Ci sono storie che ti entrano dentro e non ti mollano più. Nessuno ci ha visti partire è una di quelle. Basata sul romanzo autobiografico di Tamara Trottner, questa miniserie Netflix di cinque episodi racconta una vicenda realmente accaduta negli anni ’60 che ti lascia senza fiato. Una madre i cui figli vengono rapiti dal loro stesso padre. Sì, hai letto bene. E credimi, anche se sembra una storia d’altri tempi, ti sembrerà terribilmente attuale.
Quando l’amore finisce nel modo peggiore possibile
La serie segue Valeria e Leo, una coppia il cui matrimonio è ormai al capolinea. Non si amano più, forse non si sono mai amati davvero. Quando Leo scopre che sua moglie l’ha tradito, invece di affrontare la cosa da adulti, prende la decisione più crudele che possa venire in mente: rapire i loro figli per punirla. E lo fa su istruzione di suo padre, perché a quanto pare la cattiveria in quella famiglia è ereditaria.
È una visione terrificante che, nonostante sia ambientata negli anni ’60, sembra purtroppo molto più vicina ai giorni nostri di quanto vorremmo. La serie mette in luce lo scontro tra due potenti famiglie ebraiche dell’epoca e come alcune persone usino i figli come pedine nelle loro lotte da adulti. Roba che ti fa venire voglia di urlare allo schermo.
Il dramma di Valeria ti strappa il cuore
Non c’è un solo momento nella serie in cui non provi empatia per Valeria, interpretata magnificamente da Tessa Ía. Certo, quello che ha fatto al marito non è stato carino – tradire non è mai giustificabile. Ma la conseguenza non può essere non vedere mai più i propri figli. Mai. La serie mostra il trauma devastante che Valeria e i suoi bambini hanno attraversato per due anni, durante i quali Leo doveva spostarsi continuamente da un posto all’altro per non farsi prendere.
Oltre a perdere la faccia nella loro comunità e diventare uno spettacolo pubblico, sono i bambini quelli che hanno sofferto di più. E quando te ne rendi conto, ti vengono le lacrime agli occhi. Perché alla fine, in mezzo a tutto questo schifo fatto da adulti egoisti, ci sono dei bambini che non capiscono perché improvvisamente la loro mamma non c’è più.
Una ricostruzione accurata degli anni ’60
Penso che la serie faccia un lavoro eccellente nel costruire la relazione della coppia e nel farci capire profondamente perché il loro matrimonio sia andato a rotoli. In un’epoca in cui l’immagine pubblica era tutto, è naturale che le coppie si ritrovassero a separarsi emotivamente perché i loro rapporti non erano partiti su basi solide fin dall’inizio. Matrimoni combinati o di convenienza, pressioni familiari, aspettative sociali – tutto questo crea una bomba a orologeria.
La regia di Lucía Puenzo, Samuel Kishi e Nicolás Puenzo riesce a ricreare perfettamente l’atmosfera degli anni ’60, ma senza mai farti sentire che stai guardando qualcosa di datato. I temi dell’alienazione parentale e del rapimento parentale sono universali e atemporali, purtroppo.
La tensione che ti tiene incollato allo schermo
Per la maggior parte della visione, mi sono trovata terrorizzata da quello che aspettava Valeria e se mai sarebbe riuscita a ritrovare i suoi figli. La serie ti tiene con il fiato sospeso per una buona parte del tempo e aggiunge tensione e suspense che non puoi ignorare. Tutto questo è merito soprattutto della fantastica performance di Tessa Ía, che ti risucchia nelle emozioni e nella disperazione di Valeria in modo perfetto.
Con cinque episodi di circa 50 minuti ciascuno, la serie è compatta e tesa, e mantiene la tua attenzione dall’inizio alla fine senza niente di superfluo. Non ci sono riempitivi, non ci sono digressioni inutili. Ogni scena conta, ogni momento costruisce verso qualcosa.
