umani
Non era interessato al pacifismo, all’ecologia e ai mezzi motorizzati come il suo amico e collega al Ghibli ma agli esseri umani. Isao Takahata era sicuramente meno “artista”, non viveva incredibili contraddizioni risolte con colpi di vero genio come Miyazaki, ma era un fenomeno dell’introspezione, un mago del racconto che nei suoi anni d’oro (1984-1999) trasformava in oro ogni cosa che toccava. Quando è stato il momento di fare il grande passo verso il cinema (lì chiamato da Miyazaki nell’allora appena nato Studio Ghibli) ha letteralmente cambiato tutto.
Una Tomba Per Le Lucciole, è ad oggi il suo film più conosciuto ma allora era il suo debutto con lo studio Ghibli e il suo ritorno al cinema animato dopo 20 anni di tv, un successo impensabile in precedenza.
Un film animato così serio e per nulla fantasioso, con la fierezza del dramma e la fantasia dei cartoni, che è centrato su un tema più che drammatico apertamente tragico e che affrontala morte, ovunque, dalla prima all’ultima scena ma anche senza essere violento o vietato ai minori. Quello è il colpo imprevedibile e complicatissimo del film: una narrazione così leggera da essere chiara come l’acqua di montagna, quel film mette in scena l’indicibile e il terribile.
Quei due bambini senza genitori in un Giappone in piena guerra non sono lontani dalla sua vera vita (da bambino è sopravvissuto miracolosamente ad un bombardamento). Come i grandi narratori Takahata non aveva paura del dolore e girava il coltello nella piaga senza mostrare compiacimento, ma affrontava con dignità il vero dolore. Aveva 53 anni quando quel film uscì, un uomo pienamente maturo che confeziona un capolavoro guardandosi indietro.
Da lì non si è mai fermato nonostante alti e bassi.
Il successo dei suoi film
In Pioggia di ricordi, film del 1991, Takahata riscriveva di nuovo le regole del cinema d’animazione. Questo racconta la storia di una donna lavoratrice, un’impiegata di città di trent’anni, categoria per la quale nessun altro al cinema mostrava interesse… Figuriamoci nell’animazione! Due anni dopo il più grande successo dell’animazione nipponica (Akira) Takahata scriveva un capolavoro. Afferma lo stato di forma splendente dei cartoni giapponesi, capaci di spaziare in tutti i generi fino a raccontare di una donna che torna nei luoghi in cui è cresciuta ed è assalita dai ricordi e dalla vita che non ha vissuto.
Girato tra oggi e ieri, tra lei bambina e lei adulta, con una serie di soluzioni narrative commoventi e un finale che meriterebbe di stare nell’alveo dei più grandi di sempre, Pioggia di Ricordi è il film che andrebbe visto ora che Takahata ci ha lasciato, per capire la grandezza e l’influenza che la sua penna (e non la sua matita, che non ha mai preso in mano) ha avuto su Miyazaki, e da dare a Takahata quel che è di Takahata. Geniale nei successi ma più grande ancora negli insuccessi.
L’esordio sfortunato che non ha compromesso la carriera
Perché quell’esordio sfortunato nel cinema del 1968, quel primissimo film il cui flop fece disamorare Takahata e Miyazaki del cinema e li gettò nelle braccia della tv, è La Grande Avventura del Piccolo Principe Valiant, l’origine dell’animazione nipponica per come la conosciamo oggi. Nessuno all’epoca lo andò a guardare. È pieno di difetti e problemi di ritmo, ma ha esattamente tutto quello che si ritrova in qualsiasi cartone animato nipponico degli anni ‘70, ‘80 e ‘90. I personaggi, le relazioni parentali, e quelle che stringono tra di loro, il ruolo del cattivo e le soluzioni di disegno, animazione e doppiaggio, tutto è già come lo troveremo nelle serie animate per la tv di maggior successo. È di fatto lo scheletro di quella forma di produzione, cristallizzato per gli anni a venire. Ed è di Isao Takahata, con l’animazione di Hayao Miyazaki, i golden boys per la prima volta insieme in una grande impresa che cambiano tutto anche se nessuno (all’epoca) lo capisce.