Recensione di “Ready Player One”, il nuovo affresco pop di Steven Spielberg

Ready Player One foto 2018

Tye Sheridan in "Ready Player One" di Steven Spielberg

Scheda del Film Ready Player One:

Titolo: Ready Player One;
Genere: Fantascienza;
Cast: Tye Sheridan come Wade Watts/Perzival, Olivia Cooke come Samantha Cook/Art3mis, Ben Mendelsohn come Nolan Sorrento/Sorrento, T. J. Miller come i-ROk, Simon Pegg come Ogden Morrow/il curatore , Mark Rylance come James Alliday/Anorak, Lena Waithec ome Elen/Aech, Philip Zaho come Sho, Win Morisaki come Daito, Hannah John-Kamen come F’nale Zandor, Susan Linch come Alice, Perdita Weeks come Karen/Kira ;
Regia: Steven Spielberg;
Sceneggiatura: Zak Penn, Ernest Cline;
Budget: 175 milioni di dollari;
Anno: 2018
Durata: 2 ore e 20 minuti;

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Il Re è tornato! Non che se ne fosse mai andato ma il grande Steven Spielberg sembra essere tornato ai sogni di un tempo, a quel cinema pop di cui è stato il maggior esponente e che in “Ready Player One” omaggia di continuo.

Ogni sequenza, ogni inquadratura, ogni fotogramma, nasconde un richiamo, un “Easter Egg” come si chiamano in gergo tutte quelle piccole sorprese che spesso vengono disseminati in film e videogiochi.

Ready Player One” è un film attualissimo che come abbiamo detto parla del futuro e al futuro, ma non si sottrae ad uno dei più classici canoni spielberghiani: i bambini (adolescenti) come epicentro e baricentro della storia narrata. Da “E.T.” a “Hook” passando per “Jurassic Park” e molti altri, sono loro il centro di tutto, loro che decidono le dinamiche, il cambiamento. Gli adulti, mai del tutto perfidi, ma spesso avidi, inariditi, di certo ciechi di fronte all’essenziale, erano e sono anche qui, pallide figure di contorno.

La storia ci racconta della Terra nel 2045, ridotta da sovrappopolazione e povertà, ad un grigio ammasso di container, città decadenti dall’aura post-apocalittica.

Per sfuggire alla realtà, gli abitanti vivono vite parallele sul pianeta virtuale “Oasis”; il “gioco” crea nella popolazione una tale dipendenza che molti arrivano addirittura ad indebitarsi per acquisire credits e nuovi dispositivi e a finire in appositi “campi di concentramento” quando non sono in grado di saldare.

Protagonista é Wade Watts, diciottenne orfano di Columbus che su Oasis si fa chiamare Pezival. Presto il giovane cercherà di superare le sfide che il creatore di Oasis, morto da poco, ha indetto per consegnare la sua eredità al gamer più capace. Wade riunirà un gruppo di amici per vincere il gioco e impedire a Nolan Sorrento, avido presidente della IOI, società concorrente a quella di James Alliday (creatore di Oasis), di vincere anch’esso la competizione.

La trama in sé non si può considerare originale ma non è questo il punto: “Ready Player One” è un atto d’amore non solo verso il cinema anni ’80, ma anche verso la cultura pop a cui ha dato vita, dalla DeLorean di “Ritorno al futuro” usata da Wade/Perzival per le corse mozzafiato su Oasis, alle Tartarughe Ninjia, dai richiami a “Star Wars” e a “Thron”, ai videogame dei vecchi Atari e moltissimi altri che però non voglio svelarvi perché davvero, questo non è certamente il miglior film di Spielberg, ma andrebbe visto e rivisto per poter cogliere tutti quei piccoli gioielli nascosti che fanno parte dell’infanzia di quelli che come me, erano bambini negli anni ’80.

Insomma, Steven Spielberg a più di settant’anni sogna ancora come fosse un ragazzino e non credo che sia un caso che, Tye Sheridan, scelto per il ruolo di Wade, somigli in maniera impressionante a lui da giovane, quasi come se, in una sorta di scatola cinese, Wade fosse l’avatar attraverso cui Steven si muove nella storia.

Nei panni dello stralunato inventore di Oasis troviamo Mark Rylance, da tre anni attore feticcio di Spielberg (“Il ponte delle Spie” che gli ha fruttato l’Oscar come attore non protagonista e “Il GGG”).

Parliamoci chiaro: “Ready Player One” è ben lontano dall’essere un capolavoro transgenerazionale, ma ha il pregio di averci riportati per un attimo indietro nel tempo quando il cinema era colorato e divertente, quando ancora riuscivamo a meravigliarci e a sognare, quando ancora non avevamo visto tutto. E ha il grande pregio di averci riportato lo Spielberg bambino, quello che da troppo tempo mancava e che quasi avevamo dimenticato. Unica pecca se vogliamo, l’uso massiccio (ma necessario) di CGI che impediscono di godere appieno delle caratteristiche riprese del grande regista americano, nella fattispecie di quei primi e primissimi piani che sono di fatto il suo marchio di fabbrica.

Ora sappiamo che Spielberg ha ancora voglia di giocare e di raccontarsi. Molto tempo fa ci aveva raccontato che Peter Pan era cresciuto ma non se n’era mai andato veramente. Caro Steven, dì la verità : Peter Pan sei tu?

Il trailer di Ready Player One:

La Recensione

Recensione di Ready Player One

7 Voto

“Ready Player One” è un omaggio al cinema e alla cultura pop anni '80. È un regalo che Steven Spielberg fa al suo storico pubblico ma soprattutto a sé stesso, permettendogli di giardare ancora il mondo con gli occhi meravigliati di un bambino. Non un capolavoro ma un viaggio nel tempo che fa bene al cuore.

Recensione

  • Voto 7
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