Il cast è solido: Emiliano Zurita interpreta Leo con la giusta dose di debolezza e crudeltà, mentre Juan Manuel Bernal, Flavio Medina, Alexander Varela, Marion Sirot, Karina Gidi, Lisa Owen, Natasha Dupeyrón e Gustavo Bassani completano un ensemble che funziona alla perfezione.
Una storia che risuona ancora oggi
Quello che rende Nessuno ci ha visti partire così potente è la sua attualità. Sì, è ambientata negli anni ’60, ma i temi del controllo, della vendetta, dell’uso dei figli come armi nelle guerre tra adulti sono purtroppo ancora molto presenti. Quante volte sentiamo notizie di padri o madri che portano via i figli all’ex partner per fargli del male? Troppo spesso.
La serie non prende posizione in modo semplicistico. Non ti dice “lui è il cattivo e lei è la vittima perfetta”. Ti mostra la complessità della situazione, anche se è chiaro che usare i bambini come strumento di vendetta è inaccettabile sempre e comunque. Valeria ha fatto qualcosa di sbagliato? Sì. Leo ha il diritto di rapire i figli? Assolutamente no.
Il peso della comunità e del giudizio
Un aspetto interessante è come la serie mostri il peso della comunità ebraica dell’epoca. Entrambe le famiglie erano influenti e rispettate, e questo scandalo ha distrutto la loro reputazione sociale. Ma di nuovo, chi ci rimette davvero sono i bambini, strappati dalla loro vita normale e costretti a vivere in fuga costante.
C’è qualcosa di particolarmente straziante nel vedere come le convenzioni sociali e l’orgoglio familiare possano portare le persone a compiere atti così crudeli. Leo non rapisce i figli perché vuole stare con loro – lo fa per punire Valeria. È una distinzione importante che la serie sottolinea bene.
Il verdetto
Nessuno ci ha visti partire è una serie che ti prende a schiaffi emotivamente e non ti molla fino all’ultimo episodio. È straziante, è potente, è incredibilmente ben recitata e diretta. Ti tiene sul bordo del divano chiedendoti costantemente se Valeria riuscirà mai a riabbracciare i suoi bambini.
Con solo cinque episodi, è il tipo di serie che puoi guardare in un weekend ma che ti rimarrà dentro molto più a lungo. Non è una visione facile – preparati a sentirti emotivamente svuotato – ma ne vale assolutamente la pena. È il genere di storia vera che dovrebbe essere raccontata, perché ci ricorda quanto possa essere crudele l’essere umano quando usa i bambini come pedine nei giochi degli adulti.
Se ami i thriller drammatici basati su storie vere e non ti spaventa qualcosa di emotivamente intenso, questa serie fa per te. Tessa Ía merita tutti gli elogi possibili per la sua interpretazione devastante di una madre disperata. È una di quelle performance che ti entrano dentro.
La Recensione
Nessuno ci ha visti partire
Nessuno ci ha visti partire è una miniserie Netflix di cinque episodi basata sul romanzo autobiografico di Tamara Trottner. Ambientata negli anni '60, racconta la storia vera di Valeria (Tessa Ía), una madre i cui figli vengono rapiti dal loro stesso padre Leo (Emiliano Zurita) come punizione per il suo tradimento. La serie esplora l'alienazione parentale all'interno dello scontro tra due potenti famiglie ebraiche che hanno perso la loro reputazione sociale. Diretta da Lucía Puenzo, Samuel Kishi e Nicolás Puenzo, la serie è tesa e compatta, senza momenti superflui, mostrando la ricerca disperata di Valeria per ritrovare i suoi bambini durante due anni di fuga. Tessa Ía offre una performance straordinaria.
PRO
- Tessa Ía offre una performance straordinaria che ti fa sentire ogni emozione di una madre disperata
- La serie è compatta con cinque episodi che mantengono alta la tensione senza riempitivi inutili
- Affronta temi universali come l'alienazione parentale che risuonano ancora oggi
CONTRO
- È emotivamente devastante e non adatta a chi cerca qualcosa di leggero




