Il documentario del 2015 sul racconto della vita più intima di Frank Sinatra è finalmente disponibile su Netflix: si articola in due parti da due ore ciascuna, è diretto da Alex Gibney ed era stato presentato alla Festa del Cinema di Roma.
All or Nothing at All segue il filo della musica di Sinatra suonata durante il suo ultimo concerto del 1971.
Il racconto di un uomo, ma anche di un Paese
Raccontare la vita di Sinatra è impossibile senza spiegare il contesto in cui si svolse, e le vicende che segnarono l’America fra gli anni ’40 e ’70. Frank Sinatra aveva una forte personalità, una carica artistica senza precedenti, a tratti capriccioso (come ogni vero artista), a tratti affascinato dal potere politico senza grandi distinzioni di partito.
Il documentario non fa sconti, raccontando Sinatra e la sua vita nel positivo come nelle parti più cupe: si parla del coraggio di difendere la musica e chiunque voleva approcciarvisi, nessun colore della pelle escluso, tanto quanto la simpatia più o meno velata per alcuni esponenti mafiosi.
Gibney è in grado di raccontarci tutto questo grazie alla sua profonda conoscenza della cultura statunitense e, a suo supporto, c’è un ampio materiale video-fotografico fra cui interviste d’archivio e i ricordi delle persone che maggiormente sono state accanto all’artista.
La prima parte
Nella prima parte di Sinatra: All or Nothing at All il regista ha deciso di concentrarsi sul riassunto della vita di Sinatra, nato il 12 dicembre 1915 a Hoboken, in New Jersey, da genitori di origini italiane. Passa poi al racconto dei rapporti familiari, e di come Frank non fosse esattamente uno studente modello: espulso da scuola, si improvviserà libraio, operaio in un porto e molto altro, fino ad avere uno scontro col padre e a decidere in seguito di provare a farsi pagare per quella che era la sua passione fin da giovanissimo: il canto.
Appurato il suo talento, in breve tempo Sinatra divenne abbastanza conosciuto nel New Jersey, arrivando a costituire la sua prima band nel 1935, gli Hoboken Four.
Solo 5 anni dopo fece il suo ingresso nell’orchestra di Tommy Dorsey, e nello stesso anno ebbe la sua prima figlia da Nancy Barbato.
Arrivò poi il cinema, con successi come Due marinai e una ragazza, in cui recitò al fianco di Gene Kelly, o Un giorno a New York.
Gibney attraversa poi gli anni peggiori, con i contratti in scadenza, l’emorragia alle corde vocali, il divorzio, e i suoi problemi finanziari con l’ufficio delle imposte americano, i suoi presunti rapporti con uomini mafiosi.
Da una situazione del genere, si può solo risalire, cosa che Frank Sinatra seppe fare con maestria.
La seconda parte
Gli eventi più interessanti e discussi, però, si concentrano nella seconda parte del film. A cavallo tra gli anni ’50 e ’60 viene data vita al Rat Pack, una sorta di gruppo di amici, ma tutti rigorosamente famosi, di cui faceva parte, oltre a Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis, Peter Lawford e Joey Bishop. Il Rat Pack ebbe un ruolo considerevole nella guerra alla segregazione razziale, e in quegli anni ad esporsi erano ben in pochi.
Viene approfondito il tema di un suo collegamento con la mafia, anche se Sinatra negò sempre le accuse e, anche se indagato, il documentario sottolinea come non fu mai ufficialmente criminalizzato per illeciti di tipo mafioso.
Non da meno furono i legami con la politica, vedendolo al fianco di personaggi di spicco come Kennedy, Nixon, e Reagan, fra posizioni politiche altalenanti.
Vale la pena vederlo?
Nì. Se siete fan sfegatati di Frank Sinatra o appassionati di musica, indubbiamente sì. Altrimenti, vi annoierebbe a morte.
La bellezza del documentario di Alex Gibney risiede nel racconto senza troppi fronzoli della vita di un uomo che ha segnato un’epoca e la cui voce vellutata e inconfondibile non saranno mai dimenticate. Il tutto si appoggia sulle note dell’ultimo, che poi non fu davvero l’ultimo, concerto di Frank del 1971 all’Ahmanson Theatre di Los Angeles. Stare lontano dai riflettori non faceva per lui, che continuò ad apparire fino alla sua morte, nonostante gli addii.
Il documentario è una fotografia della vita articolata e complessa di un grande artista, senza giudizi, perché non servono, accompagnato da una colonna sonora formidabile.
In ogni sua canzone Frank Sinatra metteva se stesso, ed è per questo che l’idea di legare il racconto della sua vita ai suoi maggiori successi musicali dell’ultimo concerto rende gli amanti del genere obbligati a vedere Sinatra: All or nothing at all.
E tu, lo hai già visto o lo guarderai prossimamente?
Fammelo sapere nei commenti!
La Recensione
Sinatra: All or nothing at all, la recensione
Il documentario sulla vita di Frank Sinatra è finalmente disponibile su Netflix: diretto da Alex Gibney, la vita dell'artista viene ripercorsa interamente, approfondendo tutti i temi che hanno reso Sinatra indimenticabile.
PRO
- Il racconto è dettagliato, ci sono molte interviste di Sinatra e la colonna sonora è formidabile.
CONTRO
- Il documentario è abbastanza di nicchia, riuscendo a coinvolgere solo gli amanti di Sinatra.